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Il libero convincimento del giudice


Il principio del libero convincimento del giudice risulta ancorato al dato probatorio; funziona nell’area riservata alla valutazione della prova; trova un suo limite nella motivazione.

Ai sensi dell’art. 192 il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. Il libero convincimento non autorizza scelte arbitrarie, non svincola il giudice dai risultati dell’acquisizione probatoria e non consente l’elusione dei limiti e dei divieti frapposti dal codice all’elaborazione della prova. Non v’è spazio, quindi, per il libero convincimento se la prova è stata acquisita violando la libertà morale della persona; se è stata acquistata nonostante i divieti stabiliti dalla legge; se è stata acquisita senza l’osservanza delle specifiche modalità previste per la sua formazione; se il giudice, ai fini della deliberazione, utilizza prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento.

Regole particolari sono previste per la valutazione degli indizi e della chiamata del correo.

Della prova critica (o indiretta) si è già detto. Occorre aggiungere che la regola circa la gravità, precisione e concordanza degli indizi funziona da limite al libero convincimento del giudice; ne modella il corretto uso e ne circoscrive l’area di intervento.

Della chiamata di correo sappiamo che il codice esige i riscontri e che, per la prevalente giurisprudenza, questi riscontri devono essere estrinseci. Ciò non preclude la libera valutazione dell’atto delle indagini preliminari e dell’elemento di prova.

Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati (art. 192 comma I); il giudice non può utilizzare ai fini della motivazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento (art. 526 comma I). Il raccordo fra convincimento del giudice e obbligo di motivare in fatto appare sancito con sufficiente precisione e rinviene significativi collegamenti. L’art. 546 comma I lett. e impone la concisa esposizione dei motivi di fatto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie. L’art. 544 disciplina i tempi della motivazione prescrivendo, nel comma I, la regola della motivazione contestuale al dispositivo.

Completa il quadro la regola di giudizio contenuta nell’art. 526 comma Ibis: la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volutamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore.

Tratto da LE PROVE, IL PROCEDIMENTO PROBATORIO E IL PROCESSO di Gianfranco Fettolini
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