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Il diritto alla prova


Il contenuto minimo del diritto alla prova è riconosciuto in un limite al potere discrezionale del giudice nell’ammissione della prova. È un diritto di cui è possibile rinvenire la matrice d’ordine costituzionale negli artt. 24 comma II e 111 comma IV Cost., e ad esso si richiama la Convenzione europea dei diritti dell’uomo quando riconosce il diritto dell’accusato ad interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogatorio dei testimoni a discarico, nelle stesse condizioni dei testimoni a carico.

Nell’attuale impianto normativo può parlarsi di diritto alla prova in un triplice senso.

Può anzitutto parlarsene con riferimento al diritto all’ammissione del mezzo di prova --> art. 190: le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti.

Del diritto alla prova può ancora parlarsi con riferimento al diritto sul mezzo di prova, ossia alla potenziale rappresentazione che esso consente. Può parlarsene, così, in relazione al potere di domanda e contestazione nel corso dell’esame incrociato (artt. 498 e 500).

Di diritto alla prova può infine parlarsi con riferimento alla corretta elaborazione probatoria. Le parti possono esercitarlo, facendosi sentire dal giudice del dibattimento, proponendo eccezioni, avanzando opposizioni e formulando rinunce.

Si considerino le diverse ipotesi:

a) l’interpello. Le parti devono essere sentite prima che il giudice si pronunci sull’ammissione delle prove richieste nel predibattimento (art. 495 comma I); devono essere sentite prima che il giudice si pronunci sia sull’ammissione delle prove precedentemente escluse, sia sulla revoca dell’ordinanza relativa all’ammissione delle prove che l’istruzione dibattimentale ha dimostrato ormai superflue (art. 495 c. IV);

b) il potere di eccezione appartiene alle parti del contraddittorio ed è un’indiretta espressione del diritto alla prova. Con la sua eccezione la parte cerca di fissare una piattaforma probatoria che non comprenda l’elaborazione di un determinato mezzo di prova (può tendere all’esclusione della prova vietata dalla legge, o all’inammissibilità della prova superflua…). Sull’eccezione il giudice decide con ordinanza, che deve motivare sulla deduzione della parte;

c) l’opposizione inerisce al meccanismo della cross-examination e mira a esprimere il dissenso di una delle parti del contraddittorio in merito ai contenuti delle domande e delle contestazioni formulate dall’altra parte. Mentre l’interpello e l’eccezione rilevano nel settore dell’ammissibilità della prova, l’opposizione funziona in un momento successivo, allorché importi vagliare il processo di formazione della prova. Sulle opposizioni formulate nel corso dell’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti il presidente decide immediatamente e senza formalità (art. 504);

d) la rinuncia all’assunzione della prova già ammessa può avvenire solo con il consenso della parte che non ha richiesto l’acquisizione della prova (art. 495 comma IVbis).

Tratto da LE PROVE, IL PROCEDIMENTO PROBATORIO E IL PROCESSO di Gianfranco Fettolini
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