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Partiti e fazioni interne nelle Storie di Tucidide

Perché Tucidide non ne parla? 
Quale ruolo hanno avuto queste fazioni nelle vicende delle Storie? 
Per meglio capire questo punto, J. De Romilly classifica gli Ateniesi in 3 diverse categorie, in base all’atteggiamento assunto nei confronti dell’imperialismo e alla politica estera in generale: 

a. gli oppositori
sono gli oligarchici, quelli che Pericle attacca nel suo ultimo discorso (II.63: qualche galantuomo; questi bravi cittadini). Di certo, questo gruppo di cittadini è sempre stato presente nella vita politica di Atene, formando un gruppo rivoluzionario di opposizione che depositava tutte le sue speranze su Sparta. Erano un gruppo minoritario, dato che la maggior parte dei cittadini ateniesi non condivideva le loro idee. 

Gli altri cittadini possono dunque essere definiti imperialisti, ma, dato che avevano in comune solo il favore all’impero, possono essere suddivisi in 2 gruppi, in base al modo che ritenevano più opportuno per condurre l’imperialismo: 

b. gli imperialisti estremisti 
Atteggiamento nei confronti di Sparta 
Ritenevano che il potere di Atene dovesse piegare tutti gli altri Stati, inclusa, naturalmente, il nemico principale, cioè Sparta. All’inizio delle Storie, questo atteggiamento sembra essere più che altro una vaga speranza, ma diventa un vero e proprio programma quando Alcibiade afferma che si premeditava già da allora un’invasione del Peloponneso (VI.90). 
Per questi politici estremisti, le fortificazioni, il tesoro e la supremazia navale ateniese avevano un solo obiettivo: assicurare l’egemonia ateniese sulla Grecia. 
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Erano del tutto favorevoli alle “guerre del Peloponneso”.

c. gli imperialisti moderati 
Atteggiamento nei confronti di Sparta 
Vedevano la rivalità tra Sparta ed Atene come estremamente negativa per entrambe le parti e per tutta la Grecia. Secondo i moderati, infatti, la lotta contro i Persiani rendeva l’espansionismo ateniese del tutto meritato, ma ritenevano che fosse più opportuno che Atene condividesse il dominio sulla Grecia con Sparta, in un sistema “dualistico”. Essi ritenevano che Atene fosse per natura destinata a dominare sul mare e Sparta sul continente e che la loro unica preoccupazione fosse di restare sempre unite. 
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Raccomandavano un’alleanza con Sparta e la colonizzazione delle terre dei barbari.
   
All’opposizione tra queste 2 forme di imperialismo corrisponde anche un altro tipo di conflitto politico. Infatti, giungere ad un accordo con Sparta significava scendere a patti con un regime oligarchico, mentre combatterla significava essere una democrazia che combatte un’oligarchia. 
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- l’imperialismo moderato è la politica della democrazia moderata; 
- l’imperialismo estremista è la politica della democrazia estremista. 

b. gli imperialisti estremisti 
Atteggiamento nei confronti degli alleati 
Come volevano che Atene dominasse su tutti i popoli, divenendo la maggiore potenza possibile, così gli estremisti volevano che Atene esercitasse n’autorità assoluta e ralizzata, sacrificando i particolari interessi degli alleati per i propri fini. 

c. gli imperialisti moderati 
Atteggiamento nei confronti degli alleati 
Desideravano che Atene esercitasse un dominio limitato, tenendo in considerazione gli interessi della Grecia in generale. Essi ammiravano Sparta e la sua lega ⇒ cercarono di evitare che Atene diventasse una città tiranno, difendendo i diritti degli alleati e cercando di presentare l’autorità ateniese come una leadership accettata. 

Entrambi gli schieramenti erano consapevoli che ogni eventuale crescita del potere di Atene rischiava di creare un pericoloso sbilanciamento di potere tra Sparta ed Atene, ma mentre gli estremisti rincorrevano l’egemonia di Atene, i moderati la rinnegavano. 

b. gli imperialisti estremisti 
Direzione geografica dell’espansionismo ateniese 
Desiderando il dominio ateniese su tutta la Grecia, attraverso il controllo delle vie del grano, preferivano una direttiva di espansione verso ovest. Una politica di espansione verso ovest significava incontrare molti pericoli ⇒ può essere vista come una forma meno giustificata di espansionismo. 

c. gli imperialisti moderati 
Direzione geografica dell’espansionismo ateniese 
Desiderando solo la lotta contro i Persiani, la loro direttiva di espansione era verso est, nel Mar Egeo, che rappresentava la tradizionale area delle operazioni navali ateniesi. 

La contrapposizione tra queste 2 forme di ambizioni risulta evidente negli episodi di Corcira e della spedizione in Sicilia e, in particolare, aiuta a capire meglio le posizioni di Nicia e Alcibiade sull’opportunità o meno di intraprendere la spedizione in Sicilia (Libro VI).

Per quanto possa sembrare anacronistico parlare di “partiti politici”, si può almeno riconoscere l’esistenza di alcune particolari tradizioni politiche. Ed è importante notare come Tucidide vi faccia raramente riferimento, per il semplice fatto che, secondo De Romilly, le considera questioni irrilevanti rispetto al suo vero e centrale argomento = la guerra tra Atene e Sparta. Questa sua semplificazione è perfettamente giustificata dalla metodologia e dallo scopo che Tucidide si prefigge = presentare quegli eventi nella forma più semplice e astratta possibile. In questo modo, egli riesce ad andare oltre la massa degli individui particolari e arriva alla forma generalizzata dell’espressione “gli Ateniesi”. 
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Per Tucidide, la politica estera è il riflesso della città nel suo complesso e le lotte politiche al suo interno non sono poi così determinanti; anzi, possiamo affermare che il legame è esattamente l’opposto: è la politica internazionale che influenza la politica interna, e questo per almeno 2 ragioni: 
− La politica internazionale, e in particolare la guerra, delimita il contesto in cui si svolge il confronto tra le fazioni ⇒ è la guerra che scatena i dissidi interni. Il racconto della guerra civile a Corcira nel Libro III viene utilizzato proprio come un punto di partenza per una serie di generalizzazioni che riguardano eventi simili, scontri civili anche in altre città greche. E che la guerra civile sia legata alla guerra “internazionale” viene chiaramente affermato da Tucidide, nel “capitolo terribile”: Quando splende la pace e l’economia è florida, le città e i privati godono di più limpidi intelletti, poiché non sono ancora inchiodati a fronteggiare ristrettezze implacabili. La guerra, invece, che strappa dalla vita il quotidiano piacere della prosperità, è una maestra brutale e sa porre a modello, per orientare e accendere le passioni della folla, le circostanze del momento (III.82). 
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Tutto ciò che si svolge all’ombra della guerra non può che risentirne, incluso il confronto tra partiti, che in tempo di pace riescono a dialogare pacificamente, ma in tempo di guerra risentono delle condizioni eccezionali in cui si trovano. 
Inoltre, in tempo di pace le fazioni non hanno alcun pretesto per invocare l’intervento di potenze esterne, cosa che succede invece durante la guerra. 
Finché si giunge al punto in cui l’interesse nazionale perde ogni significato, perché sopraffatto dall’interesse di singole fazioni o di singoli individui ⇒ si torna ad una sorta di Stato di natura anche all’interno degli Stati, un ritorno innescato però da una variabile esterna – la guerra. 
− Frequentemente osserviamo che gli Stati descritti da Tucidide, anche se sono afflitti da conflitti interni, decidono da che parte schierarsi sulla base di un loro interesse nazionale – a cominciare dalla ricerca dell’autonomia – , più che sulla base dell’ideologia. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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