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Gli ebrei: i pori della produzione


Secondo Marx gli ebrei erano i pori della produzione, nel senso che la loro funzione principale era di accelerare la circolazione e favorire la produzione. Da questi pori poi essi penetrano nel mondo produttivo senza mezzi termini. Produrre vino kasher, olio, formaggio kasher ecc... è considerato un lavoro pio e riconosciuto dalla comunità. Il prestigio sociale e religioso degli imprenditori è probabilmente uno dei punti originali di questa società. I livelli di consumo sono elevati nelle giudecche e per quanto riguarda la carne perfino eccezionali. Ricordando come tutte le cucine ebraiche fossero dotate di attrezzature per il pane, capiamo come essi fossero clienti privilegiati dei mercanti di grano. Sappiamo anche che molte donne povere vivevano facendo il pane e rivendendolo nelle piazze della città, il pane di chiazza o dei poveri. Produzione e commercio del vino sono invece tra le fonti di reddito più sicure e la produzione di uva impegna innanzitutto un certo numero di proprietari ebrei che possono accordarsi con un vignaiolo cristiano che conducesse tutti i lavori fino al momento della vendemmia. Gli ebrei possono anche assumere talvolta lavoratori per i lavori di zappa. Oltre alle vigne, mercanti e artigiani ebrei possedevano spesso l'occorrente per la vinificazione, e spesso mettevano su grandi imprese. Gli affari erano buoni e attiravano gli interessi dei cristiani che assumono a loro volta tavernieri che possano assicurare la purezza rituale del vino così da poter aprire taverne in quartieri ebraici.
La fabbricazione dell'olio è legata soprattutto alle esigenze di un consumo particolare, di un grasso alimentare insostituibile presso gli ebrei, mentre per i cristiani rimaneva principalmente da usare per l'illuminazione. Notevoli erano dunque gli acquisti di olio. Considerate le limitazioni religiose anche in merito all'olio, si spiega il ruolo considerevole degli ebrei nella spremitura delle olive.
La produzione di formaggio su larga scala comincia alla fine del Trecento per iniziativa dei grandi mercati palermitani.

PERMANENZA E RINNOVAMENTO DELL'ARTIGIANATO. Gli inventari sottolineano le capacità tecniche degli artigiani palermitani e fanno notare il rinnovamento che si verifica con l'immigrazione. I sarti sono spagnoli mentre l'eredità della Geniza rimane dominante nel campo del taglio e della lavorazione del corallo, dove gli ebrei trapanesi raggiungono livelli di eccellenza, non tanto sulla base dei capitali investiti quanto sulla base della tecnica. Gli ebrei davano poi un discreto sostegno alla pesca, specialmente come compratori.
L'arte della tintura di tele e panni è una specialità – reliquia che dispone ancora di mezzi importanti e di una inveterata tradizione. Un'altra specialità antica è l'arte della seta e la fabbricazione di tessuti serici, specialmente basata sull'importazione di filati messinesi. Anche qui gli ebrei dispongono soprattutto del capitale tecnico.
La lavorazione del cuoio unisce strettamente commercio, acquisto dai macellai e prima trasformazione; gli artigiani ebrei sono soprattutto conciatori e pellettieri e un gruppo compatto di concerie si trova a Palermo nella Conciaria. I conciatori acquistano grosse quantità di cuoi ai macelli e passano rapidamente alla raccolta per costituire riserve da esportare.
Gli ebrei sono anche ciabattini e i contratti mostrano tecniche raffinate con pelli di daino in estate e di vitello in inverno e suole di legno di tiglio. È un settore quello delle calzature molto ben integrato e spesso costituito da società per fare fronte comune agli elevati costi di acquisti di pelli. Notiamo che non ci sono, o sono pochissimi, i settori in cui gli ebrei palermitani o corleonesi non lavorino.

Tratto da STORIA MEDIEVALE di Gherardo Fabretti
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