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Evoluzione degli asili in Italia nei primi del '900

1908 = inchiesta ministeriale da Camillo Corradini => gli asili sono da considerare veri e propri istituti da ricovero con un personale privo di qualifica. Per cui la considerazione sociale delle maestre d’asilo è molto bassa, definite da Pietro Pasquali “vere e proprie paria dell’educazione”.
L’asilo aportiano, funzionale alle esigenze delle madri lavoratrici, e di un bambino che sarà precocemente lavoratore, è concepito in funzione prescolastica: vige al suo interno un ordine ben preciso, condizionato dalla rigida separazione tra i sessi, la tettoia per i giochi all’aperto nei giorni di pioggia; di solito almeno sessanta bambini per aula; le aule sono disposte a gradinate: così una maestra può contemporaneamente controllare una serie di banchi lunghi tanto da contenere 16 bambini ciascuno. Indubbiamente, nelle aree del settentrione l’asilo aportiano svolge un ruolo importante nell’alfabetizzazione di base, ma vi prevale un’impostazione trasmissiva che viene messa in discussione nel dibattito pedagogico in seguito alla diffusione della cultura positivista.
Il primo giardino viene aperto a Venezia nel 1869 da Adele Levi della Vida e nello stesso anno pure a Verona che diventa un importante punto di riferimento per il metodo froebeliano in Italia.
Nella diffusione del froebelismo emerge in primo piano l’iniziativa femminile: in molti casi si tratta di donne di origini non italiane (tedesche, inglesi, di cultura protestante e spesso appartenenti a famiglie israelite) che diventano le entusiaste divulgatrici delle idee di Frobel.
Rispetto al sistema educativo di Aporti, il giardino froebeliano si contraddistingue per la sua precisa valenza pedagogica.

Tratto da STORIA DELLE TEORIE DELL'INFANZIA di Selma Aslaoui
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