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La nascita del concetto di armonia musicale

La nascita del concetto di armonia musicale


- Premessa e cenni storici
Col nome di armonia si indica il ramo della teoria musicale che studia la sovrapposizione "verticale" (simultanea) dei suoni, la loro reciproca concatenazione (accordi) e la loro funzione all'interno della tonalità.
Nella musica occidentale l’armonia fece la sua comparsa nel Medioevo, allorché i compositori cominciarono ad aggiungere parti contrappuntistiche al monofonico cantus firmus. Nel corso dei secoli, i compositori esplorarono diverse combinazioni di intervalli e diversi modi per connetterli; le armonie si svilupparono dall’incontro tra le linee contrappuntistiche con intervalli stabili solo all’inizio o alla fine di una sezione. I compositori cominciarono a regolare accuratamente le interazioni di consonanze e dissonanze: inizialmente solo le quarte, le quinte e le ottave erano considerate consonanti; successivamente furono ammesse anche le terze e le seste.
Nel XVI secolo, nella musica di compositori come Giovanni da Palestrina e Orlando di Lasso, la triade era diventata la combinazione preferita. Nelle composizioni di quest’epoca il movimento da una triade all’altra è organizzato nelle parti in modo tale che una triade completa (fondamentale, terza e quinta) sia presente in modo pressoché costante. Il moto armonico funzionale appare in molte cadenze. All’interno delle frasi, tuttavia, l’uso dei modi (scale diverse dalla maggiore e minore) impedisce la percezione di quel movimento armonico direzionale che in epoche successive caratterizzerà tutte le frasi della musica tonale.
Nella seconda metà del Seicento l’armonia funzionale era ormai diventata il linguaggio consolidato della musica. È questo il linguaggio in cui scrissero la loro musica compositori come Bach, Beethoven, Händel, Haydn e Mozart.
Nell’Ottocento questa pratica era ormai talmente consolidata da venire considerata fin troppo ovvia dai compositori. Sempre all’interno dell’armonia funzionale, compositori come Fryderyk Chopin, Robert Schumann, Johannes Brahms e Richard Wagner tentarono nuove vie. Le loro tecniche comprendevano inedite connessioni di accordi, l’aggiunta di suoni estranei alla tonalità per buona parte della durata di un accordo, l’impiego di accordi dissonanti più che di triadi, l’uso sempre più frequente di note cromatiche e il rapido passaggio da una tonalità all’altra senza precisare nessuna di quelle attraversate. Obiettivo primario dei compositori divenne infatti quello di raggiungere effetti armonici inediti.
In seguito a queste tendenze, all’inizio del XX secolo l’armonia funzionale aveva esaurito la sua spinta propulsiva. Compositori come Claude Debussy, Béla Bartók e Igor Stravinskij continuarono a scrivere musica dotata di un centro tonale, producendo tuttavia il senso della tonica con mezzi diversi dalla tonalità funzionale. Tali tecniche comprendevano la frequente ripetizione della tonica; l’impiego ripetuto di un ostinato (formula melodica ripetuta generalmente nel basso) comprendente la tonica; la concentrazione delle melodie attorno a essa.
Altri autori, come Arnold Schönberg, Alban Berg e Anton Webern, abbandonarono del tutto l’idea di tonalità e cominciarono a scrivere musica atonale. In questa musica, le precedenti distinzioni tra consonanza e dissonanza non esistono più, in quanto, a seconda del contesto, tutti gli accordi e gli intervalli possono essere percepiti sia come stabili sia in attesa di risoluzione. Conseguentemente, l’armonia è più complessa, e le triadi e gli altri accordi comuni nella musica tonale non detengono alcuna posizione particolare. Non esistono progressioni armoniche comuni a più pezzi, ma ogni pezzo sviluppa un suo linguaggio armonico autonomo. In alcuni scritti teorici recenti, il termine “simultaneità” ha sostituito quello di “armonia” per designare le note che risuonano contemporaneamente

Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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