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Urbanizzazione in Italia nel 1900. Grandi città, piccoli centri e company town


SOCIETA' E CULTURA
Urbanesimo, condizioni di lavoro e salute

Cosa accadde dopo lo sviluppo industriale? Come cambiò la vita, ci fu un miglioramento di stile di vita e reddito? O il quadro restò immutato?

Tra l'unificazione e la 1° guerra mondiale la popolazione cresce grazie alle condizioni economiche e sociali migliori. Ma si deve tenere conto della emigrazione, nonostante il decollo industriale. Come si conciliano le due cose?
Dall'Italia meridionale la migrazione è causata da trasferimenti in agricoltura. Al nord non si è ancora in grado di assorbire tutta la forza lavoro liberata dal Sud. Si va oltreoceano. Fino alla 1° guerra mondiale e un po' dopo non ci sono grandi migrazioni interne, frenate dal fascismo. Diventerà tipico solo nel 2° dopoguerra (1950/60).

Le città italiane comunque crescono, nascono città industriali. Negli altri paesi sono pochi i centri industriali, in Italia diversi: Milano, Torino, Genova.
Ci sono tre modelli di urbanizzazione:
1) il primo è appunto quello delle tre città dette prima: grandi già prima dello sviluppo, grandi centri industriali poi.
2) Il secondo sono i piccoli centri, a scarsa consistenza demografica, agricoli, che crescono rapidamente dopo l'impianto di un complesso industriale. Sono ad esempio Terni, piccola prima e poi con le acciaierie nel 1900 raddoppia. Non un caso insolito ma es. Piombino, prima solo porto e pesca e 9 mila ab. Poi con l'Ilva siderurgica e 20 mila ab. O la Spezia, prima borgo marinaro poi arsenale militare. Sesto S. Giovanni, Marghera, Monfalcone.
3) Il terzo è il modello delle company town, i villaggi operai, privo di centri urbani. Sorgono con l'apertura di stabilimenti operai con annesso villaggio: Schio, Crespi d'Adda, Collegno, Dalmine, Montecatini.

Quali sono le condizioni di vita degli operai nei centri operai? Nelle company town abbiamo già visto: si viveva bene ma controllati: privilegi, casa, socioassistenza).
Nelle grandi città invece il problema maggiore riguardava la carenza di abitazioni popolari, con sovraffollamento delle poche disponibili.

Le grandi città erano già sovraffollate con problemi di igiene e si voleva pagare poco di affitto. Lo sviluppo industriale fa aumentare l'affollamento.
Si costruirono pochi alloggi popolari in quanto poco conveniente. Già allora si definivano questi quartieri dei ghetti. Porta Ticinese (MI) è famosa per il ghetto. Abitazioni malsane, senza servizi igienici o in comune. Senza acquedotti, con la fontana nel cortile. Si diffondono malattie tipo la tubercolosi.
La casa popolare tipica era “di ringhiera”. Anche Torino viene circondata di borghi operai.
A Terni le case neanche si trovano e gli operai si costruiscono le loro tra la vecchia città e l'insediamento. Case malsane e senza urbanizzazione. Gli igienisti dicono che si vive peggio dell'Africa e Asia (e si andava in Libia a portare “civiltà”..).

Il problema dell'alloggio si inizia a trattarlo solo all'inizio del 900 (Legge Luzzati del 1903 che fonda l'Istituto case popolari). Si fanno opere di risanamento dei villaggi operai e dei sobborghi (luci, strade). I comuni spendono e si indebitano anche per questo motivo. Si finanziano dalle Casse di Risparmio.

Tratto da STORIA ECONOMICA CONTEMPORANEA di Barbara Pavoni
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