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Alleanza di stallo: Francia e Austria (1756-1785)

Alleanza di stallo: Francia e Austria (1756-1785)

L’alleanza tra l’Austria e la Francia, stipulata nel 1756 e mantenuta in vita, almeno sulla carta, sino al 1792, illustra bene, secondo Cesa, le caratteristiche dell’alleanza di stallo. I 2 paesi si uniscono alla vigilia della guerra dei Sette anni (1756-1763), per ragioni tradizionali di potenza e di sicurezza. Entrambi ne escono molto delusi. Eppure, entrambi decidono di mantenere il loro legame, soprattutto perché esso dà a ciascuno uno strumento per controllare l’altro, e poi perché senza di esso si troverebbero probabilmente ancora a combattersi, come in passato. 
In effetti, si è notato che si tratta di un tipo di alleanza più comune nel secolo successivo, un patto volto alla gestione e al reciproco condizionamento, non all’aggregazione di potenza e all’espansione, come osserva P. Schroeder. 
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L’alleanza finisce con lo scoraggiare le loro iniziative destabilizzanti, contribuendo così in modo indiretto al mantenimento della pace in Europa, oltre a permettere, paradossalmente, ai loro avversari di consolidarsi ulteriormente (la Prussia) o, addirittura, di divenire minacce egemoniche (Gran Bretagna e Russia). 
Il sistema degli Stati europei, alla metà del XVIII secolo, forma un assetto pentagonale privo di un attore nettamente dominante sugli altri: 
− al tramonto della Spagna e delle Province Unite segue l’ascesa della Prussia e della Russia; 
− la Gran Bretagna continua a far sentire il suo peso sui mari; 
− la Francia e l’Austria sono reduci da una guerra – quella di Successione austriaca (1740-48) – che è stata per loro un fallimento e che ha mostrato i loro limiti finanziari e, nel caso austriaco, anche militari e amministrativi. 

Tuttavia, in questo sistema internazionale composto da Stati sostanzialmente alla pari, la Francia e l’Austria sono probabilmente le più grandi potenze continentali, in termini di popolazione, di potenziale militare, di tradizioni diplomatiche e di prestigio. 
Un simile rapporto di sostanziale parità può essere colto anche all’indomani della guerra dei Sette anni, dato che i 2 paesi sono quelli che ne escono nel peggiore dei modi. 
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Proprio come la Francia non ha alternative all’alleanza con l’Austria se vuole mantenere quella pace continentale così necessaria per le sue finanze e per continuare la lotta oceanica con la Gran Bretagna, così l’Austria non ha alternative all’alleanza con la Francia, soprattutto dopo che la Prussia e la Russia si sono a loro volta alleate nel 1764. 
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L’alleanza sopravvive, ma non sarà mai popolare in nessuno dei 2 paesi. 
Che i 2 paesi siano sensibili a sollecitazioni profondamente diverse è già evidente durante i lunghi e laboriosi negoziati che precedono la firma del trattato originario. 
E tali divergenze si mostrano con chiarezza anche durante la guerra dei Sette anni, che, per l’Austria, ha l’obiettivo di riprendere la Slesia e di annientare la Prussia, mentre per la Francia la guerra contro l’Inghilterra, sui mari e in America, è decisamente più importante. 
E i nemici resteranno diversi anche dopo il 1763. 
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Qui, di causa comune in senso stretto non si può proprio parlare: infatti, malgrado gli scacchieri siano in certo modo collegati, essi costituiscono, in effetti, 2 scenari separati. 
Dal punto di vista francese, l’alleanza con l’Austria alla vigilia della guerra dei Sette anni sembra un abile espediente per neutralizzare l’unica grande potenza ostile (e tradizionalmente alleata della Gran Bretagna). 
Lo scoppio imprevisto delle ostilità trasforma poi questo abile espediente in un dispositivo diplomatico-militare disastroso che contribuisce a far materializzare proprio lo scenario che si intendeva scongiurare = una guerra su 2 fronti. 
L’antagonismo tra la Francia e la casa d’Austria era stato quasi un assioma della politica europea dall’inizio dell’età moderna ⇒ la riconciliazione di queste 2 grandi potenze viene considerata la più grande di tutte le rivoluzioni diplomatiche. 
MA l’esperienza della guerra di Successione austriaca ha insegnato a Kaunitz quanto poco affidamento l’Austria possa fare sulla Gran Bretagna, tanto che, già durante la guerra e poi in occasione dei negoziati per la pace di Aquisgrana (1748), egli tenta qualche apertura in direzione della Francia. 
Kaunitz torna a corteggiare la Francia nel 1755, sempre convinto che l’appoggio di Parigi sia essenziale per contenere la Prussia e riconquistare la Slesia. Ma dato che la Francia si rifiuterebbe sicuramente di far parte di un’alleanza offensiva, occorre anzitutto convincerla a prendere parte ad un dispositivo esclusivamente difensivo, che comprenda garanzie ai Paesi Bassi e la rinuncia da parte francese ad attaccare l’Hannover. 
MA, anche se Luigi XV non disprezza l’offerta di Vienna, i suoi consiglieri sono contrari. 
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Le 2 posizioni negoziali sono molto distanti, all’inizio. 
Alla fine, la prospettiva che la Gran Bretagna possa riuscire a conciliare nuove e vecchie alleanze, evocando lo spettro di una Francia isolata, porta al Primo Trattato di Versailles (1756), composto da 2 convenzioni, una di neutralità, l’altra di alleanza difensiva, + 5 articoli segreti ⇒ un impegno volto a negarsi reciprocamente il ripristino del vecchio sistema di alleanze. 
NB: dal testo delle convenzioni e degli articoli non traspare affatto che la Francia si ritenga impegnata a partecipare ad un attacco austriaco contro la Prussia. Vero è, casomai, che gli accordi implicano per la Francia il rischio di una guerra continentale scatenata da un attacco prussiano, mentre l’Austria non dà alcuna garanzia alla Francia in caso di attacco britannico. 
Alla base di questo accordo senza dubbio squilibrato, sta il malinteso di fondo di un trattato solo in apparenza difensivo. 
Sorpresa dalla mossa di Federico, la Francia a questo punto cede agli argomenti di Kaunitz ⇒ viene firmato il Secondo Trattato di Versailles (1758) = un insieme senza precedenti di impegni militari e finanziari, che costituiscono una vera rottura con il passato, per quanto momentanea. 
Tuttavia, la coalizione antiprussiana, formidabile sulla carta, rivela ben presto un’intrinseca debolezza, riflesso dei diversi obiettivi di guerra perseguiti dagli alleati. Inoltre, con le prime sconfitte riemergono gli antagonismi storici, come quello tra la Francia e la Russia nell’est europeo, né gli alleati hanno una vera esperienza di guerre di coalizione ⇒ tutto ciò rende problematico quel coordinamento di mosse e di decisioni che avrebbe trasformato il loro potenziale militare in uno strumento irresistibile. 
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Fallito l’obiettivo di una vittoria rapida, la Francia avverte ben presto che i costi enormi imposti dal Secondo Trattato di Versailles riducono i mezzi a sua disposizione nella lotta per lei più importante. 
Eppure, svincolarsi dalla stretta austriaca appare molto problematico, perché il tentativo di ripudiare gli impegni assunti potrebbe portare alla fine dell’alleanza con l’Austria, cosa che renderebbe alla Gran Bretagna una notevole libertà di azione sul continente ⇒ mai come in queste circostanze il vincolo di non rompere si fa sentire con tutto il suo peso. 
L’unico modo per togliersi dall’impiccio sembra essere una pace immediata con la Gran Bretagna ⇒ si giunge al Terzo trattato di Versailles (1759), che sancisce il “principio della separazione tra 2 guerre”, in base al quale: 
− la Francia rinuncerà ai Paesi Bassi, diventerà “potenza ausiliare” e si impegnerà a non negoziare senza l’Austria; 
− l’Austria, che non prende parte alla guerra contro la Gran Bretagna, non avrà titolo di opporsi ai colloqui tra gli inglesi e i francesi, volti a chiudere il loro particolare conflitto. 

MA il piano di un negoziato bilaterale anglo-francese suscita molte resistenze, da parte tanto della Prussia, quanto dell’Austria, le quali, temendo di essere abbandonate, si attaccano alla lettera dei loro trattati. Anzi, l’Austria firma, nel 1760, un accordo con la Russia, mutua assicurazione nei confronti di quelle concessioni che la Francia vorrebbe forse imporre loro. 
L’alleanza franco-spagnola (1761) e il ritiro della Russia dalla guerra a seguito della morte di Elisabetta (1762) rimescolano ancora le carte, rallentando ulteriormente il processo di pace. 
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Nell’imminenza della defezione russa, è l’Austria, adesso, che preme per una pace rapida, mentre la Francia non desidera affatto giungere ad un accordo giudicato ora prematuro. Di nuovo, i 2 alleati si ostacolano a vicenda, senza riuscire a coordinare le loro mosse. 
L’incertezza, però, non durerà che qualche mese: infatti, i nuovi successi inglesi e prussiani spingeranno tutte le parti in causa a chiudere rapidamente i negoziati di pace nel 1763: 
− la Pace di Hubertsburg tra la Prussia e l’Austria, si limita a ripristinare le status quo ante bellum; 
− la Pace di Parigi, invece, segna un pesante bilancio per la Francia, esclusa dall’America settentrionale e dell’India, a tutto vantaggio della Gran Bretagna. 

Anche se il periodo che va dal 1763 al 1774 è di solito considerato la fase più tranquilla dell’alleanza, è proprio in questi anni che si registra un evento che compromette in modo molto serio la posizione francese nell’est europeo = la prima spartizione della Polonia (1772) ⇒ scelta in larga misura obbligata, che riflette una maggiore importanza attribuita alla lotta navale e commerciale con la Gran Bretagna, o semplicemente frutto di una mediocre diplomazia ufficiale ostacolata da un’inconcludente diplomazia segreta, la politica della Francia assiste impotente alla mutilazione della Polonia. 
Kaunitz, alla fine, punterà il dito proprio sulla debolezza e sul disinteresse francese: per quanto possa suonare strano, infatti, per l’Austria la spartizione è stata il male minore, ma pur sempre un male, perché da essa hanno tratto profitto anche la Russia e, peggio, la Prussia (NB: Vienna era in primo luogo interessata a conseguire vantaggi unilaterali). 
Nel corso del 1783, l’alleanza austro-francese tocca uno dei punti più bassi della sua storia: entrambe le parti giungono sull’orlo della rottura, ma entrambe, alla fine, fanno un passo indietro: l’Austria è sensibile a ciò che accade attorno a lei, a cominciare dall’inarrestabile declino dell’impero ottomano e dei disegni che il potente vicino russo coltiva al riguardo. La Francia, dal canto suo, per quanto distratta dalla guerra contro la Gran Bretagna, non può assecondare l’annientamento dell’Impero ottomano, né al tempo stesso ha i mezzi per intervenire direttamente. 
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Se il bilancio per l’Austria è sicuramente negativo, che dire della Francia? 
− È vero che si è impedito lo smembramento dell’impero ottomano, ma non si è bloccata l’infiltrazione russa verso il mar Nero. 
− È ben vero che l’Austria è stata contenuta, impedendole di ingrandirsi, ma a questo si è sacrificato l’Egitto: la Francia, infatti, rinuncia ad un’acquisizione che avrebbe molto probabilmente avuto un grande valore e che avrebbe risollevato il prestigio della monarchia dopo l’infelice esperienza della guerra dei Sette anni. 
− È ben vero che la diplomazia francese ha continuato ad influenzare la politica estera ottomana, ma alla fine il ruolo di protettore della Porta passa alla Prussia e alla Gran Bretagna ⇒ il ruolo francese nell’Europa orientale subisce un ulteriore ridimensionamento. 
Vediamo anche in questo caso quali sono le principali proposizioni teoriche dell’alleanza in esame: 

Proposizione teorica 
Dal momento che gli interessi in conflitto sono valutati tanto importanti, se non addirittura più importanti di quelli in comune, ogni alleato tenderà a imporre la propria volontà all’altro nell’ambito di una contrattazione coercitiva, il cui fine è piegare l’alleanza ai propri scopi. 
In un’alleanza eterogenea, però, un rapporto di potere simmetrico implica che nessuna delle 2 parti la possa spuntare facilmente ⇒ i negoziati sono fatti di offerte e rifiuti, richieste e dinieghi ⇒ reciproche recriminazioni, mutuo sospetto e risentimento, il cui risultato più probabile è uno stallo, o comunque un esito che non avvantaggia nessuna delle 2. 
Al tempo stesso, c’è un limite ben preciso oltre il quale nessuno dei 2 osa spingersi = la possibilità di rottura dell’alleanza. 
Non rompere implica naturalmente continuare a condizionare, non rendere all’altro la sua libertà di manovra.
Nell’alleanza di stallo, le parti sono particolarmente sensibili al problema dei guadagni relativi. 
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L’eterogeneità e la simmetria rendono più probabile che le occasioni di collaborazione dalla parte che ne trarrebbe un vantaggio vengano lasciate cadere dalla parte che ne trarrebbe un vantaggio minore dell’altra. E dato che l’alleanza è alla pari, l’opposizione di uno è sufficiente a bloccare l’altro.
Quanto poi ai rapporti con gli avversari, dato che non esiste un nemico comune, il rischio di rimanere intrappolati combattendo la guerra sbagliata è particolarmente pronunciato. 
D’altra parte, la pari forza negoziale degli alleati farà sì che nessuno dei 2 sia disposto a cedere facilmente alle richieste e alle pressioni dell’altro. 
I nemici dell’uno, insomma, sono un punto di riferimento per l’altro, con un importante limite: l’alleanza deve essere comunque mantenuta, anche perché questo è il solo modo di evitare di conferire un potere eccessivo ai rispettivi “terzi”.

Francia e Austria 
Le vicende che portano al primo trattato di Versailles hanno già suggerito qualcosa, al riguardo: l’accordo è lungi dall’essere ideale per l’Austria, ed è accolto con riluttanza anche in Francia. La seconda, in fondo, lo accetta non tanto perché schiacciata dalla forza negoziale della prima, ma perché è convinta che la Prussia non attaccherà. 
Quando Federico invade la Sassonia, poi, è ben vero che Luigi XVI finirà col scendere a fianco dell’Austria, ma anche questa decisione riflette un calcolo indipendente, ma sbagliato = il conflitto sarà breve. 
Successivamente, preso atto del costo eccessivo della guerra continentale, la Francia avrà la forza di svincolarsi dalla presa austriaca, ridimensionando la portata del suo impegno. 
Per quanto entrambi i paesi siano scontenti del risultato della loro alleanza, nessuno dei 2 giunge a prendere seriamente in considerazione una rottura. 
Per la Francia, fintantoché l’Austria può essere trattenuta dal tentare avventure, l’alleanza è vantaggiosa, perché ha il merito di mantenere la pace in Europa. 
Per Kaunitz, l’alleanza con la Francia ha il merito, se non altro, di mantenere la pace in Italia e nei Paesi Bassi, 2 regioni nelle quali l’Austria si sente particolarmente vulnerabile.
Non è chiaro se l’Austria sarebbe stata disposta davvero a concedere compensi alla Francia per ottenerne l’appoggio sull’annessione della Baviera, ma è chiaro che lo scambio sarebbe stato assai più conveniente per l’Austria che per la Francia. 
Parimenti, in Austria ci si rallegra delle difficoltà interne, a cominciare da quelle finanziarie, in cui si dibatte l’alleato, soprattutto dopo la sua partecipazione alla guerra di Indipendenza americana (1776-83): una Francia più debole = una Francia più malleabile e, in definitiva, una maggiore libertà di manovra.
Ammaestrata dalle vicende della guerra dei Sette anni, la Francia starà sempre ben attenta a non farsi coinvolgere più in un conflitto vantaggioso solo per l’Austria, tanto nel caso delle 2 crisi bavaresi, quanto in occasione della disputa con le Province Unite nei Paesi Bassi. 
Proprio come la Francia non ne vuole sapere di mettersi contro la Prussia a tutto vantaggio dell’Austria, così l’Austria non se la sente di combattere né la Gran Bretagna né la Russia a tutto vantaggio della Francia. Anzi, con la Russia giungerà persino ad allearsi, nel 1781.

Troppo deboli per fare da soli, troppo forti per essere spinti verso una direzione sgradita, i membri di un’alleanza di stallo si neutralizzano a vicenda. Si ricorderà che, secondo P. Blau, se B ha bisogno di un servizio offerto da A, esso ha le seguenti alternative: 
a. può dare ad A, in cambio, un servizio che A desidera 
b. può ottenere quel servizio altrove 
c. può rassegnarsi e farne a meno. 

Ma se B non può fare nulla di tutto questo ⇒ è in potere di A. 
L’Austria cercherà a più riprese di mettere in atto la prima strategia, offrendo alla Francia tutta una serie di compensi per il suo aiuto diretto o indiretto, ma la Francia rinuncerà sempre. 
L’Austria cercherà anche appoggio altrove, in particolare nella Russia, ma con una certa riluttanza e senza avere molto successo. 
Non si può neppure dire che l’Austria si rassegni e faccia deliberatamente a meno dei servizi francesi. 
È ben vero che l’Austria non blocca la Francia in modo speculare, se non altro perché a Versailles si guarda in un’altra direzione e non si coltivano disegni di ingrandimento in Europa. Ciò detto, però, se un’Austria svincolata può sempre unirsi alla Gran Bretagna, o prendere iniziative che danneggino gli interessi francesi, anche la Francia ha bisogno dei servizi austriaci, non può cercarli altrove né è in grado di offrire in cambio alternative che potrebbero placare l’alleato ⇒ la politica estera francese è comunque condizionata dall’esistenza di questo legame. 
L’alleanza di stallo viene meno, formalmente, quando uno dei suoi elementi costitutivi si altera: 
− l’eterogeneità può farsi tanto acuta da rendere le interazioni tra gli alleati puramente conflittuali, oppure può stemperarsi, lasciando più spazio alla cooperazione; 
oppure, 
− i rapporti di potere e di dipendenza cessano di essere simmetrici, e uno è in grado di trascinare l’altro con sé, oppure si svincola dalla presa dell’altro, perché trova appoggio in un nuovo alleato, o perché il vecchio alleato non è più in grado di svolgere il suo ruolo. Questo è ciò che accade nella seconda metà del decennio, quando la Francia assiste impotente all’intervento prussiano nelle Province Unite (1787). 

Ancora una volta, l’Austria e la Russia, nel 1788, si rivolgeranno contro l’Impero ottomano, ancora cercheranno di coinvolgere la Francia, che però ancora una volta dirà di no. Ma a questo punto il paese è già completamente assorbito dalla sua crisi interna e ha cessato di essere attivo sulla scena internazionale ⇒ è la Francia che abbandona la partita. 
È ben vero che le vicende del 1783 e del 1785 hanno allontanato l’Austria in modo forse definitivo, ma l’alleanza termina, nei fatti, soprattutto a causa della crisi interna di uno dei suoi membri. E, ultimo paradosso, tale crisi è almeno in parte riconducibile proprio al trattato del 1756: la Francia non aveva più ambizioni territoriali, soddisfatta com’era dello status quo. Ma questo atteggiamento è stato l’ostacolo più grande sulla strada di una fattiva collaborazione con l’Austria, e certamente questo atteggiamento ha impedito anche alla Francia di ottenere risultati tangibili ⇒ tutto ciò è un ulteriore fonte di grave discredito per il governo, incolpato, tra l’altro, anche dell’innegabile ridimensionamento internazionale della posizione francese. 
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Non sorprende che le energie rivoluzionarie si dirigeranno ostili, sin dall’inizio, nei confronti degli altri paesi, e in primo luogo proprio dell’Austria. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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