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Sostegno individuale e contenimento familiare

Sostegno individuale e contenimento familiare    


Un modo efficace per sostenere una persona consiste nel permettere a questa di entrare in contatto profondo con i propri livelli di sofferenza e le proprie paure di adeguatezza; elemento essenziale è la fiducia incondizionata nelle risorse positive dell’individuo: se riesce a confrontarsi con le proprie paure e i propri sentimenti di distruttività, egli sta di fatto attingendo alle proprie riserve di forza, di vitalità, di stima per sé stesso.
Per molti il sostegno si esprime nella capacità di apprezzare e di sostenere apertamente quegli aspetti di forza, di sensibilità e di vitalità che sono già presenti a livello personale e di rapporto. Connotare positivamente il positivo rappresenta infatti un valore in sé stesso ed è una forma esplicita di solidarietà, tuttavia ha spesso impedito di sostenere adeguatamente la famiglia nell’esplorazione di aree più conflittuali e confuse, quasi che non fosse più permesso addentrarsi in esse, dopo aver sottolineato esplicitamente gli aspetti positivi del gruppo familiare.    
Ancora più insoddisfacente risulta l’idea di connotare positivamente il negativo (la tendenza omeostatica del sistema potrebbe essere un esempio di negativo) come modalità strategica per stabilire un contesto terapeutico.    
Sembra più congeniale esprimere il sostegno in due modi:    
1) direttamente e soprattutto a livello analogico, nel considerare l’individuo come una persona completa e competente, al di là dell’evidenza dei fatti o del modo in cui la famiglia assegna a ciascuno le parti da rappresentare in seduta;    
2) indirettamente, nel tentativo di trasformare la terapia in un contesto di apprendimento, in cui ognuno possa imparare: a riconoscere nessi e dare significati complessi a fatti ed emozioni e quindi crescere; a proporsi come risorsa terapeutica, qualora insorga una problematica nuova in una fase successiva dello sviluppo della famiglia.    
Compito essenziale del terapeuta consiste nell’assicurare alla famiglia delle mura solide che delimitino al loro interno uno spazio flessibile, in modo tale che in esso vengano a confluire e a drammatizzarsi per ciascuno non solo le angosce e le paure attuali, ancorate alle problematiche del paziente designato, ma anche angosce e paure più antiche, che pur provenendo da altri rapporti, gravano su quelli presenti e in un certo senso modellano quelli futuri.    
L’obiettivo è quello di fornire una cornice contestuale che permetta di dare alla sofferenza individuale un valore e un significato diversi.    
Si ritiene che ogniqualvolta la famiglia accetta il rischio di aprire nuove crisi interpersonali e partecipa attivamente a un progetto terapeutico volto ad ampliare e ridefinire i confini della problematica iniziale (problema-crisi), si ottengano sia la remissione dei sintomi per cui era stata richiesta la terapia che la consapevolezza da parte della famiglia di sapere come sbloccare situazioni di difficoltà nel futuro.    
E che invece ogniqualvolta il terapeuta non è in grado di accettare fino in fondo il rischio personale di indurre nuove crisi nella famiglia, cioè non è capace di proporsi  come agente di provocazione e insieme contenimento delle sue angosce e dei suoi conflitti interpersonali, la terapia non ha inizio o rischia di interrompersi in modo prematuro.

Tratto da TEMPO E MITO IN PSICOTERAPIA FAMILIARE di Antonino Cascione
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