Fasi del tribunale
Questo Tribunale di fede comincia la sua attività e diventa sin da subito un organismo estremamente importante, efficiente, radicato perché il fatto che sia appunto radicato in 21 distretti della Spagna (regione iberica), nei vice-regni spagnoli fino al nuovo mondo significa che non gli sfugge nulla. Dal 1580 al 1640, per 60 anni il Re di Spagna è anche Re del Portogallo: le due corone si unificano per ragioni dinastiche, estendendosi su tutta la penisola iberica. Il Tribunale dunque diventa un meccanismo complesso, regolamentato da una serie di procedure estremamente formalizzate e sulla cui efficacia la Suprema Inquisizione di Madrid esercita un controllo molto severo, alla corte del Re.
A questo tipo di editto di fede seguono delle spontanee presentazioni che in latino sono chiamate "sponte comparentes": coloro che spontaneamente compaiono di fronte all'Inquisizione. Gli sponte comparentes sono molto ricercati; l'obiettivo del Sant'Uffizio è proprio quello di spingere, di forzare, di suggerire con forza alle coscienze la consapevolezza di aver fatto un peccato e dunque la necessità di doverlo confessare per potersi pentire. Questo è un punto fondamentale del Tribunale di fede, i cui giudici sono uomini di Chiesa (frati, sacerdoti, grandi teologi, gesuiti e dominicani). Questi uomini pronunciano un editto di fede, dunque si è all'interno di un universo in cui si utilizzano significati e parole religiosi; questi uomini di chiesa stanno invitando la gente ad andare da loro spontaneamente a confessarsi o a confessare il peccato di altri.
Il principio su cui si basa fin dal primo momento il Sant'Uffizio è basato sul DOPPIO FORO (nel senso di tribunale). Esso è il fatto che i giudici erano detentori di due tipi di giustizia: la giustizia di chi giudica nel foro interno della coscienza, cioè si presentano come confessori, ai quali la gente che va a confessarsi apre la propria coscienza all'indagine del giudice che giudicava appunto la profondità della coscienza della persona. Dunque il foro interno è quello della coscienza accessibile in confessione, coi limiti della dissimulazione dal momento che l'unico vero giudice è Dio nel giorno del giudizio universale, ma prima di allora è il giudice ad entrare nella coscienza dell'uomo. Tuttavia gli inquisitori, dopo essere entrati nel foro della coscienza, in cui la gente confessa i propri peccati (descargo de la conciencia, cioè discarico della coscienza, dopo che il confessore aveva chiesto di "delatarse" cioè abbandonarsi alla confessione), comunemente entra in gioco il momento dell'assoluzione e l'assegnazione delle penitenze spirituali (si chiede di recitare tante preghiere, partecipare a molte messe, fare digiuni, restituire un bene rubato). Nel caso del Sant'Uffizio però non funziona così, perché immediatamente dopo l'esercizio della giustizia spirituale nel foro della coscienza, quello che viene confessato come peccato dal confidente, diventa reato nel foro esterno, il foro del Tribunale. Questo è il gioco perverso fatto dai giudici del Sant'Uffizio, perché hanno una faccia di benevolenza e perdono, che servono a ricevere la confessione di un reato ma, appena ottenuta, immediatamente mostrano la loro seconda faccia, quella del giudice che deve giudicare e tirare fuori dal peccato il reato che era stato commesso. Nei casi minori, il giudice può anche punire con penitenze spirituali e non, con una serie di pene talvolta molto dure.
La pena più comune nei confronti degli uomini è il remo nelle galere: grandi navi con 10/12 banchi; su ogni banco ci sono 15 marinai e sono per lo più forzati cioè gente condannata in seguito a una condanna al remo, impegnata a stare al remo 5/6 anni. Questa condanna fisica penale è molto dura ed equivale a una condanna a morte, perché i remieri sono incatenati al remo giorno e notte, sono mezzi nudi a causa dello sforzo immane, sono esposti a qualsiasi intemperie, viene dato loro un cibo insufficiente, devono muovere il remo all'unisono e questo tempo contemporaneo viene garantito dall'aguzzino.
Ci sono poi una serie di condanne che, in via crescente, arrivano fino al rogo/condanna a morte. anche se non sono i giudici che materialmente uccidono i condannati dato che loro si occupano della loro anima e non del loro corpo, ma li affidano invece al braccio secolare (polizia), a chi garantisce la giustizia nella società, sono appunto coloro che accompagnano i condannati al luogo di condanna a morte. Materialmente dunque è il boia (lo stesso utilizzato per i tribunali laici) che esegue la sentenza.
Mentre il primo nodo del Sant'Uffizio è l'intreccio tra religione e politica, il fatto che un tribunale di fede dipenda dal Re, definendo tutte le caratteristiche del Sant'Uffizio, il secondo nodo invece consiste nel fatto di essere un tribunale di doppio foro.
"Ore suo benedicebat, corde suo malediceat": con la sua bocca ti benediceva, con la sua corda ti malediceva. Questa è l'affermazione che attesta il fatto che dopo la confessione, immediatamente si veniva posti a processo.
L'editto di fede è una istigazione alla delazione, perché dice: "se sai o se hai sentito di te o di altri" (vieni a fare la spia è l'invito alla delazione).
Nei giorni successivi all'editto di fede, la gente accorre dagli inquisitori andando a raccontare di altri o anche di sé stessi, perché molti avevano paura che altrimenti sarebbero andati altri a raccontare delle proprie colpe. Dunque era meglio essere "sponte comparentes", un peccatore già sulla strada del pentimento, presentandosi spontaneamente. Questi erano trattati con un atteggiamento misericordioso dal Tribunale e dunque dopo aver chiesto perdono, potevano sperare in una pena leggera.
In realtà questo era un pensiero ingenuo, dal momento che a dimostrare la sincerità dell'autoaccusa, occorre chiamare dei testimoni. Anche gli sponte comparentes si trovavano a fare delle chiamate di correità: chiamavano altri come correi (co-rei), cioè partecipanti allo stesso reato. Questo fu un effetto disastroso, a catena.
Molto più facile è il caso di chi accusa qualcuno, perché accusa anche amici, parenti e vicini di un gruppo sociale con cui probabilmente ha motivi di vendette o rancore.
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Mobilità e Diaspore del mondo moderno
- Docente: Giovanna Fiume
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