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Il “self” come artificio drammaturgico


La metafora drammaturgica del self. Secondo Ervin Goffman, il self (cioè l’identità) non è qualcosa di stabile e durevole nel tempo, ma un effetto strutturale prodotto e riprodotto discontinuamente nei vari balletti cerimoniali della vita quotidiana. Goffman ricorre a una metafora, quella del teatro -> la rappresentazione teatrale ha bisogno di uno spazio: la ribalta, dove avviene la rappresentazione vera e propria, e il retroscena, dove gli attori si possono preparare per la rappresentazione stessa. Esempi di retroscena: dietro le quinte, il bagno, la camera da letto, ecc… Un luogo può funzionare da ribalta in alcune situazioni e da retroscena in altre. La distinzione tra uno spazio di ribalta e uno di retroscena è essenziale per la metafora drammaturgica dell'interazione faccia-a-faccia, ma questa metafora non è completa se non si considerano anche gli individui che ne partecipano:
- L’individuo secondo Goffman è uno solo, e si divide in attore e personaggio (quest’ultimo è l’individuo sociale, la parte sociale del selff).
- Secondo Durkheim, invece, l’individuo è duplice, in parte costituito biologicamente, in parte socialmente.
- Secondo Mead, il self viene scomposto in “io” e “me”: il “me” è quello che viene definito da Mead come looking-glass self, cioè così come si offre al punto di vista degli altri (self sociale), mentre l’ “io” è il self biologico di Durkheim.

Definizione di self. Il self è un effetto drammaturgico che emerge da una scena che viene rappresentata. La metafora drammaturgica ci permette di studiare l’interazione faccia-a•faccia non dell’individuo, ma delle situazioni che si vengono a creare nel corso dell'interazione. Il materiale grezzo dell'interazione faccia a faccia è costituito da sguardi, gesti, atteggiamenti, e affermazioni verbali con cui gli individui alimentano continuamente la situazione.
Se si parla di interazione faccia-a-faccia dobbiamo analizzare la faccia -> immagine di se stessi, in termini di attributi sociali positivi. Nei balletti rituali dell’interazione possiamo mantenere la faccia come perderla, come quando facciamo una gaffe. In generale l’interazione viene portata avanti cercando di salvarla. Mentre con il contegno cerchiamo di salvare la nostra faccia, con la deferenza cerchiamo di salvare la faccia degli altri. L’interazione faccia-a-faccia può essere definita in senso stretto come ciò che traspira unicamente nelle interazioni sociali, cioè in ambiti nei quali due o più individui sono fisicamente l’uno alla presenza dell’altro. Quali sono le situazioni più tipiche dell’interazione faccia-a-faccia?

Interazione con le persone intese come unità veicolari: i singoli possono essere considerati come unità veicolari; vi sono due processi:
a) l’esternazione, cioè una serie di espressioni gestuali e corporee che un individuo utilizza intenzionalmente per rendere comprensibili alle altre persone elementi che altrimenti non sarebbero disponibili;
b) l’esplorazione, cioè il controllo che l’individuo esercita sull’area in cui si trova. Un elemento importante che regge l’ordine dell’interazione in corso è la fiducia.

Interazione con insiemi intesi come unità di partecipazione: gli insiemi, ovvero i gruppi con più di una persona, possono essere considerati come unità di partecipazione. L’insieme ha alcuni vantaggi rispetto al singolo: alcuni comportamenti che compiuti da soli verrebbero valutati negativamente vengono maggiormente tollerati se chi li compie si trova in presenza di altri. Tutti gli elementi significanti che comunicano o informano su un legame tra gli elementi di un insieme sono i “segni di legame”, ovvero tutte le informazioni sui legami tra le persone, che coinvolgono oggetti, espressioni e atti; i segni di legame non comunicano messaggi ma contengonoprove (a volte ambigue). Es. due persone si tengono per mano: sono sposati o amanti?

Interazione non focalizzata: un aspetto essenziale dell’interazione non focalizzata è il linguaggio espressivo dei corpi degli attori presenti in una situazione. Questi segni espressivi (l’idioma del corpo) forniscono determinate informazioni e producono le impressioni che le persone presenti sulla scena interpretano per tutta la durata dell’interazione. Un altro aspetto importante è il coinvolgimento degli attori.

Interazione focalizzata: riguarda i gruppi di individui che si trasmettono l’un l’altro una particolare autorizzazione a comunicare, e mantengono un tipo particolare di attività reciproca che può escludere altri, presenti nella situazione. Es. disattenzione civile.

Distanza dal ruolo. Possiamo definire il ruolo come la parte attiva dello status sociale di un individuo. A ognuno dei nostri status corrisponde un fare, cioè le azioni appropriate a quel determinato ruolo, o un non fare. Il ruolo offre un'identità alla persona che lo ricopre e non ne esiste solo uno ma tanti. La distanza dal ruolo si riferisce a comportamenti con cui il soggetto vuole inserire un separatore tra ciò che vuole essere e ciò che vuole fare in una determinata situazione. Secondo Goffman, i ruoli non si separano dalla nostra identità. Si potrebbe pensare che la possibilità di distanziarci dal nostro ruolo sia un emblema di libertà ma in realtà non siamo liberi di esercitare la distanza dal ruolo: si tratta di un comportamento rituale, espressivo e organizzato socialmente. Non siamo liberi dal ruolo.
Quando un estraneo davanti a noi ha dei segni che lo rendono in qualche modo diverso dagli altri, ci facciamo immediatamente un idea di lui: un segno di questo tipo è chiamato da Goffman stigma; lo stigma si divide in 3 categorie:
a) le deformazioni fisiche,
b) gli aspetti criticabili del carattere che vengono recepiti come mancanza di volontà,
c) gli stigmi tribali della razza, nazione e religione.

Ognuno di noi ha un suo proprio stigma, e quindi ognuno di noi è in qualche modo uno stigmatizzato. I normali e gli stigmatizzati non sono persone, bensì prospettive prodotte e riprodotte nel corso delle interazioni faccia a faccia. L'interazione faccia a faccia si svolge in una cornice potenzialmente pericolosa.

ESEMPI DI GESTIONE DEL SELF IN SITUAZIONI DI “PERICOLO”:
1) Distanza dal ruolo: dove per ruolo si intende lo status momentaneo (ad. Es. status di genitore..) e ogni ruolo ha un ventaglio di azioni appropriate da eseguire. Nella distanza dal ruolo si cerca di dissimulare queste azioni distanziandosi dal ruolo, mostrando al pubblico di non essere completamente assorbiti in ciò che si sta facendo
2) Identità sociale virtuale: è la ricostruzione dell’identità di uno sconosciuto basata su nostre supposizioni. Quando ad esempio l’estraneo ha dei segni “diversi” dagli altri ci facciamo un’idea su di lui. Goffman chiama questo segno “stigma”
3) Apparenze normali: è relativo alla sicurezza fisica dei partecipanti all’interazione e al senso cognitivo degli attori e alla loro possibilità di definire univocamente una situazione. Le apparenze normali sono quindi apparenze che indicano che nessun aspetto insolito è presente nella situazione e che quindi l’attività in corso può procedere senza allarmi.
ATTIVITA’ FATIDICA: E’ un’attività rischiosa e dall’esito incerto. Goffman la chiama azione : è un’attività rischiosa,consequenziale e fine a se stessa (es. entrare in un casinò, es free climbing..). In definitiva l’azione viene intrapresa per mettere in mostra le qualità di carattere del nostro self: serve a ricreare e ricostruire il nostro self, e a mostrare che il nostro è un self che ha un carattere forte.

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