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Il periodo Muromachi


Il periodo Muromachi prende il nome dal quartiere di Kyoto, in cui ebbe sede il bakufu dei quindici shogun del clan Ashikaga che si susseguirono fino al 1573, anche se di fatto persero il loro potere prima.

Il bakufu degli Ashikaga fu costruito sulla base di quello di Kamakura anch'esso prevedeva i tre organismi del Samurai dokoro, Ufficio degli affari di guerra, il Mandokoro, Ufficio amministrativo e il Monchujo, Ufficio investigativo. La carica più importante era quella di kanrei affidata a tre fedeli vassalli dallo shogun, a livello locale poi furono mantenute le antiche cariche di shugo e jito. Fu creato poi l'Onshogata, Ufficio per le ricompense, che doveva regolare le questioni relative alla classe guerriera, e che, insieme al Samurai dokoro era direttamente controllato dallo shogun Takauji Ashikaga, il resto delle questioni amministrative erano delegate al fratello Tadayoshi. Nel 1336 Takauji Ashikaga emanò anche un codice in 17 capitoli, il Kenmu shimoku, che sarebbe stato in vigore per tutto il periodo Muromachi, ponendosi come la base legale e politica del regime.

Dopo aver conquistato Kyoto Takauji dovette occuparsi del conflitto sorto fra le due corti imperiali del Sud e del Nord, definito Nanbokucho, infatti Go Daigo, dopo essere stato deposto alla fine della rivoluzione Kenmu, andò a rifugiarsi a Yoshino, a nord della capitale, portando con sé le insegne imperiali, la diarchia finì solo nel 1392, quando l'ultimo sovrano della Corte meridionale rinunciò al trono.

Oltre al problema di Yoshino Takauji si trovò a dover affrontare la forte influenza dei capi militari vassalli, i quali avevano ormai un potere non inferiore a quello dello shogun, e dunque erano difficili da controllare rispetto ai gokenin, strettamente legati al loro signore ai tempi di Kamakura. Il potere era in mano delle grandi famiglie shugo, che riuscivano ad ottenere le più importante cariche, come quella di kanrei, solitamente in mano alle famiglie Shiba, Hosokawa e Hatakeyama.

Nel 1358 Takauji Ashikaga morì lasciando il governo di Muromachi in una forte instabilità, infatti, benché si potesse contare sugli shugo legati agli Ashikaga da vincoli di parentela appartenenti all'ichimon o primo cerchio, era difficile controllare i signori esterni o tozama. Il terzo shogun fu Yoshimitsu che cercò di rafforzare il suo governo e riprendere il controllo centrale, tuttavia non riuscì ad assoggettare il governatore del Kanto. Yoshimitsu viene anche ricordato per aver favorito la commistione dei valori guerrieri con la raffinata cultura dell'aristocrazia di corte, egli fece realizzare eleganti opere architettoniche, come il Kinkakuji. Nel 1394 Yoshimitsu nominò come suo successore il figlio Yoshimochi, egli, invece, assunse la carica di Gran ministro di Stato e nel 1401 stabilì dei rapporti commerciali con la Cina, un anno più tardi accettò la posizione di stato tributario della Cina per importare preziosi oggetti artistici. Il commercio con la Cina rivitalizzò l'economia giapponese e pose freno alla pirateria con la creazione di un sistema di licenze ufficiali.

I successori di Yoshimitsu non ebbero altrettanto prestigio, alla morte del padre nel 1408, Yoshimochi, chiuse i rapporti commerciali con la Cina e cercò di ristabilire i rapporti con la Corte.

Il sesto shogun, Yoshinori, riuscì a sconfiggere il governatore del Kanto, ma venne assassinato da un suo vassallo, il governo Ashikaga da allora perse progressivamente la sua autorità, e con l'ottavo shogun il potere militare venne interamente perso.

Dopo che furono eliminate le cariche statali per il controllo locale, come quella di kokushi, gli shugo o governatori militari, assunsero anche il potere civile e amministrativo. Gli shugo erano poi riusciti ad acquisire risorse economiche grazie all'hanzei, che consentiva di riscuotere metà delle imposte degli shoen per sostenere le proprie milizie, e lo hyoromai, una tassa di emergenza per le milizie. Il potere degli shugo era cresciuto in seguito al declino dell'autorità del governo militare, anche se l'obbligo di risiedere a Kyoto li obbligava a delegare i loro compiti a sostituti, detti shugodai, che spesso non si dimostravano all'altezza del ruolo assegnatoli. Questo avvantaggiò le famiglie residenti in loco, dette kokujin, che consolidarono il loro potere anche ricorrendo alle armi, a discapito degli shugo.

Tratto da STORIA DEL GIAPPONE di Veronica Vismara
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