Skip to content

Un bilancio della teoria letteraria


È possibile oggi stilare un bilancio della teoria letteraria? In Francia sono gli anni sessanta e settanta a fare la parte del leone, pur essa non conoscendo la mole di illustri studiosi e studi, come invece era accaduto in Russia (formalismo), in Repubblica Ceca (Circolo di Praga), Usa e Inghilterra (New Criticism), Germania (Spitzer e Curtius) e Italia (Croce e il suo antipositivismo, Contini e la critica delle varianti).
In Francia citeremmo solo il corso di poetica di Paul Valery invece, un’ effimera disciplina che scomparirà col suo pigmalione. Perché questo ritardo? Spitzer lo identifica in tre fattori: il vecchio senso di superiorità dovuto ad una tradizione letteraria sempre ai vertici; il carattere degli studi letterari francesi in generale, sempre caratterizzati dal positivismo scientifico del XIX secolo, con la sua ricerca delle cause; il predominio della pratica scolastica dell’analisi testuale, vale a dire la descrizione ancillare delle forme letterarie che ostacola lo sviluppo di metodi formali più sofisticati.
Compagnon aggiunge un quarto motivo: l’assenza di una linguistica e di una filosofia del linguaggio paragonabile a quella delle università tedesche e inglesi (quelle di Frege, Russell, Wittgenstein e Carnap) e la debole incidenza della rivoluzione ermeneutica che pur qualche buon frutto dava in Germania, con le rivoluzioni di Heidegger e Husserl.
Ai tempi di Spitzer le cose in Francia sono cambiate, quasi come se quel ritardo non fosse altro che una profonda rincorsa per meglio saltare dopo. La Francia, come si diceva, tra i sessanta e i settanta si è vista provvisoriamente all’avanguardia degli studi letterari nel mondo. Negli anni Settanta essa era al culmine della sua attrattiva e calamitava tantissimi giovani studiosi. Quarant’anni fa, dunque, l’immagine dello studio letterario sostenuto dalla teoria era seducente, persuasivo e trionfante.
Ma un altro capovolgimento era destinato ad arrivare; oggi le cose non stanno più esattamente così. La teoria letteraria ha finito per istituzionalizzarsi, trasformandosi da metodo in tecnica pedagogica spicciola e pedante, tanto simile ai metodi di spiegazione del testo contro cui prima si scagliava. Perché?
Che la storia letteraria abbia messo così prepotentemente radici in Francia da non permettere alla “nuova critica” di scuoterla a fondo, come sostiene Genette? È una spiegazione alquanto insufficiente: la nuova critica ha messo radici robuste in Francia almeno quanto la storia letteraria, ma è proprio questo il problema.
Oggi in Francia è praticamente impossibile essere promossi ad un concorso senza padroneggiare i sottili distinguo della “nuova critica”, così come un tempo bisognava conoscere la terminologia retorica. C’è, infatti, una fortissima dipendenza dall’università per i concorsi di reclutamento dei professori di scuola secondaria e ciò ha ridotto la teoria letteraria ad un pugno di ricette, trucchi e astuzie per brillare nei concorsi. L’iniziale slancio teorico si è sclerotizzato dal momento in cui è diventato semplice scienze d’appoggio alla spiegazione di un testo.
La teoria in Francia fu un fuoco di paglia e i teorici degli anni Sessanta e Settanta non hanno trovato successori; Barthes stesso è stato canonizzato, che non è la soluzione ideale per mantenere viva la vitalità e l’efficacia di un’opera. Altri autori si sono dedicati ad altre branche, altri ancora sono tornati alla storia letteraria.
La teoria è fiacca, inoffensiva; aspetta gli studenti all’ora prefissata, senza scambiarsi con altre discipline e senza contatti col mondo esterno. Non è più la teoria a dire perché e come bisognerebbe studiare la letteratura, quale sia la posta in gioco dello studio di essa oggi.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.