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La teoria dei modelli

La teoria dei modelli non permette né allo stratega di sapere in anticipo la manovra che egli dovrà compiere, né allo storico di prevedere che cosa sarà un dato sistema, pluripolare o bipolare. Si possono al massimo notare alcuni caratteri strutturali di un sistema bipolare. Forse esso non è, in quanto tale, più instabile o più bellicoso di un sistema pluripolare, ma è certamente più minacciato da una guerra generale e implacabile. Infatti, se tutte le unità politiche appartengono all’uno o all’altro campo, qualsiasi conflitto locale interessa il sistema nel suo insieme ⇒ in mancanza di un “terzo uomo” avente funzione di arbitro o di sostegno, i 2 grandi si trovano perpetuamente in conflitto, direttamente o per interposta persona. Per mettersi d’accordo, dovrebbero prima tracciare una linea di demarcazione, distribuirsi le zone di influenza e proclamare il divieto di dissidenza. Sembra che in Grecia siano esistite regole di questo tipo nel periodo che precedette la guerra del Peloponneso: era difficile alle 2 polis che erano alla testa delle rispettive coalizioni, rispettare tali regole, e ancora più difficile imporne il rispetto ai rispettivi alleati. In un sistema di questo genere, infatti, la sorte dei satelliti è ad un tempo l’occasione e la posta dei conflitti tra i grandi: dipende dalla rigidità o dalla malleabilità delle coalizioni che la responsabilità dei conflitti incomba soprattutto ai capi o ai satelliti. 
Nella Grecia descritta da Tucidide, la supremazia di Atene sui mari e la supremazia di Sparta sulla terraferma non erano decisive: bastavano le flotte di Corcira, di Mitilene o di Corinto per modificare il rapporto delle forze ⇒ i grandi non comandavano sovranamente ai loro alleati e costoro potevano spingere i propri capi, se erano in gioco i loro interessi, verso l’avventura della lotta all’ultimo sangue. 
Certamente, Sparta ed Atene sono in una classe a se stante. Durante la Guerra Fredda, Aron ha coniato un’espressione per definire Stati Uniti ed Unione Sovietica, per lui “fratelli nemici” = 2 Stati, nemici per posizione, ma anche “fratelli”. Volendo applicare questa espressione alle 2 superpotenze greche, possiamo osservare, come punto di contatto, di “fratellanza”, che esiste per entrambe un forte incentivo a scoraggiare l’emergere di un terzo polo. Ne è prova il fatto che, dopo la pace di Nicia, quando i Corinzi cercano di allearsi con Atene, questa li “rimanda” dagli Spartani, quasi come se esistesse una sorta di tacita intesa, per cui, da un lato c’è competizione, ma dall’altro c’è anche condominio. 
Del resto, sia Sparta sia Atene sono grandi potenze, con esperienze simili e non è sorprendente che si capiscano a vicenda. Si ricordino le parole degli Ateniesi ai Meli: non è chi domina su altre genti, come ad esempio Sparta, la sorgente più viva di terrore per i vinti; i soggetti piuttosto devono incutere l’angoscia (V.91) ⇒ gli Ateniesi temono più i loro soggetti che gli Spartani, tanto che un commentatore del III secolo ha usato la già citata espressione “un tiranno non odia un altro tiranno”, perché entrambe capiscono le esigenze reciproche. 
Infine questo sistema fa sì che sia quasi inevitabile che la guerra generale diventi guerra ideologica: è raro che i 2 grandi abbiano le medesime istituzioni, soprattutto quando i principi delle loro forze militari non sono gli stessi. Ad esempio, all’interno delle polis si formano fazioni, le une favorevoli alla pace, le altre alla guerra, le une favorevoli a uno dei 2 grandi, le altre all’altro ⇒ a poco a poco, tutte le polis sono divise tra partigiani di una delle coalizioni e partigiani dell’altra e ciascuna delle 2 coalizioni sfrutta queste discordie intestine per indebolire le polis nemiche. 
In questo quadro altamente competitivo, rientrano anche altre caratterizzazioni: 
− la neutralità: i 2 casi che meglio simboleggiano gli inevitabili problemi della neutralità: Melo e Camarina. Entrambi sono attori medio-piccoli, in una posizione delicatissima ⇒ la lezione che si può trarre da questi 2 casi è che per uno Stato medio-piccolo, la neutralità è una scelta molto pericolosa. La maggiore differenza tra i 2, comunque, resta il fatto che Melo è completamente isolata, simboleggiando la debolezza del diritto di fronte alla forza, mentre Camarina è in una situazione leggermente migliore, perché è corteggiata da entrambi i contendenti, ed assurge così a simbolo di una politica realistica = aspettare per poi schierarsi dalla parte del vincitore. 
− i tipi di pace: si pensi all’offerta spartana dopo Pilo, rappresentativa di quella che può essere chiamata una “pace di conciliazione”, perché se il vincitore si dimostra generoso e moderato nelle sue richieste, allora il vinto sarà vinto 2 volte: non solo dal punto di vista strettamente militare, ma anche dal punto di vista di reciprocità, di obbligo, di riconoscenza. Al contrario, una pace di imposizione è più instabile, perché, appena ne avrà l’occasione, la parte vinta si vendicherà. (A tal proposito, è utile ricordare le conseguenze del Trattato di Versailles sul comportamento tedesco nel periodo tra le 2 guerre mondiali, che dimostra a pieno i rischi di una pace di imposizione). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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