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"De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principi" di Kant



Nel 1770 egli scrive una dissertazione De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principi discussa da Kant per la sua nomina a prof. Ordinario: esso può essere considerato insieme l’ultimo scritto della fase precritica e il primo della fase critica. Secondo la tradizione leibniziana la conoscenza sensibile e quella intellettuale si differenziano tra loro solo per il grado di coscienza che il soggetto ha nell’uno e nell’altro caso. Kant in opposizione ad essa parla di una differenza di genere: quella sensibile è conoscenza delle cose come appaiono e riguarda quindi la dimensione fenomenica, quella intellettiva è conoscenza delle cose come sono ossia riguarda la dimensione noumenica. 

Egli allora afferma con chiarezza nella prima parte dell’opera dedicata alla conoscenza sensibile, che noi non conosciamo mai le cose per come esse sono in sé ma attraverso delle forme soggettive che sono in noi a priori, ossia che non dipendono dall’esperienza, e sono lo spazio e il tempo. Ecco compiuta la nuova “rivoluzione copernicana” che esprime l’essenza del criticismo: la conoscenza non è più determinata dall’adeguazione del soggetto all’oggetto, ma è il soggetto ad avere un ruolo predominante nell’atto conoscitivo, nonostante egli non modifichi l’essenza dell’oggetto che conosce ma semplicemente lo percepisce in base alle sue forme a priori. In realtà per ciò che riguarda la conoscenza intellettiva egli per il momento non compie nessuna rivoluzione copernicana: il pensiero rimane assolutamente indipendente dalla sensibilità, così che le idee pure possono cogliere la realtà nella loro essenza noumenica; questo dogmatismo non gli permette di estendere la sua critica anche al campo della conoscenza intellettuale: sarà a distanza di 11 anni che con la Critica della ragion pura la rivoluzione sarà completa.

Tratto da FILOSOFI DELL'ETÀ MODERNA di Carlo Cilia
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