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Principali tematiche dell'indagine filosofica di Gian Battista Vico

Gian Battista Vico nacque a Napoli nel 1668 e visse una vita povera tra le ristrettezze finanziarie e l’ambiente familiare poco adatto allo studio. Tra le sue opere citiamo la Scienza nuova e le Orazioni inaugurali. Nel De antiquissima, Vico distingue conoscenza divina e umana. A Dio appartiene l’intendere (intelligere) che è la conoscenza perfetta. All’uomo appartiene il pensare (cogitare). La ragione, che è l’organo dell’intendere, appartiene a Dio, l’uomo ne è solo partecipe.


Il tema della storia in Vico


Dio e l’uomo possono conoscere con verità solo ciò che fanno: perciò le parole verum e factum hanno lo stesso significato. Ma il fare di Dio è la creazione di un oggetto reale, il fare umano è creazione di un oggetto fittizio. Tale principio restringe la conoscenza: l’uomo non può conoscere il mondo della natura che, essendo creato da Dio, può essere oggetto solo della conoscenza divina.

Ma l’uomo non può conoscere neppure la causa del proprio essere perché non è egli stesso questa causa. Perciò Vico osserva che Cartesio avrebbe dovuto dire non penso dunque “sono” ma “esisto”. La conoscenza umana è impotente di fronte al mondo della natura, ma le è aperto il mondo della storia. Nella storia, l’uomo è prodotto e creazione della sua propria azione.
La Scienza nuova è dunque la storia e Vico afferma che deve fondarsi sulla filologia e sulla filosofia. La prima è la scienza del certo e studia i fatti dei popoli e l’uomo quale è. La filosofia è la scienza del vero e studia le cause e le leggi dei fatti, l’uomo quale deve essere e la storia ideale eterna. Filologia e filosofia devono procedere insieme per inverare il certo e accertare il vero.

La storia ideale eterna è l’ordine provvidenziale che rende intelligibile la storia effettiva. Essa è costituita dalla successione di tre età: quella degli dei, quella degli eroi e quella degli uomini. Se la causa della storia è l’uomo, cioè la mente, le leggi che regolano lo sviluppo della storia saranno le stesse che regolamento il funzionamento della mente umana. E poiché le facoltà della mente sono senso, fantasia e ragione, ad essi corrispondono le età della storia.
Nell’età degli dei, gli uomini sentirono nelle forze naturali divinità terribili e, per il timore, si costituirono governi teocrati. Nell’età degli eroi incominciò la vita della città e le repubbliche si fondarono sull’aristocrazia. Infine, nell’età degli uomini, le plebi rivendicarono la loro uguaglianza.

La sapienza poetica è il prodotto della fantasia degli uomini primitivi ed è poesia, creazione. Elemento primo di essa è il linguaggio, non arbitrario ma nato dall’esigenza degli uomini di intendersi fra loro. La poesia si spegne e decade a misura che la riflessione prevale negli uomini.
Il primo principio della scienza nuova è che gli uomini hanno creato il mondo delle nazioni. Dall’altro lato, questo mondo non si può intendere se non in rapporto all’ordine provvidenziale, alla storia ideale eterna. Vico chiama monastici o solitari i filosofi come Epicuro o Hobbes, secondo i quali le azioni umane si verificano a caso, o come Spinoza che ammette il fato. Sia il caso che il fato rendono impossibile la libertà dell’uomo e l’ordine provvidenziale della storia: il caso esclude l’ordine, il fato la libertà. L’ordine provvidenziale, per Vico, garantisce l’una e l’altra cosa.

La presenza di tale ordine non implica per Vico la messa in forse della libertà umana. Tant’è che le storie temporali delle singole nazioni possono anche non seguire il corso normale della storia ideale eterna. E Vico ammette che ci sono nazioni che si fermarono all’età barbarica o eroica.
Vico osserva inoltre che la storia è soggetta al ciclo dei corsi e ricorsi, ossia al periodico ritorno della storia sui suoi passi. Quando gli stati si corrompono, le guerre civili sommuovono le repubbliche. Vico indica tre rimedi provvidenziali: lo stabilirsi di un monarca, l’assoggettamento da parte di nazioni migliore e il rinselvatichirsi degli uomini. La storia ricomincia allora il suo ciclo.

Ci si domanda quale sia il soggetto della storia, gli uomini o la provvidenza. Secondo il testo, Vico ha affermato che il significato ultimo della storia è continuamente al di là degli eventi particolari. La provvidenza è dunque un disegno, una norma ideale cui il corso degli eventi non si adegua mai perfettamente. Ed è presente nell’uomo, dapprima nella forma della sapienza poetica, poi nella forma della sapienza riflessa, cioè della verità ragionata e filosofica.

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