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Critiche al modello di Porter


Il modello di Porter serve ai manager per sviluppare delle intuizioni utili sull'ambiente settoriale nel quale operano le imprese per prevenire delle perdite in termini di fatturato e di quote di mercato. Il modello, nonostante il prezioso aiuto, è stato criticato da più punti di vista.

Il primo passo nel condurre un'analisi settoriale è identificare la struttura del settore, cioè andare ad identificare i principali attori (produttori, clienti, fornitori, prodotti sostituti); una volta individuati gli attori, li si va a studiare per capire che tipo di concorrenza vi sarà nel mercato e quale sarà il loro potere contrattuale. Da sottolineare che, in alcuni tipi di settore, come quelli che vendono servizi, è difficile capire quali siano i veri e propri confini e questo è un problema che viene reso più esplicito dalla costante innovazione tecnologica.

Un settore è l'insieme di un gruppo di imprese che rifornisce un mercato.

Per definire i confini di un mercato si fa riferimento alla sostituibilità sia dal lato della domanda che dell'offerta. Per riuscire a tracciare nel modo più corretto possibile i confini di un settore, a volte è necessario svolgere delle analisi più dettagliate, come la segmentazione di mercato, cioè la creazione di sottosettori all'interno di un settore più grande, in modo da valutare al meglio le condizioni di ogni sottosettore. Si procede all'analisi di settore per capire quali siano i segmenti più attraenti, così da scegliere nei quali operare ed in un secondo momento per elaborare una strategia.

Questo tipo di analisi si sviluppa in 5 fasi:
• individuare le possibili variabili di segmentazione, cioè quelle che suddividono il mercato in termini di sostituibilità sia tra i clienti che tra i produttori;
• costruire una matrice di segmentazione, dove si andranno ad inserire le sole variabili più importanti e coerenti tra di loro;
• analizzare l'attrattività di un segmento.
• Identificare i fattori critici di successo nel segmento, cioè capire che cosa l'impresa “deve fare bene” per avere successo;
• Analizzare l'attrattività relativa della concorrenza in uno o più segmenti.

Un'azienda può decidere di operare in più segmenti e questa sua scelta sarà stata motivata da due fattori:
• presenza di costi comuni a due o più segmenti;
• somiglianza tra fattori critici di successo.

C'è una “postilla” da aggiungere allo schema elaborato da Porter: la presenza dei prodotti complementari. A differenza di quelli sostitutivi, quelli complementari non abbattono il valore di un prodotto ma lo aumentano. Il modo più semplice per tenere in considerazione questi tipi di prodotti che non possono essere ignorati è quello di inserire una sesta forza nello schema.

Alla base del modello di Porter c'è l'idea che il settore possieda una struttura stabile e che il comportamento competitivo possa essere prevedibile; quest'assunzione è in qualche modo sbagliata poiché prende in considerazione pochissimi settori e non tiene conto di quelle che sono le forze dinamiche dell'innovazione e dell'imprenditorialità. J. Schumpeter considerava la concorrenza come un continuo forte vento di distruzione creatrice. Secondo quest'affermazione, è molto importante, quindi, la velocità di cambiamento di struttura di un settore; se si applica il modello delle 5 forze è facile rendere limitata l'utilità previsiva dei nostri calcoli.

Bisogna fare una distinzione quindi:
– nei settori già consolidati, assistiamo all'inserimento nel mercato di un nuovo entrante molto raramente; quindi, anche se esso riuscisse ad entrare, la lesione dei profitti delle imprese che operano già nel settore sarebbe graduale e molto lunga nel tempo.
– Nel caso in cui, invece, si faccia riferimento a quelli che sono i settori ipercompetitivi, quali i settori tecnologici, allora l'unico modo per rimanere sulla “cresta dell'onda” risulta essere quello di un continuo e costante rinnovo del proprio vantaggio competitivo. In questi settori c'è poca stabilità e la redditività è solo transitoria.

Ghemawat evidenzia una verità assoluta: non esiste un modello universale per una strategia di successo e non esiste una “strategia generica” che abbracci i singoli settori. Ogni impresa sceglie la propria strategia distintiva per raggiungere il successo nel mercato.

Un'impresa per riuscire a sopravvivere in un settore deve:
– soddisfare pienamente i clienti dandogli quello che vogliono;
– sopravvivere alla concorrenza.

Quindi, tramite lo studio del vantaggio competitivo delle imprese, si vuole andare a sindacare su quelli che sono i suoi “fattori critici di successo”.
La risposta a queste due domande ci permette di elaborare un modello di “generazione della redditività”.
Il ruolo delle risorse e delle competenze nella formulazione della strategia

Negli anni '90 si è affermato il pensiero che:

Alla base delle strategie aziendali e fonte primaria di redditività ci fossero le risorse e le competenze di un'impresa; questa è quella che è stata denominata come “resource – based view of the firm”, che si basava sull'analisi primaria del rapporto che l'impresa aveva con l'ambiente esterno.

Questo tipo di approccio nel tempo è divenuto quasi inutile poiché l'ambiente esterno, il mercato, la clientela e la tecnologia utilizzata nella creazione dei prodotti era in continua evoluzione e quindi non erano abbastanza i dati per poter elaborare ed implementare una strategia a lungo termine. Visti i continui mutamenti dell'ambiente circostante l'impresa, si è arrivati a sostenere che la base di una buona strategia erano le competenze e le risorse che l'impresa deteneva internamente, detto approccio “resource – based” per l'elaborazione delle strategie aziendali, in quale per poterlo applicare, richiede una profonda conoscenza delle competenze e risorse interne all'impresa.

Tratto da STRATEGIA D'IMPRESA di Adriana Capodicasa
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