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Roland Barthes : "L'effetto di reale"


Abbiamo detto che Barthes in S/Z attaccava i fondamenti della MIMESIS letteraria con il pretesto che il romanzo, anche il più realista, non si poteva eseguire, che non se ne potevano mettere in pratica e seguire alla lettera le istruzioni. Era un'argomentazione già di per sé molto strana, perché equivaleva a considerare la letteratura come un manuale di istruzioni per l'uso. E onestamente, anche seguire un manuale di istruzioni fino in fondo e senza errori è impresa impossibile.
Per negare il realismo del romanzo in genere, Barthes è costretto ad operare preliminarmente, identificando il reale con ciò che è operabile, vale a dire immediatamente trasponibile, ad esempio sulla scena o sullo schermo. Però è troppo facile mettere l'ostacolo più in alto possibile per poter dire che la letteratura non è all'altezza.
Barthes pubblica un articolo intitolato L'effetto di reale, dove si sofferma su un barometro nel salotto di Mme Aubain in “Un cuore semplice” di Flaubert. Barthes dice che è una notazione inutile, un dettaglio superfluo, insignificante, privo della minima funzione dal punto di vista dell'analisi strutturale del racconto.
Contestando innanzitutto la pretesa inutilità del barometro, è chiaro come Barthes abbia comunque bisogno che nel romanzo ci siano annotazioni che rimandino solo al reale e a nient'altro, come se attraverso di esse il reale facesse irruzione nel romanzo. Barthes spiega il suo ragionamento alla fine dell'articolo: il barometro altro non è che una complice strizzatina d'occhio che ricorda al lettore che si trova di fronte ad un'opera che pretende di essere realista; il barometro non denota nulla di importante, connota quindi il realismo in quanto tale. Il realismo è dunque un codice di significazione che cerca di spacciarsi per naturale, costellanod il raccontro di elementi che in apparenza gli sfuggono: insignificanti, occultano la onnipresenza del codice, ingannano il lettore a proposito dell'autorità del testo mimetico. L'illusione referenziale è un caso di naturalizzazione del segno, basata sul mascheramento della convenzione e sull'arbitrio.
Christopher Prendergast in The order of mimesis coglie le aporie dell'attacco barthesiano alla mimesis.
- Barthes nega che il linguaggio abbia un rapporto referenziale con il mondo. Se quello che dice è vero, se denuncia l'illusione referenziale, vuol dire allora che esiste per lo meno il modo per parlare della realtà e fare riferimento a qualcosa che esiste; vuol dire che il linguaggio non è sempre, non è completamente indagato.
Non si può negare del tutto la referenza, perchè nel momento stesso in cui la si nega, la si ammette per il sol fatto di essere stata negata; se io dico illusione, lo dico perchè esiste la realtà. Se la realtà è illusione, che realtà ha l'illusione? Non se ne esce!
- Barhes si abbandona ad una drammatizzazione retorica che ricorre al metafore (collusione, espulsione) e a personificazioni che riescono a fare accettare al lettore questa sommaria ed esagerata teoria. Barthes sembra un mago che fa scomparire le parole, che dà l'illusione di non essersi mai trovati di fronte al linguaggio, ma alla realtà stessa.
In altre parole Barthes presuppone che, attraverso la collusione tra segno e referente e la espulsione del significato si verifichi un passaggio immediato dal significante al referente, senza la mediazione del significato: si ha cioè un'allucinazione dell'oggetto. L'effetto di reale, dunque sarebbe una allucinazione.
Ma a smontare la teoria di Barthes è sufficiente ciò che aveva detto Coleridge, che distingueva l'illusione poetica, definita temporanea sospensione dell'incredulità, dalla allucinazione.
La critica di Prendergast può sembrare esagerata, ma questo non è l'unico luogo della sua opera in cui Barthes ha fatto ricorso alla allucinazione come modello della referenza, allo scopo di screditare quest'ultima. In S/Z misurava il realismo in base al grado di trasposizione nel reale senza interferenza. Secondo quanto diceva, il romanzo veramente realista è quello che si può trasferire tale e quale sullo schermo; una ipotiposi generalizzata.
Ma Barthes si limita ad una teoria molto semplificata ed esagerata della referenza, misurando il fallimento referenziale del linguaggio sulla sensazione della prima rappresentazione (cfr. il filmino proiettato agli indigeni o l'episodio del pompiere).

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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