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Cassirer - L'influenza di Hegel e la visione poetica di Holderlin

Holderlin e Hegel

Gli scritti giovanili di Holderlin sono sulla filosofia della religione. Nell'amore facciamo esperienza della conciliazione della scissione originaria io-tu: l'amore è quella coscienza di se stessi di avere la propria autocoscienza originaria in quella dell'altro. La pura soluzione per Hegel si può trovare solo nel concetto.
Quando comunque Hegel uscì con la sue prime opere sistematiche, Holderlin era già nella malattia mentale. Nessuno ha ancora chiarito del tutto gli influssi tra i due. C'è stato uno scambio, si son dati entrambi qualcosa.
Si è cercato di dimostrare che nella prima parte dell'Iperione apparsa nel 1797 ci siano le idee storico-filosofiche di Hegel; ma il romanzo era già avanti quando Hegel giunse quell'anno a Francoforte. Comunque entrambi sin dall'inizio sentivano di appartenere a un stessa sfera concettuale. Li legava la coscienza di questa generale connessione ideale. Qui vediamo comunque con meraviglia come un sistema di idee possa assumere una forma diversa a seconda della singola personalità che appunto lo forma. Holderlin concepisce vita e pensiero come ambiti in relazione reciproca. Ma presto Holderlin si separa dalla speculazione idealistica contemporanea; continua si a rimuginare sulla contraddizione finito-infinito, sulla dialettica uno-molti, ma tale opposizione sgorga dal profondo della sua concezione poetica.

La poesia di Holderlin

Per la visione poetica non è sufficiente ripartire la totalità dell'essere in una successione di momenti differenti, ma si deve concentrare ogni contenuto ideale in un momento singolo ed incarnarlo in figure definite.
Quindi la dialettica filosofica vuole superare il travaglio del negativo nel movimento progressivo del pensiero. Holderlin rinuncia invece a tale soluzione. La natura non vuole che si fugga (come Hegel) contenti di fronte alle sue tempeste nel regno del pensiero. Il confine tra la vita del divino e del mortale è insuperabile.
Nessuna mediazione placa l'opposizione tra i celesti e gli uomini sofferenti. È quindi inutile cercare di riconciliare tale dolore, legato alla condizione umana, elevandoci al pensiero dello spirito del mondo. Il tragico che grava su ogni essere finito va vissuto fino alla fine e sentito, e si rivela in modo più acuto al poeta. La vita di chi segue impulsi sensibili o dell'uomo morale si esaurisce nell'alternanza di aspirazione e realizzazione: gli impulsi trovano quiete in singoli oggetti, poi si riaccendono verso nuovi oggetti. Ma l'artista in tale progressione percepisce solo un puro oscillare. Egli vuole l'armonia dell'abituale destino umano senza mai poterne trovare la propria quiete. Il poeta anela al potersi tener saldo al finito e nel finito, fin quando non sente l'inquietudine del sentimento. In questo desiderio afferra un più ricco senso della vita, che si lascia fissare nell'opera poetica. Il conflitto si scioglie nel ritmo puro della vita. Il poeta non prova più piacere e dolore in sé, ma li concepisce come equivalenti, momenti necessari nel quadro dell'esistenza, che accoglie in sé e pone fuori di sé. Così li afferra entrambi senza porre mediazione concettuale. Così per Diotima un sogno è sia dolore che felicità. Solo in questa dimensione penetriamo nello spirituale. Il canto del mondo risuona solo nel profondo dolore, e solo nel poeta il mondo ottiene il suo tono più puro.
Convinzione di Holderlin: la ritmica degli eventi del mondo trova la sua continuazione solo nel poeta. Ma il poeta sente il canto della vita del mondo solo nel sacrificarsi e nell'annullarsi egli stesso: egli deve scegliere tra la più pura e suprema realizzazione del suo compito e la sua esistenza umana. Le due cose non si conciliano. Le due vite non si conciliano. Colui al quale una volta si è schiuso il mistero del tutto non ha più radici nella realtà del mondo degli uomini, ovvero quella di azione, volere e realizzare. Ma tale dono divino è anche un peso. Nell'Empedocle l'opposizione tra il mondo del poeta e quello empirico degli uomini si presenta nella lotta del mondo poetico contro le realtà storico politiche. Nel "fondamento dell'Empedocle" Holderlin parla di questo come del fulcro del dramma. Errore di Empedocle è credere di poter mostrare esteriormente tale unità interiore, e attuarla in un quadro storico statale. Solo un sacrificio ora riproduce nuovamente l'unità della sua essenza con tutta la sua potenza. Se Hegel nelle sue opere sistematiche va nella direzione dello Stato, realizzazione della ragione nella storia, Holderlin, che pur condivise entusiasmi per la rivoluzione francese, prende le parti un po' alla volta dei diritti dell'individualità contro la totalità e l'onnipotenza dello stato. Questa svolta non viene dal contatto con qualche autore, ma da un'esigenza interiore della sua natura particolare.
Holderlin dichiara che l'uomo sarebbe tanto più libero quanto meno conosca e sappia dello stato, come afferma nella prima stesura dell'Iperione: quando l'uomo ha voluto fare dello Stato il suo cielo lo ha mutato in un inferno. Holderlin quindi vuole che i problemi fondamentali dello spirito si portino a compimento sul terreno dell'individualità. Empedocle prima di andare annuncia ai cittadini di Agrigento un nuovo ideale di stato fondato sulla libera autodeterminazione e non sulla legge scritta. Ma egli non può stare in questo patto, poiché deve andare oltre, la morte deve rivelargli il mistero fondamentale della vita, il mistero della connessione tra l'individualità e il tutto.

Tratto da HÖLDERLIN E L'IDEALISMO TEDESCO di Dario Gemini
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