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Approccio innatista



Per parlare delle origini della mente bisogna parlare dell’approccio innatista. Il neonato innatista ha tante menti, perché fin dalla nascita possiede conoscenze dominio-specifiche (vedi immagine). Secondo la posizione innatista molto precocemente nello sviluppo è possibile osservare una serie d competenze, riguardanti il linguaggio, la biologia, il riconoscimento di volti, i numeri, la teoria della mente, gli oggetti e la fisica. Vediamo un esempio specifico riguardo gli oggetti fisici: il bambino fin dalla nascita è in grado di percepire gli oggetti fisici. Piaget parlava di permanenza dell’oggetto, cioè la capacità di comprendere che un oggetto permane anche se non è al momento visibile, capacità che secondo lui emergeva alla fine del primo anno di vita -> questo sarebbe dimostrato dalla presenza dell’errore AnonB (il bambino cerca un oggetto nel primo luogo in cui è stato nascosto, anche se vede che è stato nascosto in un altro luogo), il quale si può spiegare con il fatto che il bambino non si rappresenta l’oggetto di per sé, da solo, ma l’azione che compie con quell’oggetto. Una serie di successive ricerche (di Baillargeon) hanno mostrato che non è proprio così, perché se si usano altri metodi per esplorare la capacità dei bambini di rappresentarsi gli oggetti, si nota come questa capacità della permanenza dell’oggetto è presente molto più precocemente. Che paradigma si usa? Il paradigma della violazione dell’aspettativa: il bambino vede una scatola, poi vede uno schermo che viene alzato in piedi, ma il cui movimento è impedito dalla scatola dietro. In un’altra situazione (quella impossibile) la scatola viene tolta senza che il bambino se ne accorga e quindi lo schermo può fare un movimento di 180 gradi -> il bambino si mostra sorpreso in questa situazione, perché sa che dietro dovrebbe esserci la scatola (nella sua mente è presente la scatola, anche se nascosta dallo schermo). Questo paradigma mostra che i bambini reagiscono a eventi nuovi e sorprendenti che violano le loro aspettative, prestandovi maggiore attenzione (i bambini guardano più a lungo l’evento impossibile rispetto all’evento possibile, quindi vi prestano maggiore attenzione) . Si chiama in questo modo perché è come se il bambino avesse delle aspettative sulla realtà, le quali però vengono violate. Nel momento in cui vengono violate, il bambino si sorprende e per questo vi presta più attenzione. Questo accade perché come indice non si utilizza più l’azione che il bambino compie sull’oggetto (ricerca dell’oggetto) per testare la permanenza dell’oggetto, ma si utilizza la comprensione che il bambino ha della scena e le aspettative che si è formato.
Da questi studi emerge quindi che i bambini sono in grado di:
- Rappresentarsi la presenza del cilindro anche quando scompare dalla loro vista
- Saper compiere inferenze circa gli effetti che il cilindro, pur essendo al di fuori del loro campo visivo, esercita sull’evento visibile (ovvero sulla rotazione dello schermo).

Si chiama approccio innatista rappresentazione perché secondo tale approccio sono presenti fin dalla nascita dei contenuti di conoscenza dominio-specifici fin dalla nascita, ad esempio il linguaggio, la biologia, i volti, i numeri, gli oggetti, la fisica, la teoria della mente. Nella lezione precedentemente si è parlato della capacità dei bambini di percepire gli oggetti nello spazio circostante. Qualcosa di simile avviene in un altro studio di Baillargeon, in cui c’è sempre uno schermo e un oggetto (pupazzo a forma di coniglio). Il bambino viene familiarizzato a una situazione in cui il coniglio va dietro lo schermo (quindi scompare), e poi ricompare dall’altra parte dello schermo. Il coniglio può essere basso o alto. Dopo che il bambino è stato familiarizzato a queste scene, gli vengono presentati un evento possibile e uno impossibile, in entrambi lo schermo ha un pezzo mancante sulla parte sopra. Nella condizione possibile il coniglietto passa dietro allo schermo e non si vede nulla perché è effettivamente basso, mentre nella condizione impossibile il coniglio è più alto, però lo stesso non si vede nulla -> i bambini si sorprendono di fronte alla situazione impossibile (la guarda più a lungo rispetto alla situazione possibile). Non solo quindi il bambino si rappresenta l’oggetto quando non è più visibile (come era stato dimostrato al precedente esperimento di Baillardgeon), ma si rappresenta anche le caratteristiche degli oggetti che si rappresenta, come le dimensioni e l’altezza -> non solo sa che dietro lo schermo c’è un coniglio, ma anche che un coniglio è alto e l’altro è basso. -> quindi i risultati dello studio sono:
- I bambini si aspettano che il coniglio continui ad esistere dietro allo schermo
- Si rappresentano l’altezza del coniglio dietro lo schermo
- Generano aspettative sugli effetti che l’oggetto nascosto dovrebbe provocare sugli eventi visibili.

Un altro gruppo di studi che mostra la comprensione del bambino della realtà circostante: Di solito le scene percettive a cui siamo costantemente esposti non hanno uno sfondo omogeneo, sono dunque scene visive complesse, in cui vi sono tanti oggetti nella scena, e in cui spesso gli oggetti si occludono l’un l’altro -> in questi casi è necessario dare struttura o organizzare la realtà che mi circonda utilizzando una serie di cue percettivi -> cosa è importante fare? percepire gli oggetti come separati e distinti, individuare i margini che definiscono una configurazione, determinare i diversi piani di profondità nei quali ciascun oggetto del campo visivo risiede, integrare le informazioni visive necessarie per percepire gli oggetti come unitari. Sembrano operazioni molto complesse -> è in grado di farle anche il bambino appena nato, oppure bisogna imparare a strutturare l’ambiente percettivo che ci circonda? Questo gruppo di studi si occupa proprio di rispondere a questa domanda. Immagine rettangolo sopra barra: si vede un rettangolo sopra una barra perché è stato compiuto un completamento (nessun dice che sono due barrette sopra e sotto un rettangolo), che organizza gli stimoli percettivi -> questa operazione si chiama completamento amodale, cioè anche in assenza di stimolazione retinica (per questo amodale -> nessun senso viene stimolato), vengono comunque percepiti dei contorni. Anche i bambini compiono questo completamento amodale?è stata utilizzata la tecnica dell’abituazione, in cui i bambini sono stati abituati all’immagine di prima e poi gli sono state mostrate due immagini, una con una barra verticale e una con 2 barrette -> se il bambino prima ha percepito un’unica barra, e quindi si è abituato a essa, dovrebbe preferire lo stimolo nuovo quindi le 2 barrette. I bambini a 7 mesi di vita preferiscono le due barrette (esattamente come fanno gli adulti). A 4 mesi riescono in questo compito, ma soltanto se la barra verticale dietro il rettangolo si muove (in questo modo non si hanno più dubbi che è una barra sola, anche se poi non si vede comunque la barra nella sua interezza). A 2 mesi i bambini riescono nel compito, ma solo se la barra si muove e se l’occclusore (il rettangolo) ha uno spessore più sottile, quindi le sue capacità di completamento sono inferiori rispetto ai bambini più grandi. A 3 giorni di vita i bambini riescono nel compito solo se l’occlusore è sottile e se il movimento è stroboscopico (cioè a scatti, perché alla nascita i bambini non riescono a inseguire uno stimolo) -> quindi questa capacità è presente fin dalla nascita, e poi diventa sempre più ricca nel tempo. Una cosa simile avviene nel completamento modale, che è ciò che succede nelle illusioni, in particolare quelle di Kanitza -> nel triangolo di Kanitsa il triangolo non è fisicamente presente, però si vedono comunque i suoi contorni (qui si chiama modale perché la linea di contrasto viene percepita). Le illusioni sono una dimostrazione classica del fatto che noi andiamo oltre l’informazione data, aggiungiamo qualcosa. È così anche nella prima infanzia? Vedono anche loro un triangolo sopra tre cerchi? Sì, perché preferiscono gli stimoli tridimensionali rispetto agli stimoli di controllo (bidimensionali).  A 7 mesi hanno prestazioni come l’adulto, a 3 mesi ci riescono se le dimensioni dei cerchi sono più grandi oppure se il triangolo si muove (quindi se hanno degli aiuti), a 3 giorni ci riescono se il movimento del quadrato è stroboscopico -> anche questi studi mostrano che il bambino è in grado di organizzare bene l’ambiente fisico che lo circonda, e questa cosa è ancora più chiara usando il paradigma della scansione visiva -> essa usa l’eye tracker, che non solo misura dove il bambino guarda, ma che sa dire anche il punto esatto in cui il bambino guarda (non solo quale oggetto guarda ma anche il punto esatto dell’oggetto che guarda). Cosa vede un bambino di 2 mesi e uno di 4 mesi quando guarda una barra con sopra un rettangolo (parzialmente occlusa da un rettangolo): il bambino di 4 mesi ha una esplorazione visiva molto più accurata, e vede sia il rettangolo, sia il segmento superiore che inferiore della barra; il bambino di 2 mesi si concentra invece solo su alcune caratteristiche dello stimolo, non elabora il percetto nel suo insieme. Vi sono anche delle differenze tra individui: non tutti i bambini si comportano allo stesso modo nell’esplorazione visiva (vedi libro percezioni analitica/percezione globale).

È stato anche dimostrato che i bambini che riescono nel compito di percezione degli oggetti occlusi, sono anche quelli più in grado di ricercare gli elementi salienti in un compito di ricerca visiva (Cioè selezionano in modo efficace un elemento discrepante all’interno di un display di elementi distruttori). Al contrario i bambini che non percepiscono la barra come unitaria non sono in grado di cogliere le informazioni più salienti a cui prestare attenzione.
Quindi molto precocemente compare la capacità di elaborare l’ambiente fisico che circonda il bambino è di organizzarla e strutturarla. Questa capacità compare così precocemente che secondo gli innatisti è una abilità che si attiva in modo automatico e che  deriva dal nostro patrimonio genetico -> è così importante saper esplorare lo spazio percettivo che tale abilità si è evoluta nel corso della nostra evoluzione. Quindi mentre secondo Piaget la capacità di cogliere la permanenza dell’oggetto avviene gradualmente attraverso una serie di sottostadi, i modelli innatisti (soprattutto Spelke) ritengono che la capacita di percepire il mondo fisico è presente fin da subito -> Spelke dice che la capacità di percepire un oggetto parzialmente occluso come unitario è presente fin dalla nascita, ma non rilevabile a causa dell’immaturo sistema visivo del neonato (assenza della capacità alla nascita di utilizzare il movimento continuo per risolvere il compito percettivo).

Secondo gli innatisti il bambino però non dispone conoscenze innate solo del mondo fisico, ma anche di altri domini, ad esempio la biologia -> il bambino fin da subito è in grado di differenziare tra oggetti animati e inanimati. Un esempio è il movimento biologico, in cui non vi è niente che rispecchia l’aspetto umano (sono solo luci che si muovono simultaneamente, è il point light display), ma si percepiscono comunque dei movimenti umani. Una serie di studi hanno cercato di capire se questa capacità di elaboriate il movimento biologico sia disponibile molto precocemente sia nell’ontogenesi sia nella filogenesi. Sono stati svolti una serie di studi comparativi (in specie diverse dalla nostra) con pulcini: si usa il paradigma della preferenza visiva -> appena il pulcino nasce viene messo in mezzo a due schermi e si vede verso quale si dirige maggiormente -> gli può essere mostrata una gallina che si muove o anche un gatto (non l’immagine vera e propria ma un insieme di puntini luminosi che danno l’idea di una gallina che si muove) in uno schermo e nell’altro si fanno vedere movimenti casuali dei puntini -> I pulcini si dirigono preferenzialmente verso stimoli che generano un movimento biologico indipendente dalla natura dell’animale (gallina o gatto) -> i pulcini mostrano preferenza per il movimento biologico piuttosto che per quello random. Lo preferiscono anche quando il movimento biologico rappresenta un gatto -> ciò ha portato alla conclusione che molto precocemente nella filogenesi si è sviluppato un meccanismo che consente di differenziare sulla base del movimento ciò che è animato e ciò che è inanimato. Questo meccanismo viene chiamato da alcuni life detector system (distingue ciò che è animato da ciò che non lo è). Questi esperimenti, con alcune variazioni, sono stati presentati anche a dei bambini -> è stato dimostrato che una volta che il bambino veniva abituato alla gallina che si muove, poi in una successiva fase preferiva il movimento random, mostrando quindi di discriminare tra il movimento biologico e il movimento random. In altri esperimenti il bambino, esattamente come i pulcini, spontaneamente preferisce il movimento biologico. [il bambino quindi prima di tutto sa discriminare tra movimento biologico e non biologico e poi preferisce spontaneamente il movimento biologico].
Anche qui sembra che vi sia un dominio di conoscenze innato nell’uomo, e che è presente anche in altri animali, quindi precoce non solo dal punto di vista ontogenetico, ma anche filogenetico.

Un terzo dominio di conoscenze indagato dagli innatisti è la cognizione numerica. La numerosità è l’unica proprietà di un insieme di elementi che non cambia quando le caratteristiche degli elementi variano, quindi è una proprietà molto astratta. Quali sono le origini di questa capacità che sembra così sofisticata? Distinguiamo tra tre diversi processi:
- Conteggio: si conta il numero di stimoli
- Estimation: si fanno vedere un pacco di 50 caramelle e uno di 100 -> senza contare si sa che il secondo ha più caramelle del primo
- Subitizing: non si conta, ma si individua il numero a colpo d’occhio

La cognizione numerica quindi non si limita al conteggio (già durante la scuola dell’infanzia il bambino comincia a contare), ma comprende anche la stima e il subitizing, che non implicano conteggio e abilità verbali. Il conteggio richiede abilità sofisticate:
- Corrispondenza uno a uno: a ciascun oggetto si deve assegnare solo un numero (se si conta un oggetto due volte il conteggio risulta sbagliato)
- Rispetto del principio della cardinalità: quando si arriva all’ultimo oggetto ci si deve fermare, e quel numero corrisponde alla quantità dell’insieme
- Rispetto del principio di astrazione e di irrilevanza dell’ordine: l’ordine in cui si contano gli oggetti non incide sul numero degli oggetti

Queste abilità sono complesse ed emergono tardi nello sviluppo (circa nella scuola dell’infanzia). Però stima e subitizing non implicano abilità verbali, ed emergono molto precocemente nel corso dello sviluppo. Cosa pensava Piaget? Quando pensava alle abilità di quantificazione pensava solo al conteggio, quindi pensava che emergessero all’età di 6-7 anni, quando compare la capacità di conservazione, cioè il riconoscimento dell’invarianza di una proprietà quantitativa in presenza di variazioni nell’apparenza percettiva -> (Compito piagetiano della conservazione delle quantità numeriche, superato dai 5 anni / compiti piagetiani della conservazione delle quantità continue, superato dai 6/7 anni: vengono poste in due file dei gettoni in egual numero, e i bambini sotto i 6 anni sostengono che la fila più lunga contiene più gettoni). Poi i bambini sono in grado di risolvere tali problemi grazie all’acquisizione di competenze concrete, cioè la reversibilità (le file possono essere riportate al loro stato originario) e la compensazione (una fila è più corta perché è stata compressa, senza cambiare la quantità che contiene). Questi compiti però anch’essi implicano una serie di abilità verbali, inoltre presentano anche numerosi limiti, in particolare:
- La ripetizione della domanda prima e dopo la trasformazione è fuorviante: quando un bambino ha appena dichiarato che le due file sono uguali, interpreta la richiesta di un secondo giudizio come un suggerimento a cambiare la risposta
- L’incapacità dei bambini di esplicitare i criteri sui quali hanno basato la risposta non implica necessariamente l’incapacità di conservazione.

Una serie di studi ha invece dimostrato che le abilità che non implicano competenze verbali ma che comunque hanno a che fare con la quantificazione (stima e subitizing) sono presenti molto precocemente nello sviluppo. Infatti secondo gli innatisti la cognizione numerica si sviluppa in modo continuo: non vi sono differenze quantitative tra il modo in cui le informazioni numeriche sono rappresentate nella mente dell’adulto e del bambino. I bambini condividerebbero con gli adulti e altre specie animali alcune abilità numeriche di base, sulle quali si basa poi lo sviluppo successivo delle abilità matematiche (il conteggio) -> tali abilità numeriche sono chiamate “Number Sense”

Ma quali sono esattamente queste abilità?
1) Abilità di compiere discriminazioni numeriche: i bambini molto piccoli sono in grado di discriminare un insieme ad esempio di 6 elementi da uno di 16 elementi
2) Abilità di compiere rappresentazioni astratte delle quantità numeriche: i bambini riconoscono la corrispondenza numerica tra un insieme di suoni e un insieme di oggetti
3) Capacità di apprezzare le relazioni ordinali tra quantità numeriche: si fanno vedere diverse quantità numeriche , e il bambino è in grado di riconoscere un ordine decrescente e lo sa differenziare da uno decrescente
4) Capacità di manipolare le quantità: il bambino sa svolgere operazioni aritmetiche semplicissime, come 1+1=2
La presenza di tutte queste abilità è stata dimostrata attraverso il paradigma dell’abituazione visiva e della violazione dell’aspettativa

Discriminazioni numeriche
I bambini vengono abituati ad insiemi di 8 elementi (che si differenziano per una serie di variabili, ma comunque presentano tutti 8 pallini -> sono diversi perché altrimenti il bambino si abitua a una specifica configurazione, e non solamente alla numerosità), poi in una fase successiva mostrano preferenza per un insieme composto da 16 elementi -> discrimina fra le 2 numerosità, evitando di considerare variabili continue non numeriche (come posizione o grandezza dei pallini). Quando è in grado di farlo? A 6 mesi è in grado di farlo quando il rapporto tra i 2 insiemi è di 1:2 (se vengono mostrati 8 e 9 elementi non è in grado). A 9 mesi deve essere di 2:3 (quindi la distanza è un po' minore -> il bambino di 6 mesi non sarebbe in grado di discriminare).
 
Rappresentazioni astratte
I bambini sono anche in grado di rappresentarsi in forma astratta i numeri. In un esperimento neonati di 3 giorni sono stati familiarizzati con stimoli uditivi presentati un certo numero di volte (sillaba “tu” presentata 12 volte), poi gli venivano presentati due insiemi di oggetti, uno con la stessa numerosità delle sillabe e uno con numerosità diversa —> i bambini preferiscono l’insieme di oggetti con la stessa numerosità delle sillabe, mostrando quindi di riuscire a comprendere la corrispondenza numerica tra l’insieme delle sillabe e l’insieme degli oggetti.

Il bambino è anche in grado di mettere in relazione quantità numeriche ordinali. I bambini a 7 mesi vengono abituati a sequenze crescenti (stimoli composti da 6 elementi, poi 12 elementi, poi 18 elementi / stimoli da 9 elementi, 18, 36 ecc…). Nella fase di test si fa vedere una nuova sequenza crescente e una nuova sequenza, però in ordine decrescente –> i bambini fissano più a lungo la sequenza con l’ordine decrescente

I bambini sono in grado anche di compiere semplici operazioni di addizione e sottrazioni (esempio: 1+1). A bambini di 5 mesi viene fatto vedere un palcoscenico: nel palcoscenico dalle quinte esce una mano che posiziona un giocattolo. Il secondo evento che vedono è la comparsa di uno schermo che copre il giocattolo posizionato sul palcoscenico. Il terzo evento è una mano che inserisce un nuovo giocattolo dietro lo schermo (quindi vi sono 2 giocattoli). L’evento possibile è quello in cui lo schermo si abbassa e i giocattoli sono due. La scena impossibile è quella in cui vi è solo un giocattolo --> il bambino si sorprende perché viene violata la sua aspettativa che i giocattoli siano due, quindi il bambino guarda più a lungo la scena impossibile. Questo vuol dire che i bambini manipolano le rappresentazioni numeriche per generare aspettative circa l’esito dell’addizione o sottrazione di un oggetto

Quindi tutti questi studi mostrano che esistono delle capacità numeriche che emergono molto precocemente nello sviluppo, che fanno riferimento non al conteggio ma alla stima (il bambino non sa discriminare tra 8 e 9 elementi, ma ad esempio tra 8 e 16) e al subitizing (è in grado di rappresentare elementi fino a 3 senza doverli contare). Questa capacità si chiama Number sense, e i fonda su un duplice sistema di rappresentazione delle quantità numeriche, che fa parte del nostro patrimonio biologico ed entra in funzione in modo automatico in presenza di informazioni di quantità —> i due sistemi, come si è detto, sono:
Stima: lavora con numeri grandi (maggiori di 4), rappresenta in maniera approssimata insieme numerosi (non è precisa), è sensibile in maniera selettiva a informazioni numeriche (il bambino riesce a non considerare variabili continue). Però ha un limite principale: consente di compiere discriminazioni che dipendono dalla distanza numerica (i due insiemi devono avere una distanza sufficientemente elevata affinché il bambino sappia compiere la discriminazione)
Subitizing: agisce con insiemi inferiori a 4, può rappresentare la numerosità in maniera esatta (è preciso), è sensibile alle proprietà percettive degli oggetti (quindi sensibile sia a variabili numeriche sia continue). Ha anch’esso un limite, dato che si possono rappresentare solo fino a 3 elementi.

Come può essere interpretata la presenza così precoce di tutte queste capacità appena descritte? L’interpretazione si riferisce proprio all’innatismo rappresentazionale (anche se poi daremo un’altra interpretazione, cioè le neuroscienze cognitive) -> la presenza così precoce di tutte queste capacità vuol dire che sono innate, cioè non derivano dall’esperienza (che fa solo da supporto), ma sono così importanti (non solo per la nostra specie ma anche per altre), che sono iscritte nel nostro DNA. Questo concetto viene espresso dalla seguente frase:  “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi” -> cioè nel corso dello sviluppo del singolo (ontogenesi) via via emergono capacità che si sono formate nel corso della filogenesi (cioè la storia della nostra specie), in assenza di perturbazioni esterne (cioè l’esperienza non conta più di tanto -> ambiente ed esperienza agiscono solo come innesco e supporto). La metafora usata dagli innatisti è quella del progetto grafico -> il nostro patrimonio genetico è una sorta di progetto grafico, che permette di sapere tutto sull’esito finale del processo di costruzione -> se io conosco le informazioni contenute nel mio patrimonio genetico so anche con esattezza quale sarà l’esito finale. In realtà questa metafora ha dei limiti, dato che il nostro patrimonio genetico non è un sistema chiuso, ma un sistema aperto che risponde ai segnali provenienti dal sistema esterno e interno.

Si chiama innatismo rappresentazionale, perché ciò che è innato non sono solo meccanismi e processi (esempio: modalità di apprendimento o struttura cognitiva), ma anche rappresentazioni e conoscenze dominio-specifiche (questa posizione si trova all’estremo del continuum innato-appreso).

La posizione innatista è ben specificata dal modello di Spelke, il quale si basa su due principi (già visti prima):

1) Core knowledge thesis: le conoscenze dominio-specifiche che i bambini possiedono fin dalla nascita sulla fisica sono le stesse che costituiscono il nucleo del pensiero maturo dell’adulto sul mondo fisico. Poi la comprensione del mondo viene arricchita ampliata nel corso dello sviluppo (anche grazia all’esperienza), ma non viene riorganizzata -> lo sviluppo quindi implica l’arricchimento di un nucleo di conoscenze che rimane costante.
La maggior parte dei principi che costituiscono il “core knowledge” utilizzano indici spazio-temporali cinetici -> essi sono:
- Principio dell’avere confini: 2 punti giacciono su oggetti distinti solo se non c’è alcun percorso che connette il primo al secondo
- Principio della coesione: 2 punti giacciono su uno stesso oggetto solo se c’è un percorso fatto di punti che li collega
- Principio della rigidità: gli oggetti non cambiano forma mentre si muovono
- Principio della continuità: gli oggetti si muovono solo su percorsi continui, non saltano da un punto a un altro
- Principio della solidità: 2 oggetti non possono occupare lo stesso spazio, quindi un oggetto si muove solo su un percorso non ostruito da altri oggetti
- Principio dell’assenza di azione a distanza: gli oggetti non agiscono uno sull’altro a meno che non entrino in contatto tra loro
- Principio della gravità: gli oggetti cadono in assenza di supporto
- Principio di inerzia: gli oggetti non cambiano velocità e direzione in modo improvviso e spontaneo

2) Active rapresentation thesis: non solo possediamo un nucleo di conoscenze e rappresentazioni innato, ma sappiamo anche manipolare queste conoscenze e rappresentazioni (esempio: compiere semplici operazioni aritmetiche). Quindi non solo il bambino è in grado di percepire gli oggetti in accordo con i principi della fisica, ma è anche in grado di utilizzare questi principi per compiere inferenze circa aspetti del mondo dei quali non ha esperienza percettiva diretta. Esempio di ragionamento compiuto da bambini di pochi mesi: Nell’esperimento della rotazione dello schermo, se modifico l’altezza dello schermo, il bambino nei primi mesi di vita si accorgerà che tanto più basso è lo schermo, tanto maggiore sarà l’angolo di rotazione dell’oggetto.

Tutto ciò significa che la specializzazione della nostra mente è il punto di partenza dello sviluppo, e non il risultato di un processo. In questo caso l’epigenesi è di tipo unidirezionale e deterministica (se so il patrimonio genetico so tutto sugli esiti). Il sistema cognitivo è specializzato e strutturato fin dalla nascita.

Limiti dell’approccio innatista:
1) È un approccio statico: ha una visione statica dello sviluppo. All’inizio del corso era stato detto che studiare lo sviluppo vuol dire studiarlo in modo dinamico (studiare il cambiamento nel corso del tempo) -> Però se tutto è presente fin dalla nascita (come dicono gli innatisti), allora ci si trova davanti a una contraddizione. Gli innatisti hanno un’idea della mente come statica, immutabile
2) È un approccio funzionale: non vi è nessun riferimento ai substrati neuro anatomici che supportano i processi cognitivi presi in esame. Si considerano solo i processi, ma non i meccanismi che li supportano. Anche qui non si prende in considerazione che il cervello cambia continuamente nel corso dello sviluppo (se lo sviluppo è già insistito nel nostro patrimonio genetico, non si riesce a spiegare il cambiamento del cervello nel corso del tempo)
3) Vaghezza teorica: limitato grado di definizione e di esplicitazione del significato teorico dei termini utilizzati -> ad esempio di innato non viene alta una definirne esplicita
4) Interpretazione dei dati sulle competenze infantili: le interpretazioni in termini “cognitivi” fornite dai modelli innatisti potrebbero in molti casi essere sostituite da interpretazioni più economiche, che chiamano in causa competenze di tipo percettivo e non cognitivo-rappresentazionale. Nel compito di addizioni e sottrazioni il bambino non è realmente in grado di fare operazioni, ma si sorprende semplicemente perché non trova corrisposto il percetto che si era rappresentato -> questa sarebbe una capacità percettiva, non numerica.

Tratto da PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO COGNITIVO di Mariasole Genovesi
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