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Il paradosso della separazione

Il paradosso della separazione    


La separazione è un paradosso poiché si tratta di un processo in cui unione e separazione sono strettamente connesse e dipendenti una dall’altra. Separarsi da qualcuno è anche unirsi a qualcun altro su un piano differente, fare una scelta, magari per “ri-unirsi” successivamente, a un livello diverso, alla stessa persona, in una dimensione dove la soluzione al paradosso è data dal tempo.    
La separazione implica, al di la della decisione di compiere una serie di atti elementari che materialmente la sanciscono, una profonda ristrutturazione di una serie di relazioni fondamentali:    
innanzitutto, oltre che con la persona interessata, con la propria famiglia d’origine e con chi ci sta più vicino;    
con la società più allargata, poi, che ci ha permesso la costruzione di un’identità sociale, sulla base del tipo di legame in cui siamo coinvolti; quando questo legame viene meno o si ristruttura cambia di conseguenza, in gran parte, la nostra identità sociale.    
Ecco che allora trasformare o rompere un legame significa dover fare i conti con un cambiamento che va molto al di là dell’atto che sta a rappresentarlo: perciò la decisione di separarsi porta spesso alla luce tutta una serie di aspetti impliciti del legame, ai quali non avevamo prestato attenzione e che sono strettamente connessi anche alla nostra immagine di noi stessi. Il tipo di relazione, la sua qualità, condiziona non solo il modo in cui noi ci vediamo, ma il modo in cui gli altri ci vedono e instaurano rapporti con noi.    
Rompere un legame può portare alla luce aspetti e potenzialità nascoste della personalità e riattualizzare o mettere in luce legami più antichi e ancora non risolti con la propria famiglia di origine. La coscienza di questa “unione” può farsi strada anche a distanza di parecchi anni dall’interruzione di un rapporto che magari era servito a celarla.    
La natura del legame non può essere percepita da chi vi è coinvolto o può esserlo solo confusamente: “uscirne fuori”, magari solo temporaneamente, è la condizione indispensabile per definirlo, anche se questo evoca tutta una serie di paure di separazione non sempre ingiustificate, che pongono il problema del tempo e del modo in cui il distacco deve essere realizzato. L’interrogativo (e le paure) riguarda la capacità di affrontare adeguatamente tutti i cambiamenti connessi alla separazione e alle responsabilità che questa comporta; la capacità, inoltre, di staccarci da una parte della nostra storia e di fare a meno delle persone con la quale l’abbiamo costruita.    
Unione e separazione sono processi che ci accompagnano per l’intera esistenza e che riguardano rapporti in una dimensione prima di tutto verticale, generazionale, con una caratteristica di dipendenza che riecheggia, in misura maggiore o minore, in ogni successivo rapporto sul piano orizzontale. La dipendenza originaria fa da termine di riferimento alle successive relazioni di dipendenza ed è a sua volta continuamente ridefinita dall’evoluzione di queste relazioni. Fin dai primi mesi di vita, il momento in cui ci si unisce alla persona desiderata (madre o sostituta) è il momento in cui si cominciano a costruire le differenze da essa, anche attraverso il confronto con “terzi”, e cominciano quindi a crearsi i confini tra sé e l’altro (in condizioni di normalità).   

Tratto da TEMPO E MITO IN PSICOTERAPIA FAMILIARE di Antonino Cascione
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