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I brevetti di invenzione


È un diritto di proprietà intellettuale, rilasciato all’inventore da un organismo autorizzato, che consente di sfruttare in via esclusiva l’invenzione per un periodo di tempo limitato, generalmente 20 anni. Condizioni per il rilascio: novità, non ovvietà e applicabilità industriale. Trascorrono in media 5 anni dalla domanda al rilascio.
Il rapporto tra la mole di attività di R&S e il numero di brevetti richiesti o rilasciati non è così stretto come si possa pensare: la registrazione e il mantenimento di un brevetto comportano costi elevati, dunque si faranno valutazioni sui vantaggi economici da esso derivanti; molte invenzioni non trovano applicazione industriale; alcune aziende si affidano al segreto industriale piuttosto che al brevetto, in quanto questo, al termine, prevede di render nota al pubblico l’invenzione brevettata (es.: la formula della CocaCola è protetta solo dal segreto industriale tramandato da parte dei massimi dirigenti d’azienda; tuttavia questo sistema di gestione del know-how può causare perdita di conoscenze).
La tendenza alla brevettazione varia a seconda dei settori: molto per chimica e farmaceutica, poco per aeronautica, tessile e calzature (in questi ultimi due per via del fatto che si innova poco).
Il brevetto non è necessariamente il prodotto dei laboratori, può essere frutto di attività aziendali quali progettazione, produzione, ingegnerizzazione, controllo di qualità, servizi tecnici.
Negli ultimi anni il sistema brevettuale è cambiato, con ampliamento della tipologia di conoscenza tutelata (anche software e basi dati, la scienza di base, i metodi di gestione delle organizzazioni) e un aumento dei diritti connessi al brevetto. Così il numero dei brevetti è aumentato notevolmente (Ufficio dei brevetti e dei marchi Usa passa dai 62.000 del 1980 ai 90.000 del 1990 e ai 166.000 del 2001; l’Ufficio europeo dei brevetti di Monaco di Baviera passa dai 70.000 del 1990 ai 129.000 del 2000).
I governi hanno adottato misure per rafforzare la proprietà intellettuale, ma sul punto vi sono due opinioni divergenti: da un lato l’estensione dei diritti è fondamentale per aumentare la propensione ad innovare, dall’altro può causare ostacoli alla diffusione del sapere, che è la base per generare nuove conoscenze. Raccomandazioni dell’Ocse (2004) sembrano tendere verso questa seconda direzione, anche perché un brevetto produce monopolio temporaneo, con la conseguenza di una forte propensione ad innovare per le imprese solo verso aree che presentano ritorni economici, riducendo così l’innovazione per il benessere sociale. Gli Usa (e a seguito vari Paesi Ocse) nel 1980 hanno adottato una legge (la Bayh-Dole) che consente anche a Università ed Enti pubblici di ricerca di brevettare le proprie invenzioni, allo scopo di aumentare le risorse destinate ai laboratori pubblici.

Tratto da TECNOLOGIA, PRODUZIONE E INNOVAZIONE di Moreno Marcucci
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