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Fotografia, cinema e realtà



Sia la fotografia che il cinema ambiscono a rappresentare verosimilmente ed efficacemente la realtà: la prima tuttavia tenta di farlo per sottrazione levando a essa segni; l'altro per addizione aggiungendovene. Vi è un tratto di entelechia nell'immagine cinematografica ben più marcato di quella fotografica, che la carica di molti significati eccedenti la semplice e immediata analogia, il compito circoscrittamente narrativo che essa sostiene.

Il cinema anche quando è documentario non rinuncia al suo carattere di finzione a fini spettacolari. Pochissime delle performance osservabili nei film etnografici che abbiamo richiamato nel libro costituiscono un autentico prodotto documentario: esse sono ricostruzioni, realizzate per l'occhio, l'obiettivo, lo spettacolo, di quanto realmente accade sul terreno. Documentano così le modalità ideologiche che intorno a un determinato evento si sono dispiegate, ma possiedono un'attendibilità referenziale, primaria, assai discutibile. Anche tempo e spazio nel cinema costituiscono astrazioni linguistiche destinate a riproporre una condizione spettacolare del vissuto. Il tempo e lo spazio cinematografici sono in opposizione con quelli reali: nulla che accada all'interno delle coordinate cronotopiche della realtà può essere documentato in modo isomorfo ed esatto attraverso un mezzo che strutturalmente ne possiede di diverse. Il montaggio è lo strumento fondamentale di manipolazione del tempo e dello spazio cinematografici.

Il montaggio consente di ridisporre delle immagini in assoluta libertà, per contesti di significazione e per per strategie comunicative di tipo rigorosamente autoriale. Esso altera in particolare i due vettori di conoscenza specifica dell'etnografia e dell'antropologia, quello relativo ai tempi di svolgimento e ai modi di accadimento di un evento. Con ciò l'evento stesso è interamente ridisegnato secondo logiche e strategie interpretative. Nella nostra prospettiva di ricerca è la macchina fotografica che può restituire in dettaglio i modi dell'evento etnografico ed è la videoregistrazione che può rendere i suoi tempi reali e la loro sincronia con i modi. Il videotape insomma può offrire risposta a quel bisogno di visione scientifica che il cinema non può strutturalmente soddisfare. Esso tende a restituire, pur all'interno delle logiche riproduttive della realtà, il suo esatto rapporto cronotopico, mentre sul piano della fruizione opera nel senso di annullare la condizione spettacolare, lo stato di passività e di semi ipnosi del cinema. Si può fare naturalmente un uso improprio del video tape come è costume da noi in ambito antropologico, sia durante la ricerca sul terreno che durante la sua riproposizione critica o divulgativa. Lo si può adoperare come il cinema, rendendolo evidente e ingombrante sulla scena che si intende documentare, registrando a spezzo, si può perfino sfruttare la sua versatilità elettronica al fine di manipolare alterandone anche radicalmente le immagini. Ma il modo esatto del videotape in etnografia e antropologia è quello opposto: si può mantenere la telecamera discretamente e continuamente sul campo di ricerca, girare piano-sequenza circoscritti delle realtà da documentare, evitare il montaggio. Il videotape risponde con flessibilità alle condizioni visive e conoscitive delle nostre discipline x quale che concerne la ricerca, la documentazione, la archiviazione, la consultazione intermedia, la restituzione analitica dei dati. Esso rappresento uno strumento al servizio della ricerca, rigoroso, duttile ed efficace adatto  quel particolare rapporto di conoscenza con l'oggetto che si costruisce.

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