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Trattative tra alleati

Le trattative tra gli alleati possono verificarsi all’interno di un’ampia gamma di possibili accordi, in cui l’esito per le parti è comunque migliore di quello che si avrebbe dal continuare a restare in disaccordo ⇒ se il continuo disaccordo significa il collasso dell’alleanza, allora il punto estremo di questa gamma equivale al comune interesse di far sopravvivere l’alleanza stessa. 
− Se la gamma di trattativa è stretta, gli interessi comuni sono minori rispetto a quelli conflittuali ⇒ si parlerà di “hard bargaining”, in cui sarà particolarmente difficile trovare un accordo. 
− Se la gamma di trattative è ampia, gli interessi comuni prevalgono su quelli in conflitto ⇒ si parlerà di “soft bargaining”. In pratica, si tratta di un “gioco di pura coordinazione”, in cui non c’è conflitto, e l’unico problema è di massimizzare l’efficacia dell’azione comune. 

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La maggior parte delle trattative interalleate seguirà, probabilmente, questa seconda tipologia: infatti, ci si aspetta che, in mancanza di una prevalenza di interessi comuni, l’alleanza non si sarebbe nemmeno formata. Tuttavia, quando la mutua dipendenza diminuisce, la gamma di trattative si restringerà e il raggiungimento di un accordo diventerà sempre più difficile. È un altro modo per dire che, una volta diminuita la minaccia, anche la coesione interna dell’alleanza diminuirà. 
Secondo M. Cesa, Snyder ha il grande merito di aver tracciato uno schema teorico-concettuale innovativo, che coniuga una prospettiva strutturale con la particolare posizione sistemica tenuta dai singoli Stati. 
TUTTAVIA, anche Snyder mantiene una concezione sostanzialmente tradizionale delle alleanze = semplici mezzi per proseguire il conflitto con Stati terzi, strumenti che si risolvono essenzialmente nell’unione delle forze proprie e quelle altrui. 
E la sua accentuazione sulle alleanze difensive limita in modo sostanziale la sua analisi. Secondo Snyder, le alleanze difensive svolgono 2 funzioni: 
− l’identificazione del nemico 
− l’aggregazione di potenza. 

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Una volta concluse, diventa cruciale, quasi automaticamente, difendere l’alleato. 
MA se le cose fossero davvero così lineari, non si capirebbero i voltafaccia tanto frequenti nei rapporti tra alleati o la voluta ambiguità che spesso caratterizza il testo in molti trattati. Solo la guerra, in molti casi, è il vero banco di prova di un’alleanza. 
Si osserva di solito che le alleanze la cui formazione e conservazione sono più probabili sono quelle i cui membri hanno sostanziali interessi in comune ⇒ i costi sono più contenuti. 
Quando invece non si hanno molti interessi condivisi, i costi sono alti (perché le parti si impegnano per una causa che non è la loro), mentre i benefici sono modesti (perché non ci si può fidare troppo dell’alleato). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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