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Torquato Tasso – Clorinda e Tancredi

Torquato Tasso – Clorinda e Tancredi


Clorinda, bella guerriera pagana (ma in origine cristiana) è amata di “vano amor” dall'eroe cristiano Tancredi, che di nuovo la vede quando durante un combattimento le viene sbalzato l'elmo e allora “le chiome al vento sparse, giovine donna in mezzo al campo apparse”, espressione petrarcheggiante ma situazione boiardesca, giacché a Bradamante accade la medesima cosa.
Ora Clorinda, tutta rivestita di nero, che è presagio di morte (anche l'Orlando di Ariosto era vestito così) ha appena compiuto un'impresa memorabile assieme al forte Argante, che più tardi verrà pure ucciso in duello da Tancredi, incendiando la “gran torre” dei cristiani. Ma al rientro resta fuori dalla porta di Gerusalemme, e Tancredi, che ovviamente la crede un uomo, la insegue e la sfida.
Si crea dunque una situazione ambigua, certo tutt'altro che inedita nella tradizione epica e cavalleresca, in cui l'autore e i lettori sanno chi è il guerriero vestito a nero, ma non lo sa il deuteragonista Tancredi, sino al termine dell'episodio in cui lo svelamento sarà il gradino a più alto svelamento, la conversione dell'eroina pagana. I due combattono disperatamente, fino a cozzarsi contro, a dispetto delle regole cavalleresche, e dunque definiti infelloniti; nel duello Tancredi stringe tre volte la donna con un abbraccio che non è d'amante ma di nemico: tratto evidentemente erotico, in cui il corpo a corpo si trasforma in stretta amorosa, ma che può essere anche letto all'inverso, come un abbraccio che dà morte. A questo punto i due, esausti, si riposano, e comincia il brano oggetto dell'analisi.
Consideriamo intanto la trasformazione del tipo della donna guerriera nel Tasso rispetto ad Ariosto e a Boiardo: in Ariosto la donna è completamente assorbita dalla guerriera , oppure i due aspetti stanno in equilibrio, mentre in Tasso Erminia è tutta e solo donna mentre Clorinda esce dal bozzolo della guerriera solo in occasione della morte e comunque senza avere realizzato la propria femminilità.
Quanto all'uso in chiave epica dell'ottava, non andava da sé nonostante Ariosto, perché Trissino con L'Italia liberata dai Goti aveva indicato, anche se maldestramente, altra via, e l'ottava era appunto caratterizzata in senso cavalleresco. Nell'esecuzione del metro il Tasso, diversamente dalla mobilità boiardesca e anche ariostesca, predilige una scansione sintattica dell'ottava simmetrica e pesante, soprattutto trattandosi di due quartine, ad eccezione dell'ottava 60, più leggera perché organizzata nello schema 2 + 6, dato il carattere diplomatico del discorsetto di Tancredi. La parola chiave dell'intero episodio è sangue e i suoi derivati essangue, sanguinosi e sanguigna ma per altro verso il Tasso fa continuamente perno sulle personificazioni astratte, soprattuto all'ottava 62 coi suoi ira, furor, forza, sdegno. Controriformisticamente la persona è agita dalle sue passioni, che però si purificano quando Clorinda è vicina a morire nell'acquisizione delle tre virtù teologali di fè, carità e speme.

Tratto da STORIA DELLA LINGUA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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