Skip to content

Eventi in Sicilia e loro impatto sulla guerra tra Sparta ed Atene

Atene viene descritta ancora una volta come uno Stato che vuole sempre di più, che non è mai soddisfatta di ciò che ha. In questi capitoli, dove Tucidide parla del Summit di Gela, l’imperialismo ateniese viene denunciato da Ermocrate, capo del partito democratico di Siracusa; egli afferma che l’imperialismo ateniese è una minaccia per tutta la Sicilia, non solo per Siracusa e i suoi alleati, tanto che questo discorso può essere considerato la formulazione ante litteram di quella che diventerà la teoria dell’equilibrio, dato che Ermocrate suggerisce che tutte le città della Sicilia dovrebbero unirsi contro la minaccia ateniese. 
⇓ 
Ermocrate espone la linea politica che mi pare più densa di promesse per l’avvenire dell’intera Sicilia ⇒ come avevano fatto gli ambasciatori spartani ad Atene, anche Ermocrate comincia il suo discorso esponendo l’utile, il guadagno delle sue proposte. 
La guerra è un male (cap.59), ma essa viene intrapresa fondamentalmente per 2 motivi: 
− la possibilità di ottenere un vantaggio: quando balena nei suoi progetti la speranza di un acquisto 
− il bisogno di difendere la propria sicurezza: sull’altro fronte, che si difende è più disposto ad imboccare il sentiero di un conflitto, irto di pericoli, che a curvare il capo a un’offesa immediata. 

Dopodichè, Ermocrate denuncia, come già anticipato, l’imperialismo ateniese: attenti alle proprie opportunità manovrano con quel loro scaltro stile politico, protetti dallo schermo legittimo di un’alleanza (cap.60) ⇒ l’alleanza è solo il pretesto per l’intervento ateniese, ciò che lo rende legittimo, come ribadito in seguito, nel cap.61: a nessuno sorga il pensiero che la guerra contro Atene coinvolge solo quelli che appartengono al ceppo dorico… l’artiglio di Atene… minaccia in blocco gli averi della Sicilia, le nostre comuni fortune. 
Se ci assumiamo noi stessi il compito di sollevare una guerra spingendoli a intervenire… se non solo ci distruggiamo a spese nostre, ma tracciamo loro, piana e dritta, la via del dominio, aspetteranno con ansia di vederci all’ultimo stadio dello sfinimento… e compariranno allora con una flotta più potente, bramosi di soggiogare tutta la nostra Sicilia (cap.60) ⇒ se i Sicelioti continueranno a farsi la guerra tra loro, distruggendosi a vicenda, gli Ateniesi potranno conquistarli uno per uno, molto facilmente. 
Ermocrate mette dunque in guardia gli Stati minori di fronte alle mire espansionistiche delle Grandi Potenze, le quali molto spesso adotteranno la politica del divide et impera = dividere gli Stati minori e sottometterli uno alla volta. 
Tuttavia, la spinta espansionistica di Atene è, per Ermocrate, perfettamente comprensibile (cap.61, capisco benissimo e giustifico questi ardori ateniesi) ⇒ si arrabbia non tanto con gli Ateniesi che vogliono conquistare la Sicilia, ma con le città siciliane stesse, che si fanno imporre l’impero (cap.61, non mi scaglio contro chi aspira all’impero, ma contro chi è troppo supino a lasciarselo imporre). Poiché è universale e perenne impulso nell’uomo dominare chi si piega (cap.61): è la legge del più forte ⇒ Ermocrate non fa alcuna condanna morale contro gli Ateniesi, perché il loro comportamento è perfettamente comprensibile e in linea con le leggi naturali; ciò che non è naturale è non difendersi, perché è in colpa chi tra noi, conscio di tali principi, non provvede in tempo a misure adeguate di protezione. In seguito, Ermocrate dice che la pace è la fortuna più preziosa (cap.62): per “pace” intende la temporanea sospensione delle ostilità tra le città greche della Sicilia, per far fronte al nemico comune ⇒ combatteremo, io credo, e ricorreremo alla pace quando sarà opportuno (cap.64) ⇒ la pace invocata da Ermocrate non è un assetto definitivo e completo delle ostilità tra i Sicelioti, ma una soluzione imposta dalle contingenze della minaccia nei confronti di tutte le città. 
⇓ 
Il discorso di Ermocrate raccoglie molti consensi, e convinse i Sicelioti a stilare una convenzione (cap.65) = fondamentalmente, una pace, della quale viene informata anche Atene, la quale non poteva contestare nulla, dato che era stato invocato il suo aiuto per una guerra, ora sospesa ⇒ all’arrivo degli strateghi gli Ateniesi rimasti in città ne condannarono due all’esilio… il terzo… a una multa (cap.65). Questo perché secondo loro sarebbe stato possibile sottomettere i centri della Sicilia, se gli strateghi non si fossero lasciati sedurre dall’oro (cap.65) ⇒ gli strateghi vengono accusati di essersi lasciati corrompere. 
In realtà, secondo Tucidide, la fortuna che, almeno in quei momenti, gonfiava le vele di Atene, appannava le loro menti:… ogni operazione doveva essere diretta a buon termine (cap.65) ⇒ Atene sta entrando nello stato d’animo per cui tutto è possibile: ne erano responsabili i clamorosi trionfi che, sorprendendoli, avevano dato ali alle loro speranze (cap.65) ⇒ i successi del tutto fortuiti ed inaspettati in guerra hanno l’effetto per cui Atene sta perdendo sempre più ogni contatto con la realtà. Le conseguenze si hanno: 
− sul piano psicologico, a livello collettivo 
− sui calcoli strategici, prima accennati, se accettare una pace di compromesso oppure combattere fino alla resa condizionata del nemico. 

Di certo, anche in questo caso, esiste quella componente del carattere e della tradizione ateniese (non accontentarsi mai); tuttavia, è anche qui possibile affiancare una spiegazione razionale al comportamento degli Ateniesi: la letteratura americana spesso interpreta questo discorso di Ermocrate come una sorta di “dottrina Monroe della Sicilia” (= la Sicilia ai Sicelioti). Questa dottrina non è neutrale, ma, anche indirettamente, favorisce qualcuno rispetto ad altri, in questo caso Siracusa, la città più potente ⇒ con questa dottrina non ci saranno altre potenze che interferiranno con le vicende interne della Sicilia. Ovviamente, Atene non può essere tranquilla di fronte a questo, perché, da un lato, aveva mire espansionistiche sulla Sicilia, dall’altro, la Sicilia sarebbe diventata impermeabile all’influenza ateniese, con Siracusa che, in quanto città dorica, avrebbe potuto anche schierarsi dalla parte di Sparta. 
In seguito, Atene dichiara guerra a Megara (capp.66 e seguenti). 

Il controllo della Megaride, e di Megara in particolare, situata nella zona d’ingresso in Attica, sfruttata dalle truppe peloponnesiache, porrebbe definitivamente fine alle minacce di invasione da sud. 
Megara è una città democratica, e, come tale, vista con sospetto dagli alleati del Peloponneso. La città è regolarmente invasa dagli ateniesi ⇒ Megara deve decidere se restare dalla parte di Sparta, richiamando in patria i membri del partito oligarchico, mandati in esilio. Al tempo stesso, i membri del partito democratico sanno che il ritorno degli oligarchi metterebbe a repentaglio la loro stessa sopravvivenza ⇒ si rivolgono agli ateniesi: intendevano consegnare la città (cap.66) = defezionare dalla Lega del Peloponneso. 
Le cose, però, non vanno secondo i piani: arriva Brasida (cap.70) e tutta l’operazione fallisce.

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.