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La distinzione tra voluntas e actio di Sant'Agostino


Arriva così Sant’Agostino, che riprende la distinzione giuridica tra ciò che le parole, utilizzate da un autore per esprimere un’intenzione, vogliono dire (significato semantico) e quello che l’autore vuole dire utilizzando quelle parole (intenzione dianoetica). Ci troviamo dunque di fronte ad una distinzione tra l’aspetto linguistico e l’aspetto psicologico della comunicazione, e Sant’Agostino preferisce – in conformità con tutti i trattati di retorica dell’antichità – all’aspetto psicologico (all’intenzione dianoetica) privilegiando la voluntas dell’autore allo scriptum del testo. Per Agostino preferire, nell’ermeneusi, lo scriptum del testo alla voluntas dell’autore sarebbe come voler preferire il corpo di un uomo alla sua anima. È una distinzione che Agostino eredita direttamente da San Paolo (che però utilizzava i termini gramma e pneuma, anziché scriptum e voluntas, perché più familiari agli Ebrei).
Ma il problema permane. Anche Agostino non esita ad applicare il metodo stilistico per cogliere l’intenzione della lettera. Una tendenza che è arrivata fino a noi, che spesso ci ostiniamo a confondere l’interpretazione spirituale, di natura giuridica con l’interpretazione figurativa, di natura stilistica. La prima va alla ricerca dello spirito nella lettera; la seconda va a indagare il senso figurato accanto a quello proprio.
Ma l’errore non è di Agostino, che in verità non identifica mai l’interpretazione spirituale con quella figurativa, e non confonde nemmeno la distinzione giuridica tra lettera e spirito con quella stilistica tra senso letterale e senso figurato. La colpa è nostra! Noi utilizziamo l’espressione senso letterale in modo ambiguo, designando sia il senso corporale rispetto a quello spirituale, sia il senso proprio rispetto a quello figurato, confondendo la distinzione giuridica con la distinzione stilistica. Agostino mantiene (come del resto Cicerone) una separazione rigida tra distinzione giuridica di spirito e lettera e distinzione stilistica tra senso figurato e senso letterale, ma è anche vero che la sua personale pratica ermeneutica confonde spesso principio giuridico e principio stilisitico.
La retorica individua le due principali difficoltà di interpretazione di un testo nello scarto tra il testo e l’intenzione dell’autore, e nell’ambiguità o nell’oscurità dell’espressione, intenzionale o meno. Per chiarire meglio potremmo dire che il problema dell’intenzione psicologica (la distinzione giuridica tra lettera e spirito) rientra nel campo della prima parte della retorica (l’inventio), mentre il problema dell’oscurità semantica (senso letterale e senso figurato) nella terza parte (l’elocutio).

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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