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Triangoli trigenerazionali

Triangoli trigenerazionali    


Collocando le relazioni triangolari su un piano trigenerazionale possiamo cogliere aspetti più complessi delle relazioni attuali. Ad esempio una figlia, viene a trovarsi in una specie di incrocio dove si intersecano  due dimensioni: una verticale, relativa alla sua posizione all’interno di una gerarchia generazionale; e una orizzontale, costituita dal legame coniugale e da altri eventuali legami (fratelli, ecc.).    
Le reti relazionali possono essere scomposte in tanti triangoli i cui vertici vengono di volta in volta occupati da persone diverse; nei legami che li compongono viene veicolata tutta una serie di aspettative e bisogni che, pur avendo la loro origine all’interno delle singole relazioni, cercano una risposta anche in rapporti assai lontani da quello di partenza, qualora non vengano inizialmente soddisfatti.     Ad esempio se la moglie ha un rapporto difficile con la madre o con il marito, è probabile che le sue aspettative nei loro confronti, che sono rimaste senza risposta, vengano trasferite sulla figlia. La relazione di quest’ultima con la madre viene quindi a complicarsi per la presenza di due componenti sovrapposte: la prima relativa alla parte che direttamente la coinvolge, la seconda alla parte in cui essa diventa la semplice mediatrice di una richiesta originariamente diretta a un altro. La figlia deve pertanto riuscire a risolvere l’ambiguità derivante dalla compresenza di questi due livelli e il dilemma che si riferisce al rapporto tra le persone collocate negli altri due vertici del triangolo – se vuole almeno parzialmente liberarsene.   

Tratto da TEMPO E MITO IN PSICOTERAPIA FAMILIARE di Antonino Cascione
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