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Quando l’ideologia diventa un elemento chiave per la nascita di alleanze?

Quando l’ideologia diventa un elemento chiave per la nascita di alleanze? 

1. una prima variabile è, come appena visto, il tipo di ideologia, se essa cioè è unificante o divisiva; 
2. è molto probabile che gli Stati seguano le loro preferenze ideologiche solo quando essi si sentono già sicuri. Quando invece essi si trovano di fronte ad un grande pericolo, essi cercheranno alleati in ogni direzione ⇒ considerazioni di sicurezza hanno in definitiva la precedenza sulle considerazioni ideologiche; 
3. quando regimi deboli o instabili basano la loro legittimità su assunti ideologici, questa loro base può influenzarne le scelte negli allineamenti. In particolare, i regimi deboli potrebbero tentare di migliorare la loro popolarità cercando l’amicizia di un movimento largo e popolare (si pensi ad esempio l’entrata di Cuba nel mondo comunista); 
4. bisogna stare attenti a non esagerare l’apparente importanza dell’ideologia: spesso infatti gli statisti tendono ad usare una retorica esagerata, tendendo a descrivere gli alleati in termini assolutamente positivi, affermando l’esistenza di una forte affinità ideologica (anche laddove tanto forte non è). 

Un’altra ipotesi circa la formazione delle alleanze riguarda l’assistenza militare o economica ⇒ maggiore è l’aiuto offerto, più stretta sarà l’alleanza che ne risulterà. 
Sostenere questa ipotesi è, però, per Walt, incorretto: infatti, l’idea secondo cui gli aiuti stranieri provocano allineamenti ignora il fatto che l’assistenza economica o militare viene di solito offerta e accettata solo se entrambe le parti ritengono sia nel loro interesse. In particolare, offrire o accettare assistenza è un modo con cui gli Stati con diverse capacità rispondono ad una minaccia comune ⇒ secondo Walt sarebbe più corretto affermare che un rapporto di assistenza è più il risultato di un’alleanza che la vera causa di esso. 
Infine, la quinta ed ultima ipotesi circa l’origine delle alleanze analizzata da Walt riguarda gli effetti della penetrazione transnazionale = la manipolazione del sistema politico interno di uno Stato da parte di un altro Stato. 
Questa penetrazione transnazionale può assumere 3 diverse forme: 
1. ufficiali pubblici, il cui supporto è diviso, possono usare la loro influenza che spingere l’intero paese ad avvicinarsi ad un altro; 
2. alcune lobby possono usare vari mezzi per alterare la percezione pubblica e le decisioni politiche riguardanti un potenziale alleato; 
3. la propaganda estera può essere utilizzata per controllare élite e opinione pubblica. 

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Queste ipotesi affermano che le alleanze possono formarsi direttamente attraverso la manipolazione di governi stranieri, attraverso canali indiretti di influenza. 
Tuttavia, secondo Walt, anche per questa ipotesi vale quando già detto per l’assistenza straniera: contratti diffusi tra 2 Stati sono molto più probabilmente il risultato di interessi comuni e di una stretta alleanza, più che la causa di esso. 
Volendo approfondire la questione balancing/bandwagoning, Walt si propone di rispondere ad alcune domande fondamentali: 

1. Quale dei 2 è l’atteggiamento più comune? 

In base allo studio dei casi di alleanza nel Medio Oriente tra il 1955 e il 1979 affrontato nel suo libro, Walt conclude, in definitiva, che la tendenza al balancing è decisamente l’atteggiamento più comune. 
Le alleanze formate per controbilanciare una minaccia possono assumere diverse forme: 
− nella forma più tipica, uno Stato cerca di controbilanciare la minaccia sommando la sua potenza a quella di uno o più Stati terzi; 
− nelle relazioni interarabe, però, Walt ha osservato un altro tipo di balancing: nel mondo arabo, infatti, la più importante fonte di potere sembra essere stata la capacità di manipolare la propria immagine o quella dell’avversario nella mente delle elite arabe. 

2. L’atteggiamento delle grandi potenze è diverso da quello delle potenze regionali? 
3. Se il balancing è l’atteggiamento più diffuso, qual è l’importanza relativa delle diverse fonti della minaccia nel portare a tale comportamento? 

Mentre le grandi potenze tendono a bilanciare in base a calcoli della potenza aggregata (⇒ fanno balancing contro il più forte), gli Stati del Medio Oriente hanno dimostrato invece una tendenza a fare balancing contro la minaccia posta dalle altre potenze regionali ⇒ in questo caso, la prossimità geografica è un elemento decisivo nella formazione delle alleanze. 
Walt propone 3 spiegazioni a questa differenza di comportamento: 
− le potenze regionali sono indifferenti all’equilibrio globale, dal momento che, essendo decisamente deboli rispetto alle grandi potenze, essi possono fare poco per alterare la bilancia globale; 
− poiché gli Stati geograficamente più vicini tendono spesso ad avere interessi in conflitto, e poiché la capacità di danneggiare altri diminuisce con l’aumentare della distanza, le notevoli capacità delle grandi potenze appaiono essere poco minacciose semplicemente perché sono geograficamente molto distanti; 
− poiché le superpotenze limiteranno reciprocamente l’una l’espansione dell’altra, gli Stati regionali non hanno di che preoccuparsi. 

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Walt dimostra fondamentalmente 3 punti: 
1. il balancing è un comportamento più comune del bandwagoning. Tuttavia, in contrasto con la tradizionale teoria dell’equilibrio di potenza, Walt suggerisce che gli Stati si alleano per bilanciare una minaccia; 
2. i casi concreti analizzati mostrano che l’ideologia è un fattore meno importante rispetto al balancing per motivare la nascita di un’alleanza. Anzi, nella realtà sembra più probabile che Stati che condividono le stesse ideologie si trovino in competizione tra loro; 
3. né gli aiuti esterni né la penetrazione politica sono di per sé potenti cause di formazione di alleanze. 

Tuttavia, la teoria dell’equilibrio della minaccia di Walt ha un merito chiarificatore, più che innovativo, in quanto esprime un concetto che è parte integrante, per quanto non sempre espresso esplicitamente, nelle tradizionali riflessioni sull’equilibrio. Reazione ad una distribuzione sbilanciata della potenza o ad una minaccia, le alleanze sono comunque trattate alla stregua di aggregazioni di forze contro un nemico comune. 
Inoltre, se la minaccia gioca un ruolo centrale per la formazione delle alleanze, essa è considerata un fattore fondamentale anche nel mantenere l’alleanza coesa e capace di svolgere le funzioni per le quali è stata costituita. Una delle più frequenti generalizzazioni al riguardo, infatti, è che la coesione di un’alleanza dipende dal pericolo esterno ⇒ essa cresce e diminuisce al crescere e al diminuire di questo. 
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Anche la durata di un’alleanza è legata alla persistenza della minaccia che ha spinto gli Stati a coalizzarsi. 
Senonché, gli Stati non si schierano sempre contro un altro Stato che li minaccia (= balancing); talvolta accade che essi, al contrario, si alleino proprio con quest’ultimo (= bandwagoning). 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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