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Le passioni dell’anima di Cartesio

Il trattato è considerato da Cartesio il modo espositivo più sistematico per affrontare da fisico il tema delle passioni: egli con il trattato si contrappone ai manuali. Il trattato è articolato in tre parti fondamentali.
1.Descrizione generale del tema delle passioni e spiegazione del rapporto di causalità tra corpo e anima;
2.Identificazione delle 6 passioni originarie e primitive: meraviglia, amore/odio, gioia/tristezza, desiderio. Da queste vengono fatte derivare tutte le altre passioni.
3.Analisi delle passioni derivate da quelle primitive.


Prima parte de Le passioni dell'anima di Cartesio


Articolo 1: Cartesio tratta dell’affettività in relazione alle passioni dell’anima. Queste sono affezioni per il soggetto che le prova, che le patisce. Per Cartesio la passione è l’effetto di un determinato atto, è qualcosa che si subisce.
Concetto di soggetto. Per Heidegger il termine soggetto rimanda al latino subiectum. Esso è il sostrato senza il quale non ci sarebbe nessuna cosa, è sinolo di forma e materia. Il sostrato è ciò che riceve la forma: esso ha la potenza di essere ma non è di per sé qualcosa di determinato. Subiectum: ciò che sta sotto (concetto medievale). Il soggetto riceve un’azione dall’esterno (soggettività ricevente).
Cartesio risemantizza il concetto di soggetto che viene visto come colui che costruisce, che è protagonista assoluto dei fatti che gli capitano, è attivo.
Articolo 2: È necessario distinguere le azioni dell’anima da quelle del corpo e studiare quella che è l’azione del corpo sull’anima. Il corpo è autonomo e deve essere studiato fisiologicamente. Tutto è ricondotto a rapporti causali. Le passioni non sono altro che gli effetti del corpo sull’anima.
Articolo 3: Il corpo si configura come il luogo del calore e del movimento, mentre l’anima è intesa come il regno dei pensieri.
Articolo 5: È errato quindi credere che il corpo sia mosso dall’anima, come facevano gli antichi.
Articolo 6: Un uomo vivo si differenzia da un morto proprio come un orologio funzionante è diverso da uno danneggiato. L’uomo è autonomo per ciò che concerne il funzionamento del proprio corpo.
Articolo 7, 8, 9, 10, 11: Cartesio vuole offrire una spiegazione sperimentale del funzionamento del corpo.
Per Cartesio i nervi sono tubicini attraversati da spiriti animali: tali spiriti hanno effetto sul cervello, etc.
Essi sono fondamentali anche per le passioni. Il principio di tutto è il calore interno, ciò che permette alla circolazione di avere avvio. Questa, a sua volta fa rarefare il sangue: in questo modo si ha il movimento degli spiriti animali.
Articolo 12: Cartesio sente il bisogno di spiegare il funzionamento degli spiriti animali. Gli spiriti non scorrono sempre allo stesso modo: per questo producono effetti diversi nei corpi. L’anima è causa della direzione degli spiriti animali. Essa ha la capacità di reagire alle passioni: deve bloccare infatti le reazioni immediate.
Il terreno su cui si svolge il combattimento tra le passioni è meramente fisiologico. Il corpo è il terreno delle azioni/reazioni: l’anima agisce perciò sul corpo stesso.
Articolo 14, 15: Cartesio analizza la diversità di spiriti studiando i loro effetti sul nostro corpo.
Egli ritiene che tali spiriti si muovano ed operino in maniera diversa da uomo a uomo.
Articolo 16: Il nostro corpo è inteso alla stregua di una macchina. Le azioni involontarie del corpo accomunano l’uomo a tutti gli altri animali. Tuttavia l’uomo non è solo costituito dalla res estensa: ciò che lo caratterizza e lo differenzia è a res cogitans.
Articolo 17: All’anima vengono attribuiti i pensieri. I pensieri sono o azioni o passioni dell’anima oppure sono atti volontari.
Articolo 18: La volontà è intesa da Cartesio come l‘agire dell’anima stessa. Ma il suo agire può essere diretto verso il corpo, oppure può configurarsi come un’azione dell’anima su se stessa.
Articolo 19: Cartesio fa una distinzione tra la percezione, intesa come sensazione accompagnata da coscienza e la sensazione, intesa come un’impressione meccanica proveniente dall’esterno. Nella percezione si ha un intervento della coscienza. Come la volontà, anche le percezioni sono di due tipi: esse possono provenire dall’esterno ma anche dall’anima stessa: emerge la riflessività del sentire che si verifica ad esempio quando ci si accorge di voler fare qualcosa.
Articolo 22: Cartesio distingue fra varie tipologie di percezione:
a.percezioni provenienti dagli oggetti esterni
b.percezioni causate dal nostro corpo
c.percezioni causate dalla nostra anima
Queste ultime sono propriamente quelle che Cartesio definisce le passioni dell’anima.
Articolo 27: Vengono definite le passioni dell’anima. I 26 articoli precedenti avevano lo scopo di pervenire a tale definizione.
Articolo 28: Cartesio fa una distinzione tra percezioni, sentimenti ed emozioni. La percezione non è soltanto una mera sensazione, ma è la sensazione unita alla coscienza di sentire. Possono essere chiamate percezioni tutti i pensieri ricevuti. La passione è sentimento, qualcosa di ricevuto e accolto, è emozione. La passione è anche dinamicità: non si ha solo la passività del ricevere, in quanto tale ricevere è anche un agitarsi, è turbamento. Il fine etico di Cartesio è di origine stoica: il controllo delle passioni. Il suo progetto consiste nel conoscere la causa efficiente delle passioni allo scopo di controllare. La relazione che si instaura tra anima e corpo è prettamente fisiologica: la ghiandola pineale si configura come ponte di collegamento fra i due.
Per Cartesio il problema del rapporto fra mente e corpo può trovare una risoluzione a livello corporeo: egli infatti ritiene il cervello la sede della mente.
Articolo 30: Mentre il corpo si configura come qualcosa di esteso, l’anima non è niente di tutto ciò.
Articolo 31: Non esiste un luogo in cui l’anima si possa collocare: tuttavia esiste una ghiandola, ovvero un
luogo fisico, corporeo, in cui l’anima svolge le sue funzioni. Attraverso la ghiandola pineale l’anima esercita il proprio controllo sul corpo. Tale ghiandola è sospesa in mezzo al cervello ed è fluttuante.
Articolo 32: La ghiandola come ponte di connessione fra anima e corpo è soltanto un ipotesi. Per Cartesio le passioni hanno origine non nel cuore, ma nel cervello. Infatti nel cervello tutto è doppio: solo la ghiandola è unica.
Articolo 36: Viene spiegato come sia possibile un controllo sulle passioni. Cartesio vuol dare un fondamento all’etica a partire da spiegazioni di carattere fisiologico.
Articolo 41: La volontà è libera. L’autonomizzazione del corpo comporta una conseguente autonomizzazione dell’anima. L’anima è libera e capace di esercitare il suo potere sul corpo. All’interno della ghiandola pineale, l’anima è colpita dalle passioni e agisce sul corpo. La ghiandola è la garanzia dell’unione di due cose radicalmente diverse.
Articolo 43: Non si può essere automaticamente morali: è necessario anzi esercitare il proprio potere sull’anima.
Articolo 47: Cartesio ritiene che ci sia un conflitto tra le due parti dell’anima, quella superiore e quella inferiore. Per Cartesio si crea un rapporto conflittuale, una lotta tra le diverse passioni. In tale lotta il libero arbitrio può esercitare il suo potere sulle passioni, può controllare gli effetti prodotti dalle passioni stesse. Cartesio non ha dubbi sulla potenza delle passioni: ritiene che esse siano mantenute e rafforzate dal movimento degli spiriti animali. Le passioni per Cartesio si radicano nell’animo umano, quindi la lotta è intensa e la volontà non può intervenire sull’effetto immediato.
Articolo 48: La conoscenza della verità contrasta meglio le passioni. L’anima razionale ha il sopravvento su quella irrazionale.
Articolo 49, 50: La volontà può servirsi di giudizi fermi e della sua capacità di discernimento tra bene e male. La conoscenza della verità permette di dare solidità all’anima senza oscillazioni passionali.
Per Cartesio le passioni possono essere combattute:
a.attraverso la loro spiegazione e l’analisi del loro operare;
b.applicando le regole che consentono di dominarle.


Seconda parte de Le passioni dell'anima di Cartesio


Articolo 52: Le passioni hanno una precisa funzione: esse offrono consigli utili per la sopravvivenza.
Le passioni per Cartesio quindi sono funzionali all’autoconservazione. Cartesio ritiene che si debbano esaminare ordinatamente i modi in cui i nostri sensi sono mossi dai diversi oggetti: solo in questo modo si possono individuare le varie passioni.
Fino articolo 67: Cartesio mostra come le passioni vengano suscitate dagli effetti che gli oggetti producono su di noi.
Articolo 68, 69: Cartesio analizza le diverse passioni seguendo il loro ordine di apparizione. Tutte le passioni sono generate per composizione delle sei passioni primitive oppure ne sono una derivazione.
Articolo 70-79: Viene presa in esame la prima passione: la meraviglia, intesa come sorpresa improvvisa dell’anima. Essa è primitiva in quanto ci coglie la prima volta che percepiamo un oggetto. È la passione filosofica per eccellenza. Cartesio spiega come nasca la meraviglia da un punto di vista fisiologico, ne mostra poi il potere e l’utilità. Cartesio recupera la centralità di questa passione, si domanda soprattutto quale sia la sua utilità, la sua funzione. La meraviglia serve a farci apprendere meglio, è utile per la memoria e il pensiero.
Articolo 80: Viene analizzato l’amore in connessione con l’odio:
Il segno dell’amore è l’unione, quello dell’odio è la separazione. L’amore si configura come copula mundi.
Nell’amore è fondamentale il potere della volontà.
Articolo 81: Cartesio distingue l’eros, inteso come concupiscenza, dall’agape, inteso come benevolenza. Questa distinzione riguarda solo gli effetti dell’amore, in quanto l’amore è unico. È necessario inoltre distinguere l’amore dall’affetto, dall’amicizia o dalla devozione.
Articolo 137 : Cartesio specifica la funzione delle passioni.
Articolo 211: Viene spiegato in che modo si possono controllare le passioni. La virtù consiste proprio in tale controllo. la conoscenza ci consente di controllare le passioni, le quali divengono dannose solo se ne viene fatto un cattivo uso. La saggezza si dimostra utile in quanto ci insegna a rendere utili le passioni.
Il problema della morale è quello di ricercare un orientamento, un senso: ma tale ricerca è resa possibile solo tenendo conto di un sentimento che funga da guida nel mondo. Per Kant la morale deve occuparsi del senso. L’ambito morale in Kant non può venir scisso dall’ambito delle passioni.
Heidegger si colloca sulla scia di Kant, raggiungendo il punto più alto della filosofia ermeneutica. L’ermeneutica cerca di operare una mediazione tra colui che vuole comprendere e ciò che deve essere compreso.
L’ermeneutica si configura come la dottrina dell’interpretazione.
Tre sono i filoni ermeneutici:
1.Ermeneutica letteraria: consiste nella comprensione di un testo scritto in una forma codificata;
2.Ermeneutica giuridica: consiste nell’applicare una norma generale alla situazione particolare. La situazione da interpretare in questo caso è una situazione sottoposta a giudizio.
3.Ermeneutica religiosa: consiste nell’interpretazione dei testi sacri, soprattutto della Bibbia.
Un testo inoltre, può essere infinitamente interpretato dalle diverse persone che vi si rapportano.
L’ambito dell’interpretazione ha sempre a che fare con un processo di mediazione, è il frutto di una trattativa. Schleiermacher ritiene che la mediazione venga attuata ogni volta che ci troviamo di fronte a qualcosa di estraneo: la mediazione ha lo scopo di riportare l’estraneo alla familiarità. L’ermeneutica non si occupa di quelle discipline che ricercano una causa, una spiegazione: essa riguarda tutte le scienze dello spirito, nelle quali non si cerca di spiegare, ma di comprendere. In Heidegger la comprensione, l’interpretazione divengono le modalità attraverso cui l’uomo si rapporta ad altro in generale.
Brentano (maestro di Husserl) distingue tra intentio, ovvero il soggetto che tende a una meta, e intentum, inteso come ciò che s’impone con la massima evidenza, il fenomeno. Heidegger si chiede che cosa renda possibile tale rapporto intenzionale tra il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto. C’è bisogno di un essere: il rapporto a due diviene quindi rapporto a tre. Per Heidegger il rapporto tra soggetto e fenomeno stabilito da Husserl è cieco. Egli effettua l’apertura ermeneutica ad un terzo livello: tale orizzonte è il senso che fa comprendere qualcosa in quanto tale. Fra l’intentio e l’intentum non c’è un rapporto diretto, ma mediato.
“Più in alto della realtà sta la possibilità”, più in alto della relazione intentio-intentum sta la dimensione di una modalità dell’essere. L’essere dell’uomo è un poter-essere: l’uomo non è, ma si progetta.
Heidegger non vuole cogliere il contenuto dell’essere, ma interpretarlo. Il senso è ciò che ha a che fare con l’interpretazione e la comprensione. Il senso da un punto di vista formale è ciò che mi permette di conoscere. Il senso coincide con l’essere. Qual è il modo d’essere dell’essere vivente? Heidegger risponde: la vita.
“La pietra non ha mondo, l’animale vive in assenza di mondo, l’uomo è nel mondo”.
Heidegger delinea quattro modalità ontologiche, quattro modi di darsi dell’essere:
1.Utilizzabilità
2.Oggettività: semplice sussistenza
3.Vita: modo che caratterizza l’organismo.
4.Esistenza
Quale di queste modalità caratterizza l’uomo?
L’uomo è quell’ente che ha la possibilità di rapportarsi al senso, di comprendere l’essere stesso. L’uomo non è però un essere razionale o oggetto di scienze quali l’antropologia, la psicologia o la sociologia. La filosofia di Heidegger non è un umanesimo: non si può parlare di uomo se si vuole cogliere il suo essere. L’uomo è colui il cui essere consiste nella possibilità di rapportarsi all’essere. L’essere dell’ente che noi siamo è esistenza e quindi è poter-essere. Il nome proprio di quello che noi siamo è DA-SEIN (esser-ci).
Heidegger attua una risemantizzazione di concetti classici quali esistenza e vita.
Nasce l’idea che fra tutti gli enti ce ne sia uno privilegiato perché in rapporto con l’essere: è a questo ente che dobbiamo rivolgerci per elaborare il problema dell’essere. Tale essere è appunto il da-sein: attraverso la sua comprensione si arriva alla comprensione dell’essere stesso.
L’essere è l’orizzonte di ogni nostro rapporto. Heidegger vuole evitare la trattazione dell’essere inteso come nome: essere è un verbo, indica una dinamica, si temporalizza. Se l’essere è inteso come qualcosa di dinamico, significa che è interpretato a partire da un altro orizzonte. Qual è il senso che permette di comprendere il dinamismo dell’essere? Il tempo, il quale si configura come il senso dell’essere stesso.
L’esser-ci si rapporta al mondo in termini progettuali. L’esserci ha la caratteristica di essere-gettato nel mondo qui e ora senza un perché: ma all’interno di questo quadro l’esserci può anche pro-gettarsi, può proiettarsi verso il futuro. La cura è l’essere dell’esserci. La cura è la preoccupazione, l’inquietudine costante. Essa è il carattere più proprio dell’esserci nella sua inquieta dinamicità. La cura è “essere avanti a sé essendo già in un mondo presso gli enti intramondani”: essa rimanda a un progetto gettato in un mondo presso gli enti intramondani. Il senso dell’esserci è la temporalità.

Tratto da LA FILOSOFIA MORALE: L’AFFETTIVITÀ di Valentina Ducceschi
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