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Le strategie di gruppo


La strategia di gruppo si concentra su dove un'impresa compete; essa può focalizzarsi su:

1) Diversificazione della produzione. Il grado di specializzazione dell'impresa in termini di gamma di beni da essa prodotta. Esempio: Coca Cola e Sap, sono imprese specializzate perché operano in un unico settore.

2) Grado di integrazione verticale. La gamma di attività collegate verticalmente svolte all'interno dell'impresa. Esempio: Shell o Exxon sono attive in tutta la catena produttiva.

3) Ampiezza del mercato di riferimento. L'estensione geografica delle attività di un'impresa. Esempio: nel settore della pubblicità Saatchi & Saatchi è un'impresa globale che opera in 80 paesi.

Le decisioni strategiche di gruppo comprendono sia l'intera gamma di prodotti dell'impresa e la diversificazione di prodotto, che il grado del suo coinvolgimento nella catena di valore del settore.

L'ampiezza del campo di attività delle imprese varia nel tempo. L'ultima tendenza dominante è stata quella di tornare a concentrarsi sulle attività fondamentali. Esempio, Philip Morris ha dismesso 7 – up e Kraft Foods ed è diventata un'impresa specializzata solo in tabacco. In passato, l'integrazione verticale era considerata in modo molto positivo ed era vista come un modo per migliorare la coordinazione e ridurre il rischio. Le tendenze, inerenti la diversificazione, si sono sempre alternate tra:

1) tentare strade nuove: quindi diversificazione in settore inerenti o meno il core business;

2) concentrazione sul core business, dismettendo i rami aziendali non inerenti.
Fino agli anni '80 per le imprese era normale diversificare; dagli anni '80 in avanti la tendenza è cambiata e le imprese hanno iniziato a dismettere tutte le attività non inerenti il loro core business; questo ha portato alla quasi totale scomparsa dei gruppi conglomerati. Questo però accade nei paesi maturi dal punto di vista industriale. Infatti, in quelli non maturi, come l'India, le imprese diversificate dominano molti settori industriali (ES. Tata). Una delle motivazioni riguardo a questa dominanza nei paesi emergenti può essere vista come il costo minore legato al lavoro, oppure all'informazione meno sviluppata, che danno un vantaggio alle imprese residenti in quei paesi rispetto ai concorrenti, anche se sono più specializzati. Nell'ultimo periodo si assiste, però, ad un altro cambio di marcia nei paesi maturi, dove le imprese hanno ripreso a diversificare.

Vi sono 3 concetti che svolgono un ruolo cruciale nell'analisi delle decisioni strategiche e dei mutamenti, nel corso del tempo, del grado di diversificazione di un'impresa:

1) le economie di scope. Il concetto di economia di scala è la riduzione dei costi medi resa possibile dall'aumento della quantità prodotta di un singolo bene; le economie di scope sono dei risparmi di costo derivanti dall'aumento della produzione di più beni. Queste economie, dette anche economie di ampiezza o raggio d'azione, esistono quando una risorsa viene spalmata su più attività e comunque la quantità consumata – di questa risorsa -è più bassa rispetto alle attività che verrebbero svolte da sole. Se sono presenti si viene a creare la possibilità, per le imprese caratterizzate da una moltitudine di attività, di realizzare risparmi di costo rispetto alle imprese più specializzate. Le risorse tangibili aiutano a raggiungere economie di scope, tramite la condivisione di risorse tra unità di business differenti. Le economie di scope si realizzano anche in merito ai costi di amministrazione: essi tendono a diminuire quando l'area amministrativa si occupa di più linee di prodotto. (cd. Organizzazioni di servizi). Le risorse intangibili sono quelle che creano economie di scope solo quando possono essere trasferite da un'area di affari ad un'altra ad un basso costo marginale.

2) i costi di transazione, (costi di “uso del mercato”). Vi sono delle imprese che non li sostengono e questo perché sono imprese verticalmente integrate, cioè la filiera è sotto il dominio di quell'impresa. Vi sono due forme di organizzazione delle attività economiche.

-meccanismo di mercato; imprese ed individui decidono di acquistare sul mercato beni/servizi a prezzi di mercato;

-meccanismo organizzativo; le decisioni relative a produzione ed allocazione delle risorse sono prese dai manager e imposte tramite l'autorità. Le imprese svolgono al loro interno delle attività mentre ne esternalizzano delle altre; la motivazione secondo Coase è il costo relativo. Se io voglio effettuare un acquisto o una vendita devo sostenere dei costi di transazione; se questi sono molto più alti dei costi amministrativi l'impresa tenderà a portarsi dentro l'attività in oggetto poiché rivolgersi al mercato è troppo costoso.

In altre parole, i costi di transazione si sostengono poiché c'è asimmetria informativa (che si differenzia in “selezione avversa”, i prodotti sono scadenti; “azzardo morale”, comportamento opportunistico di sfruttamento delle asimmetrie informative), di solito sono i venditori ad avere maggiori informazioni rispetto al compratore. Questa asimmetria la si può risolvere tramite la stesura di un contratto “completo”: questa stesura ed il successivo monitoraggio di rispetto del contratto è un costo di transazione.

3) costi legati alla complessità dell'organizzazione. Se un'impresa amplia il perimetro delle proprie operazioni ponendo in essere delle altre attività economiche, può avere economie di scope ed evitare dei costi di transazione legati al ricorso al mercato ma deve sostenere costi di gestione supplementari e vede aumentare la complessità organizzativa della sua stessa impresa.

Tratto da STRATEGIA D'IMPRESA di Adriana Capodicasa
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