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Cartagine alla riscossa - 3a e 4a campagna siciliana (406 a.c.)

Nel 406 Cartagine decise di riprendere l’iniziativa in Sicilia (supponendo a ragione che le città della Magna Grecia non avrebbero ricevuto aiuti dalla madrepatria reduce della guerra del Peloponneso). Un poderoso esercito fu così sbarcato e subito mandato a cingere d’assedio Agrigento, che dopo sette mesi fu infine evacuata dagli abitanti e lasciata al nemico con il suo ricco bottino. Subito dopo Agrigento fu la volta di Gela, che nonostante l’arrivo del nuovo tiranno di Siracusa Dionigi con un esercito di 30mila fanti e 50 navi, fu presto costretto a ritirarsi e lasciare che gli inarrestabili cartaginesi conquistassero anche l’importante città di Gela. E con questa ennesima sconfitta essi giunsero alle porte di Siracusa, che fu immediatamente stretta d’assedio. 
Fortunatamente per i siracusani, un’epidemia di peste scoppiata nell’accampamento nemico diminuì della metà il numero degli effettivi, costringendo i cartaginesi ad addivenire ad un trattato di pace (404), che garantiva loro di mantenere il controllo dei territori conquistati ma che acconsentiva ai greci di rientrare a Gela e Agrigento, sebbene con l’obbligo di non ricostruire le mura difensive e di pagare un tributo annuale a Cartagine. Cartagine si ritirava quindi da vincitrice, consapevole di aver posto un forte argine all’egemonia greca in Sicilia.
L’anno seguente, tuttavia, subito dopo aver completato la costruzione di un nuovo poderoso ed avanzatissimo sistema di fortificazioni per Siracusa, Dionigi infranse la pace sottomettendo Nasso, Catania e Leontini (polis greche la cui indipendenza era una delle condizioni del trattato), ma i cartaginesi scelsero di non intervenire. Più grave fu invece l’azione compiuta da Dionigi nel 398, quando alla testa di un forte esercito conquistò diversi centri cartaginesi fino a conquistare la roccaforte di Mozia massacrandone gli abitanti. 
Ciò costrinse Cartagine ad organizzare una nuova spedizione in Sicilia, che è passata alla storia come la quarta guerra greco-punica (396). Ancora una volta Siracusa fu stretta d’assedio ma ancora una volta fu salvata da un epidemia di peste scoppiata nell’accampamento nemico che costrinse i cartaginesi a rientrare in patria. Gli equilibri tornarono così a parificarsi: Cartagine conservava le sue le città fenice nella Sicilia occidentale mentre rinunciava a qualsiasi pretesa sulle quelle greche nella Sicilia orientale.

Tratto da STORIA DELLA GRECIA ANTICA di Lorenzo Possamai
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