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"Storie” di Tucidide Libro IV : L’episodio di Pilo; la campagna di Brasida in Tracia

"Storie" di Tucidide Libro IV : L’episodio di Pilo; la campagna di Brasida in Tracia 

Nel IV Libro delle Storie, si possono identificare 4 episodi principali, e più precisamente: 
1. Episodio di Pilo 
A prima vista, questo episodio appare come esclusivamente militare, ma, per come nasce, per come si sviluppa e per come si conclude, questo episodio rappresenta un successo inatteso, insperato, quasi casuale che, come tale, dovrebbe suggerire moderazione e prudenza da parte degli Ateniesi, e invece, per la loro indole (o carattere nazionale) non sono affatto contenti di quanto ottengono. 
In questo episodio, Tucidide riporta solo un discorso, quello degli ambasciatori spartani ad Atene, nel quale chiedono fondamentalmente la pace, suggerendo anche agli Ateniesi di non farsi sviare da quell’improvviso colpo di fortuna. Atene dovrebbe essere più moderata nelle sue richieste (elemento evidenziato dallo stesso Tucidide), cioè di avere salvo l’onore e di tornare ad una situazione di status quo ante, attraverso il reciproco riconoscimento delle sfere di influenza ⇒ si chiede fondamentalmente ad Atene di contenere il proprio imperialismo. 
Tutto l’episodio di Pilo è, dall’inizio alla fine, paradossale, perché nasce in maniera del tutto casuale. Demostene è diretto con parte della flotta ateniese a Corcira. NB: a Demostene fu rilasciato su sua espressa richiesta il permesso di impiegare, a proprio criterio, queste forze navali (cap.2) ⇒ la flotta ateniese parte senza neanche avere una precisa missione. Demostene vorrebbe comunque fermarsi a Pilo e fortificare la zona, ma gli altri strateghi non sono d’accordo, ma sono costretti a fermarsi, quando il caso scelse di scatenare una tempesta che trascinò la flotta a Pilo (cap.3). Poiché il maltempo continua e i soldati cominciano ad annoiarsi, si decide di fortificare la zona, giusto per passare il tempo (cap.4) e in sei giorni gli Ateniesi armarono l’ala della piazzaforte rivolta all’interno della regione (cap.5). 
Gli Spartani inizialmente decidono di ignorare la cosa, perché impegnati nella campagna in Attica, in seguito diedero con urgenza l’ordine di intervenire, rendendosi conto della gravità della situazione = Atene stava fortificando un territorio spartano (cap.6). 
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La situazione diventa paradossale, dal momento che gli Ateniesi si trovano a combattere sulla terraferma, mentre gli Spartani sul mare: così la fortuna invertì il consueto corso. Gli Ateniesi si stavano difendendo da una posizione terrestre… dagli assalti nemici, inferti dal mare; mentre gli Spartani tentavano con la marina lo sbarco sulla propria terra che l’occupazione di un contingente ateniese rendeva a loro stessi ostile (cap.12). Questa “inversione dei ruoli” viene ripresa anche nel cap.14. 
Durante la battaglia intorno a Pilo, un contingente spartano viene intrappolato sull’isola di Sfacteria. Sebbene si tratti di pochi spartiati, l’episodio rappresenta comunque un colpo per Sparta, fino a spingerla a trattare con Atene ⇒ si giunge ad una tregua, che prevede, tra le altre cose, la consegna della flotta spartana, mentre gli Ateniesi, a loro volta, si impegnavano a restituirle, una volta conclusa la tregua (cap.16). 
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Ambasciatori spartani vengono mandati ad Atene per trattare addirittura la pace. 
Nel loro discorso, gli ambasciatori spartani si appellano a ciò che è utile per Atene: con la missione di indurvi a un accordo che non solo riesca di vantaggio a voi, ma che anche, rispetto al disastro che ci ha colti e nei limiti delle circostanze attuali, rispetti al più alto grado la nostra dignità (cap.17). 
Secondo gli Spartani, gli interessi per Atene consistono nel cogliere l’attimo propizio, senza tirare troppo la corda, perché quanto successo a Pilo non è frutto dell’inferiorità e dell’impreparazione militare spartana, ma esclusivamente del Caso: la sventura ci ha toccati non in un momento di flessione della nostra potenza bellica… disponevamo di risorse inalterate quando siamo incappati in un errore di valutazione: difetto in cui è naturale cadere, per tutti gli uomini indistintamente ⇒ se gli Ateniesi sono saggi, non devono basare la loro politica sull’episodio fortunato di Pilo: la prosperità attuale del vostro paese, resa anche più florida dai recenti possessi, non vi seduca né v’illuda che la brezza della fortuna indulgente gonfierà sempre le vostre vele (cap.18). 
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Nel cap.19, nell’offerta di pace spartana, si può ben vedere la classica dicotomia tra 
− una pace di imposizione: quando un avversario, prevalendo per il maggior corso della guerra, acceso da un sentimento di rivalsa, tronca il conflitto opprimendo il nemico; 
− una pace di compromesso: quando, pur serrando nel pugno la forza di imporre quei vincoli, si limita a un trattato onorevole. 

Gli Spartani sottolineano le virtù di una pace di compromesso e i difetti di una qualsiasi pace di imposizione: la pace di compromesso è più stabile, perché non lascia alcun desiderio di rivalsa in nessuna delle due parti coinvolte ⇒ se il vincitore si dimostra magnanimo, il vinto sarà battuto una seconda volta, perché, dato questo atteggiamento generoso da parte del vincitore, sarà portato a rispettare la pace e le condizioni impostegli: se l’avversario non concepisce in sé, umiliato e dolente, il dovere di tramare la rappresaglia, ma di ripagare un beneficio, sarà più pronto, per un sentimento d’onore, a rispettare i patti sottoscritti… poiché vige nell’umanità l’istinto di arrendersi serenamente di fronte a chi, a propria volta, mostra la volontà di cedere e di cimentarsi invece, con forsennato slancio, contro la dirupata protervia degli orgogliosi ⇒ se gli Ateniesi continueranno a mantenere una politica oltranzista, rifiutando ogni forma di compromesso, allora saranno orgogliosi e, come tali, verranno combattuti fino in fondo dagli Spartani. 
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Ma gli Ateniesi, che potevano disporre della vita o della morte di quegli uomini sull’isola, ritennero di poter ormai considerare sicura la facoltà di costringere Sparta, in qualsiasi momento, ad un accordo: quindi manovravano per aumentare le loro richieste (cap.21). 
Inevitabilmente, le ulteriori richieste degli Ateniesi, capeggiati da Cleone, non vengono accolte dagli ambasciatori spartani. Cleone, infatti, chiedeva la restituzione dello status quo ante = i territori che erano stati ceduti da Atene durante la Tregua dei Trent’anni ⇒ i colloqui falliscono. 
Gli Spartani tornano a Pilo e pretesero la restituzione delle navi, come prevedeva la convenzione, ma gli Ateniesi… si rifiutarono in definitiva di ridare la squadra (cap.23), con un pretesto. 
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Così le ostilità avvamparono con inaudita violenza intorno a Pilo (cap.23). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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