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Cosa si nasconde dietro al termine “circostanze”?

Cosa si nasconde dietro al termine “circostanze”? 

Secondo lo schema teorico-concettuale elaborato da Cesa, le “circostanze” = le 2 dimensioni principali: 1) i rapporti di forza e 2) la congruenza delle posizioni nelle quali si trovano le 2 parti, una rispetto all’altra. 
Non è difficile immaginare gli spostamenti che possono aver luogo da un tipo all’altro, lungo le 2 dimensioni: 
− rapporti di forza all’inizio paritetici che divengono nel corso del tempo asimmetrici o, al contrario, rapporti di forza inizialmente sbilanciati che si riequilibrano; 
− rapporti inizialmente eterogenei che si fanno omogenei, dando più coesione ed efficacia all’alleanza o, viceversa, rapporti inizialmente omogenei che poi danno adito ad un’eterogeneità che mette in discussione la cooperazione tra gli alleati (nei casi simmetrici) o ne accentua la natura coercitiva (nei casi asimmetrici). 
E quando persino il vincolo di non rompere, tipico delle alleanze eterogenee, si attenua tanto da non costituire più un freno ⇒ l’alleanza si spezza. 

I 4 casi storici sono utili nell’illustrare anche queste dinamiche: 
− L’alleanza anglo-olandese nasce come alleanza di aggregazione, per poi trasformarsi durante la guerra di Successione spagnola in alleanza di garanzia ⇒ essa rimane omogenea, ma al suo interno i rapporti di forza tra gli alleati sono cambiati. 
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Su queste basi, i 2 paesi continuano a collaborare a lungo, ma nel corso del tempo inizia ad affiorare in modo sempre più evidente una spiccata eterogeneità ⇒ nei loro ultimi anni i rapporti anglo-olandesi sono più vicini all’alleanza di egemonia, data la prevalenza delle tattiche coercitive messe a punto dalla Gran Bretagna e l’evidente divaricazione tra gli interessi che separano i 2 paesi. 
L’altra alleanza omogenea, quella anglo-prussiana, conosce un percorso molto diverso, nei tempi e nei modi: uniti improvvisamente dalla guerra, i 2 paesi si staccano altrettanto rapidamente nelle fasi finali del conflitto, a seguito di una duplice trasformazione che investe entrambe le dimensioni: alle crescenti difficoltà della Prussia fanno da contraltare i successi inglesi ⇒ si altera la simmetria iniziale. Inoltre, questa situazione predispone la Gran Bretagna a concludere la pace, anche a spese delle Prussia, se necessario. 
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Si è passati, sia pure per poco, da un’alleanza di aggregazione ad una di egemonia. 
Il disimpegno russo, tuttavia, conferisce alla Prussia una nuova forza negoziale rispetto all’alleato ⇒ per una fase altrettanto breve, i 2 paesi si trovano impegnati in un’incipiente alleanza di stallo. Poi, la fine, pressoché immediata. 
− Quanto all’alleanza anglo-francese, essa muta, fino a sfociare nella rottura, quando l’eterogeneità diviene così marcata da spingere la Gran Bretagna ad accordarsi con il tradizionale nemico della Francia, l’Austria. 
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Posta di fronte all’alternativa tra continuare un rapporto che la penalizza fortemente o romperlo, la Francia sceglie la seconda strada. 
MA se Parigi può permettersi di sottrarsi a un’egemonia che si è fatta sempre più pesante è perché, nel frattempo, i rapporti di forza si sono ormai riequilibrati. 
− Ancora diverso è il caso dell’alleanza austro-francese: essa è e rimane, per tutta la sua durata, un’alleanza di stallo, con la brevissima eccezione costituita dal periodo compreso tra il secondo e il terzo trattato di Versailles, quando gli aspetti aggregativi hanno forse una certa prevalenza. Ma dalla fine della guerra dei Sette anni sino alla Rivoluzione francese, i rapporti tra i 2 alleati restano sostanzialmente simmetrici all’interno di un contesto stabilmente eterogeneo. 
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È il progressivo defilarsi della Francia dall’arena internazionale, riflesso immediato della sua grave crisi interna, che svuota l’alleanza di ogni significato reale. 

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Per Cesa, è significativo che tra questi 4 casi solo 1, l’alleanza di aggregazione, rifletta fedelmente quella “legge”, secondo la quale una volta scomparsa la minaccia che ha spinto gli Stati a coalizzarsi anche la loro alleanza viene meno ⇒ non sorprende che sia proprio questo tipo di alleanza quello che meglio si adatta anche alla generalizzazione più diffusa sulla conclusione delle alleanze. 
MA gli altri 3 casi rivelano percorsi molto diversi, perché le 3 alleanze hanno svolto sempre funzioni ulteriori, o diverse, dal far fronte ad una minaccia. 
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La fine delle alleanze avviene sempre, per definizione, in un ambito denso di un’eterogeneità così accentuata da rimuovere ogni possibile spazio negoziale tra le parti, tanto da metterne una, o entrambe, nelle condizioni di preferire la rottura. 
Tali preferenze possono essere interpretate alla stregua di cause efficienti = motivazioni che sottostanno all’agire. 
MA le preferenze non sono di solito sufficienti a spiegare un comportamento, e tanto meno le sue conseguenze ⇒ occorre affiancare le cause permissive = l’incessante moto delle costellazioni diplomatiche all’interno delle quali, di volta in volta, gli spazi di fronte ad ogni Stato si aprono o si chiudono, in un’alternanza di spinte e controspinte, di incentivi e disincentivi, che condizionano la predisposizione ad agire da parte degli Stati. 
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Né i rapporti di forza né l’eterogeneità, da soli, sono in grado di rendere conto della fine delle alleanze, se ad essi non si accompagna un cambiamento del contesto situazionale di almeno uno degli alleati, tale da offrirgli la possibilità di trovare altrove quei servizi sino a quel momento garantiti dall’altro alleato (è il caso della Prussia, e della Gran Bretagna al termine della sua alleanza con la Francia) o da permettergli di fare a meno di tali servizi (è il caso delle Province Unite) ⇒ la fine di un’alleanza riflette direttamente le alternative di cui ogni membro dispone. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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