Skip to content

Il linguaggio musicale di Richard Strauss

Il linguaggio musicale di Richard Strauss


Richard Strauss nasce nel 1864 a Monaco. Dopo gli studi intraprende la carriera di direttore d’orchestra che lo porta in giro per il mondo per molti anni. Nel 1933 aderisce al nazismo, divenendo presidente della Reichsmusikkammer, lasciando però l’incarico nel 1935 per il coro di polemiche scoppiato per la sua amicizia e collaborazione con lo scrittore ebreo S. Zweig. Morirà in Svizzera nel 1949, vivendo sempre più appartato, specie dopo la fine della guerra.
Come compositore Strauss coglie le prime grandi affermazioni coi poemi sinfonici scritti tra il 1886 e il 1898. Superati quasi subito gli iniziali influssi brahmsiani, nel 1886 scrive la fantasia sinfonica Dall’Italia, per poi aderire alla scuola “neotedesca” e alle correnti postwagneriane. Gli esiti più compiuti della personalità del giovane Strauss sono da ricercarsi in opere quali Don Juan, Morte e trasfigurazione, Till Eulenspiegel, Così parlò Zarathustra, Don Quijote e Vita d’eroe, dove emerge la piena originalità del tedesco, la sua prepotente forza inventiva, che utilizza il pretesto letterario o immaginifico del “programma” come efficace stimolo.
Don Juan apre un quadro vigoroso, immagine di una vitalità eroica incessante, di uno slancio impetuoso che si brucia istante per istante. La musica straussiana si basa qui sul principio della sorpresa, sul nervoso e mutevole accumularsi dei colpi di scena, su una trascinante inventiva, su una insaziabile sensualità sonora.
Il messaggio di Strauss è chiaro, e lui stesso lo esplicita in una lettera del 1888: se l’opera deve avere plasticamente efficacia sull’ascoltatore, bisogna che davanti agli occhi spirituali del pubblico, sia plasticamente evidente ciò che l’autore voleva dire. Ciò è possibile solo grazie alla fecondazione attraverso un’idea poetica, che venga o non venga aggiunta all’opera come programma.
Con Don Juan si apre la stagione dei poemi sinfonici, legati ciascuno ad una idea poetica; ma anche all’evidente preoccupazione di definire di volta in volta un progetto formale dotato di autonoma coerenza musicale, attraverso un ripensamento delle problematiche legate alla tradizione sinfonica, in particolare a quelle della forma sonata e del rondò.
Vero è che il linguaggio è quello postwagneriano, ma Strauss evitò di travalicare i limiti della rottura. L’arditezza di certe dissonanze è, infatti, legata ad un concreto pretesto descrittivo ed è spesso compensata da zone di tranquillità, specie finali. Infatti, nei suoi poemi sinfonici ricorre spesso uno schema che dal trascinante impeto vitale dell’inizio conduce ad una pacata, trasfigurata, conciliata quiete conclusiva. È un aspetto che conferma l’immagine di Strauss come interprete per eccellenza della sicurezza dell’età guglielmina.
Sa trattare arditamente e magistralmente l’orchestra con una straordinaria ricchezza di effetti. Parliamo adesso della sua esperienza teatrale. Le tensioni del linguaggio di Strauss giungono al massimo della forza nell’esotismo e nell’erotismo della sua Salomè (1905) e nella violenza dell’Elektra (1909) che furono i suoi due primi capolavori teatrali. Elektra segna il massimo avvicinamento di Strauss all’espressionismo. La sua svolta in senso retrospettivo nel linguaggio musicale la troviamo ne Il cavaliere della rosa (1911) con la sua malinconica e raffinata rievocazione. Le opere teatrali di Strauss si dirigono sempre più verso una crescente distensione di toni, accompagnata in molti casi da un calo direttamente proporzionale della forza inventiva. Sempre più profondo si fece il solco che separava Strauss dalla musica del Novecento, ormai indirizzata oltre quell’espressionismo che Strauss aveva avvicinato fino al 1909 e che poi aveva abbandonato. In alcuni lavori tardi si avverte un dimensione di solitudine, di rinuncia, che appaiono frutto di una dolorosa meditazione sul crollo della Germania di cui egli era stato il cantore. Si è soliti contrapporre il “grande inattuale “ Mahler all’”attuale” Strauss, che aderisce ottimisticamente al suo tempo, diventando l’interprete della borghesia guglielmina. In realtà anche Strauss fu partecipe delle inquietudini e delle contraddizioni di quel mondo.


Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.