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Realismo difensivo

Tra gli autori del REALISMO DIFENSIVO possiamo ascrivere per esempio J. Grieco. Egli infatti afferma che gli Stati cercano di assicurarsi la sopravvivenza evitando perdite relative; gli Stati vengono definiti come “posizionalisti difensivi” = si preoccupano di mantenere la loro posizione nel sistema ⇒ di preservare lo status quo: essi si preoccupano non di massimizzare il loro potere relativo, ma di evitare che lo facciano i loro avversari. 
B. Posen ha sostenuto che il sistema internazionale crea una situazione in cui gli Stati devono sempre temere per la loro sicurezza e che quanto fanno per garantire la loro sicurezza (= costruire nuovi armamenti) porta gli altri Stati a fare altrettanto, aumentando il grado di insicurezza nel sistema. Tuttavia, Posen puntualizza che tale dilemma della sicurezza in generale non è molto intenso e che le politiche di mantenimento dello status quo sono la regola, non l’eccezione. 
Nell’opera Myth of empire, J. Snyder afferma che le controproducenti politiche aggressive adottate dalle grandi potenze durante l’era industriale sono strettamente collegate all’idea secondo cui la sicurezza di uno Stato può essere garantita solo attraverso l’espansione. Questa idea, centrale nel mito dell’impero, fu la principale forza che portò ai casi di overexpansion analizzati da Snyder. In ciascun caso, il mito della sicurezza per mezzo dell’espansione nacque come giustificazione delle politiche delle coalizioni domestiche, formate da gruppi con interessi particolari verso l’espansionismo imperiale, la preparazione militare o l’autarchia economica. ⇓ 
Secondo Snyder, il primo ad aver coniato il termine “realismo difensivo”, l’anarchia crea degli incentivi per cui gli Stati cercano di raggiungere tanto potere quanto è sufficiente per assicurare la loro sopravvivenza e la loro sicurezza territoriale. Qualunque altro obiettivo non può essere spiegato da fattori sistemici, ma dalle peculiarità del sistema politico interno. 
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Il realismo difensivo cerca di collegare i diversi livelli di analisi: il sistema comporta un certo comportamento standard; quando esso viene disatteso, le cause vanno ricercate tra le variabili di natura interna. 
Statisti e strateghi hanno generalmente descritto un mondo in cui la sicurezza è scarsa e l’espansionismo è il mezzo migliore per garantirla ⇒ l’impero deve o espandersi o morire. 
Secondo Snyder, però, gli statisti hanno esagerato i benefici dell’espansione sia per se stessi che per i propri avversari, sottovalutandone però i costi. Allo stesso modo, essi hanno esagerato la probabilità di successo di strategie offensive, sottovalutando la prospettiva di eventuali misure difensive. 
L’idea secondo cui la sicurezza richiede espansione comprende una serie di concetti che possono essere raggruppati in 3 gruppi di “miti”: 
1. guadagni e perdite cumulativi: secondo questo mito, la conquista aumenta il potere, perché aggiunge risorse, sia umane che materiali, che possono essere usate in altre competizioni contro altre grandi potenze. Il fascino della conquista è particolarmente forte per gli Stati che hanno già alcune carenze nelle risorse necessarie per la guerra, dal momento che si può affermare che il raggiungimento dell’autarchia può migliorare la loro sicurezza. 
La critica di Snyder a questo mito si basa sul fatto che esso non mette in guardia sui pericoli e sulle eventuali perdite che porterebbero al collasso del potere, in vari modi: un’erosione cumulativa delle risorse economiche e militari; la crescente difficoltà nel difendere l’impero; il progressivo abbandono da parte degli alleati; … 
2. il vantaggio dell’offensiva: secondo questo mito, la miglior difesa è un buon attacco ⇒ secondo questa teoria, i guadagni cumulativi nella periferia imperiale possono essere presi attraverso un’azione offensiva, mentre un atteggiamento passivo porterebbe a sconfitte cumulative. 
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Gli Stati devono sempre essere pronti a mettere in atto attacchi preventivi contro avversari il cui crescente potere potrebbe un giorno superarli. Inoltre, il beneficio della sorpresa e il costringere l’avversario a combattere dove e quando vuole l’attaccante garantisce il “vantaggio della prima mossa”. 
3. la fiducia nella minaccia: l’idea di questo mito è che una minaccia offensiva rende gli altri Stati molto più malleabili e cooperativi. Questo porta alla costruzione dell’immagine del proprio avversario come di una tigre di carta = l’avversario viene visto come una grave minaccia per la propria sicurezza, ma allo stesso tempo si ritiene che sia troppo debole, poco risoluto ad adottare contromisure. 
Applicando questa immagine agli alleati e ai neutrali si possono fare, secondo Snyder, delle previsioni a favore di un atteggiamento di bandwagoning = ci si aspetta che un atteggiamento minaccioso attragga gli alleati e intimidisca gli avversari. 

Messi insieme, questi concetti forniscono una solida giustificazione per una politica di sicurezza attraverso l’espansione ⇒ anche le potenze conservatrici intraprenderanno guerre senza fine e politiche di espansione per garantire la propria sicurezza. 
TUTTAVIA, secondo Snyder, questa strategia è raramente effettiva, dal momento che va a contraddire 2 delle principali regolarità della politica internazionale: 
− l’equilibrio di potenza ⇒ gli Stati che adottano una strategia basata su questi miti dell’impero rischiano di mettere in pericolo la loro stessa sicurezza provocando la creazione di una coalizione di Stati opposta, un fenomeno che Snyder chiama self-encirclement; 
− i costi crescenti dell’espansione ⇒ la continua espansione rischia di andare oltre il punto in cui i costi superano i benefici. È il fenomeno che Snyder chiama overexpansion imperiale. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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