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Fasi del tribunale



Primo atto: editto di fede; anche nel caso romano l'editto di fede apre la possibilità di innescare un meccanismo giudiziario.
Successiva è la denuncia del relatore: uno che accusa un altro oppure che accusa sé stesso, come le sponte comparentes. Sugli sponte comparentes, Black ritiene che essi avevano maggiori garanzie di tutela, ma in realtà non è vero: essi non avevano alcuna garanzia di essere assolti, ma dovevano convincere i giudici della loro innocenza, della loro buona fede, dovevano in qualche modo meritare la clemenza dei giudici; c'era certo un trattamento più misericordioso, perché se ci si presentava spontaneamente, significava che si è consapevoli di aver commesso un reato e si va a raccontarlo e a chiedere misericordia. Si tratta solo di un trattamento diverso, più benevolo, più misericordioso, rispetto a quelli che non si presentano spontaneamente ma sono stati arrestati e che negano di aver commesso il reato.
Secondo la procedura, si interrogano i testimoni e l'accusato, che può essere sia in stato di arresto sia a piede libero. L'inquisizione spagnola invece, se aveva un imputato, lo aveva sicuro arrestato e messo nelle carceri segrete.
Poteva succedere, sentiti testimoni e accusato, che il processo non continuasse, che si interrompesse a questo punto. In verità, non è un vero processo che viene espunto se si tratta semplicemente di formalizzare una denuncia o un interrogatorio. Probabilmente è un mancato procedimento, in cui non si mandano le cose al giudice, perché non c'è nulla per cui procedere.
L'imputato indica i testimoni a propria difesa e, se l'imputato è renitente cioè se nega, viene minacciato di tortura. Questa minaccia può avvenire attraverso l'esibizione degli strumenti di tortura. Esistono anche all'interno di questo schema i consultori e l'avvocato d'ufficio. Le carceri del Sant'Uffizio non sono adeguate e quindi vengono utilizzate le carceri secolari oppure vengono utilizzati i conventi, dove ci sono le segrete, le cripte, o ancora vengono utilizzate le carceri episcopali o arcivescovili. Di questo universo carcerario vi è anche la corruzione dei carcerieri, una piaga di cui tutti si sono lamentati: carcerieri corrotti, dal momento che accettano soldi in cambio di condizioni migliori o privilegi nei confronti dei carcerati: sono privilegi che riguardano il cibo, l'introduzione di lettere dall'esterno, cosa vietata in tutte le carceri, oppure arrivano a far uscire dal carcere il carcerato anche per cose futili o religiose. La corruzione da parte dei carcerieri delle persone che avevano abbastanza denaro per corrompere era una piaga delle carceri laiche ed ecclesiastiche. In più, c'era il problema delle spie, problema comune a tutti in questi ambienti carcerari: spesso le spie erano altri carcerati che venivano messi in una cella affinché riferissero ai giudici le cose che diceva l'imputato e questo poteva servire ad aggravare la sua posizione o a far ipotizzare un altro reato.
Il problema delle spontanee comparizioni viene considerato come automatico, una garanzia, l'ammissione della colpevolezza equivale ad una richiesta di clemenza da parte dell'imputato. Secondo Black, chi si presenta spontaneamente ha un processo più breve, e sarebbe il processo sommario. Questi tipi di processi non si concludono con un auto de fé. È importante sottolineare l'idea che Black ha del fatto che la spontanea comparizione sia sempre ispirata dal confessore: in effetti, è plausibile il ruolo dei confessori all'interno del sistema perché se è un confessore riceve in confessione la notizia di un reato di fede, non può assolverlo perché c'è un obbligo imposto dal papa a non assolvere per eresia, quindi per un reato di fede. Se quindi un confessore sente dirsi qualcosa che è giudaizzante, protestante o altro, non assolve e ovviamente consiglia di rivolgersi al Sant'Uffizio. Questo è il motivo per cui Black dice che i confessori spingono a denunciarsi, anche se l'autore descrive la confessione come tutta incentrata sul carattere forzato, come se fosse repressiva, suggestiva perché cerca di suggerire la coscienza di aver peccato; somiglia più a una seduta di psicanalisi. Si sterza sull'aspetto repressivo della confessione ed è totalmente difforme dall'idea di Prosperi nel libro "i tribunali della coscienza" che anche Black cita in questa circostanza. La confessione per Prosperi è l'aspetto pedagogico della trasmissione, della morale e dei principi cattolici, non è l'aspetto repressivo della confessione, quanto una severità della pedagogia, dell'insegnamento.
I confessori dunque, poiché non potevano assolvere i reati di eresia, di stretta competenza del Sant'Uffizio, chiedevano ai loro penitenti di rivolgersi a quei giudici per essere perdonati. È possibile quindi che questi si presentassero ai giudici inquisitori come sponte comparentes.

La tesi di Black vuole la prevalenza del processo sommario rispetto ad altri tipi di processi. Il processo sommario è più rapido, senza tutte le formalità invece adottate dall'inquisizione spagnola, riguarda gli sponte comparentes che però non hanno necessariamente la garanzia di essere assolti, ma ovviamente poiché si presentano spontaneamente per confessare, hanno un atteggiamento diverso nei confronti di chi invece non sa nemmeno perché il Sant'Uffizio li abbia catturati e giudicati. Questa è la differenza tra un imputato che, ritenendosi colpevole di bestemmia ad esempio, o di un qualunque reato grave, va spontaneamente davanti al tribunale chiedendo perdono per quel reato e c'è quindi la consapevolezza del tipo di reato; e di contro una persona che ha bestemmiato e lo fa abitualmente a un certo punto viene catturato dal Sant'Uffizio, non sa che è stato preso per quel reato e potrebbe essere stato preso per qualunque altra affermazione ereticale, quindi viene portato nelle carceri e quando viene interrogato, gli viene chiesto di confessare qualcosa che lui non sa.
Nel Sant'Uffizio romano vi è la prevalenza di processi sommari o processi non formali come sono i processi inquisitori: le formalità che vengono esplicate sono inferiori in questi casi. Addirittura possono non uscire in auto de fé; se c'è la confessione, non c'è bisogno di testimoni, non c'è bisogno nemmeno dell'avvocato difensore perché l'imputato diventa un confidente infine, l'assoluzione è molto probabile e le penitenze sono solitamente spirituali, mentre la lettura della sentenza non avviene in auto de fé ma in privato: in verità avviene in un auto de fé privato, dato che esistono delle forme di autos non pubbliche, aperte al pubblico. Nell'Inquisizione romana c'è quindi un'assoluta prevalenza di qualcosa che esiste anche nella giurisprudenza e procedura dell'inquisizione spagnola, ma a cui gli inquisitori spagnoli fanno pochissimo riferimento, sono pochi i casi tali per cui esistono relaciones de causas ad hoc di casi di auto de fé privati: viene portato il prigioniero non in piazza ma in una stanza di un palazzo, questo fa il giro della stanza con la candela spenta ecc.

Tratto da STORIA DELL’INQUISIZIONE ROMANA di Federica Palmigiano
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