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Il teatro d’opera in Europa nel '700

 Il teatro d’opera in Europa nel '700


Il teatro d’opera in Europa nel Settecento inizia a manifestare i segni di una crisi che esprimeva l’inadeguatezza delle grandi forme drammatiche e del dramma lirico, di fronte alle esigenze di un pubblico ormai mutato nella sua composizione sociale. Vi fu chi, come Rameau, cercò di offrire una nuova dimensione musicale all’opera seria e alla tragedie – lirique, e chi tentò di rinnovare radicalmente quelle forme drammatiche.
Il melodramma settecentesco di opera seria era una sorta di meccanismo narrativo astratto in cui la consistenza dell’intreccio e del dramma veniva sostanzialmente sacrificata al fascino della musica; le voci dei castrati giocavano in ciò un ruolo fondamentale. Questa razionalistica riforma del melodramma serio, che lo ripulì dalle fantasie seicentesche, fu operata specialmente da Apostolo Zeno e Pietro Metastasio.
Zeno puntò soprattutto sul libretto, che doveva rispondere ad una maggiore coerenza tra arie e recitativi, e all’eliminazione di elementi estranei come le scene comiche.
Metastasio fu il più grande librettista del Settecento. La sua riforma consisteva nella riduzione del numero delle arie (non più di una trentina), diminuzione dei cambiamenti di scena, maggiore attenzione all’intreccio per arrivare ad una regolare alternanza di tutti i personaggi e dei diversi tipi di arie. I recitativi inoltre sono in versi sciolti, eleganti ed espressivi come mai nessun librettista aveva fatto; i personaggi sono maggiormente delineati psicologicamente anche se si fa sempre più attenzione alla loro tipologia.
Chi tentò invece di rinnovare radicalmente la forma melodrammatica diede vita a tre forme molto particolari: l’opera buffa, l’intermezzo e l’opéra – comique.
L’opera buffa nasce a Napoli all’inizio del Settecento. All’ideale astrattezza dei personaggi metastasiani, qui si contrapponevano personaggi reali, concreti, e protagonisti di vicende assai più vicine alla vita quotidiana. Opponevano al virtuosismo vocale dei castrati e delle prime donne, la nascita di nuovi tipi vocali e al dominio dell’aria col da capo, la presenza di nuove forme in cui l’azione drammatica cercava di realizzarsi musicalmente attraverso pezzi di insieme. L’opera buffa nasce in dialetto e solo dopo viene fatta in italiano.
L’intermezzo è una breve rappresentazione, di solito comica, inserita tra un atto e un altro di uno spettacolo drammatico per occuparne l’intervallo. Il protagonista di solito era un soprano o un basso buffo, tratteggiati secondo i criteri della commedie dell’arte o del teatro comico italiano e francese dell’epoca. Il capolavoro del genere è La serva padrona di Giambattista Pergolesi che scatenò la famosa querelle de bouffons, la diatriba tra i sostenitori dell’opera seria alla francese e quelli dell’opera buffa all’italiana. Importante l’opinione di Rousseau. Intellettuali e philophes si
schierarono con i filo italiani, perché la vedevano come la nuova forma antiaccademica di teatro borghese.
L’opèra – comique è un genere francese che alterna parti musicate e dialoghi recitati, e trae le sue origini da spettacoli di carattere popolaresco. Ebbe soggetti leggeri, anche avventurosi, sempre a lieto fine e con l’inserimento di scene buffe.
In tutto questo si inserisce l’opera di Christoph Willibald Gluck, il fautore della più importante riforma del genere melodrammatico. La riforma gluckiana attacca gli abusi dell’opera seria, del virtuosismo vocale, della struttura a recitativi e arie nettamente divisi, rivendicando all’ouverture la funzione di preparare il clima espressivo dell’opera e proponendo semplicità e chiarezza, una naturalezza che puntasse sul linguaggio del cuore, sulle passioni forti e sulle situazioni interessanti.
Inoltre l’abilità semplificatoria di Ranieri de Calzabigi, il librettista di Gluck, gli permise di ricercare e trovare una coerenza ed una unità drammatica innovativa, che molti altri musicisti condivisero.

Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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