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L'industria del '1500


Per quanto riguarda il capitale, possiamo farci una idea adeguata della struttura e dell'importanza nell'Europa preindustriale partendo dalla domanda. Gli storici dell'economia tendono a distinguere il sistema economico preindustriale sulla base del capitale circolante, più alta rispetto a quello basato sul capitale industriale o di produzione, sul capitale totale. Questo fatto si spiega con l'alta percentuale di domanda anelastica di beni fondamentali di quotidiana necessità. Nell'epoca qui considerata non c'era praticamente regione che fosse in grado, per lunghi periodi e in misura sufficiente di approvigionarsi per lunghi periodi con le proprie risorse.
Forti quantità di grano e di bestiame venivano trasportate anche a grandi distanze e sia i mercanti sia i singoli consumatori tenevano immagazzinate ingenti scorte alimentari. Si va sviluppando una divisione del lavoro tra le regioni che producevano grano e allevavano bestiame e le regioni che fornivano manufatti e si forma un largo strato di mercanti e mediatori, gente che sceglie la via difficile e rischiosa, ma anche lucrosa, dei traffici. Lo smercio attraverso i grandi porti del Baltico di granaglie provenienti dall'Europa orientale è un esempio famoso tratto dal settore alimentare, che può valere per tutti.
Nell'età moderna anche il settore tessile e dell'abbigliamento, dipendeva interamente dal capitale circolante. Nelle grandi regioni produttrici protoindustriali, infatti, la produzione non assumeva forme che avrebbero richiesto forti partecipazioni di capitale fisso, non si svolgeva in manifatture o altre installazioni sul tipo della fabbrica, ma era un'industria rurale domestica, inserita nel sistema del lavoro a domicilio, producendo spesso e volentieri in posizione di totale dipendenza nei confronti del mercante imprenditore e dei suoi intermediari.
Dovevano verificarsi innumerevoli condizioni perché la protoindustria legata al lavoro a domicilio si affermasse in Europa. Una delle più importanti consisteva negli imponderabili approvigionamenti del settore alimentare, sul quale incombeva ricorrente il rischio delle crisi agrarie e delle carestie. Nelle città, d'altro canto, la politica antiespansionista delle corporazioni, mirante a mantenere un buon livello di reddito per i suoi membri, bloccava la possibilità di produrre capi di vestiario a prezzi convenienti e di soddisfare con ciò una domanda di massa. Si apriva così la strada della produzione in campagna.
Tracciato il quadro del capitale circolante, anche se abbiamo parlato del predominio di quest'ultimo, non vuol dire naturalmente che mancasse un capitale di produzione, di investimento. In agricoltura, secondo i riformatori del Settecento, c'era grande necessità di capitale fisso, a fronte di una realtà concreta dove gli investimenti erano limitatissimi, a causa del costo proibitivo dei materiali e delle attrezzature. Fu così che nel Settecento la maggior parte dei riformatori agrari si preoccupò della distribuzione di capitale nell'agricoltura: aumentare la produttività estendendo gli investimenti di capitale fisso, questa era la parola d'ordine, quello che diventò ben presto il capitalismo agrario del Settecento, passo immediatamente precedente alla Rivoluzione industriale.

Tratto da STORIA MODERNA di Gherardo Fabretti
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