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L'estetica e l'arte nella Bibbia

Diverse versioni della Bibbia


Bibbia ebraica


1.TANAK: acronimo di TORÀ (=Legge) NEVIIM (=Profeti), KETUVIM (=Scritti), le tre parti che compongono la Bibbia)
2.MIQRÀ (=lettura ad alta voce). Nell’ebraismo non si parla di Scrittura ma di Lettura. La bibbia è un libro da leggere in pubblico e da cantare.  
- Dio: ottica cristiana
Signore: ottica ebraica
- Torà: nòmos (=legge, ma anche insegnamento)
- Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. In ebraico i libri vengono indicati con la parola con cui iniziano (=In principio, Nomi, E chiamò, Nel deserto, Parola). L’autore del Pentateuco è considerato Mosè.

Bibbie cristiane (si dividono in Antico e Nuovo Testamento)


Bibbia cattolica.
La distinzione tra Antico e Nuovo Testamento è dovuta a Paolo che parla di Nuovo Testamento come di un nuovo modo di intendere la Scrittura: non più secondo la lettera, ma secondo lo spirito, perché “la lettera uccide e lo spirito vivifica”.
Gesù è venuto a proporre un nuovo patto che modifica o forse abolisce la vecchia legge ebraica.
Nuovo Testamento:
1.quattro Vangeli (Matteo, Marco, Luca, Giovanni);
2.lettere di Paolo;
3.lettere apostoliche;
4.Apocalisse (testo visionario).
La Bibbia ebraica e l’Antico Testamento si differenziano per:
a.i libri che non sono presenti nel Tanak;
b.la disposizione dei libri dell’Antico Testamento, diversa da quella del Tanak.
L’ordinamento cristiano è ascendente: va verso i Vangeli.
Bibbia protestante.
l’Antico Testamento protestante contiene gli stessi libri della bibbia ebraica, ma segue l’ordinamento di quella cattolica. Il protestantesimo e l’ebraismo si pongono allo stesso modo nei confronti delle immagini (aniconismo). Sotto altri punti di vista le due confessioni sono in opposizione, ad esempio sulla questione del rapporto tra grazia e opere. I protestanti sono convinti nell’importanza della grazia: l’uomo può ben poco per salvarsi dalla sua corruzione.

Traduzioni della Bibbia


1.Vulgata: S. Girolamo traduce dall’ebraico in latino intorno alla fine del V secolo;
2.70: versione in greco, tradotta ad Alessandria nel V secolo.
Se il cielo e la terra sono creati rispettivamente il secondo e il terzo giorno, allora la prima cosa creata fu la luce. Secondo questa interpretazione la Genesi dovrebbe cominciare così: “Quando Dio cominciò a creare il cielo e la terra…”
I Salmi sono una narrazione poetica della Torà. Anche i Salmi testimonierebbero che la luce fu creata per prima. Tuttavia la luce creata il primo giorno non è quella del sole in quanto questo viene creato solo il quarto giorno: si tratta allora di una luce spirituale, metafisica (estetica della luce).
Dio giudica la luce “TOV”, e non solo la luce, ma l’intera opera della sua creazione. Ma non viene ripetuto tov per ogni creatura o cosa. Ad esempio l’uomo non viene definito tale. Secondo la mistica ebraica Dio non era poi così soddisfatto della sua opera e aveva già creato altri mondi che non erano riusciti bene. Gli incidenti riguardavano soprattutto la luce e la sua dispersione, la sua cattiva distribuzione.
Nell’estetica cristiana è presente soprattutto la concezione della bellezza dell’universo: tutto è BELLO. Nella traduzione dei Settanta “Tov” non è tradotto con “buono”, ma con “bello” (=kalon). Tuttavia il termine “kalos” ha sia un significato etico che estetico. Lo stesso vale per “tov” che può avere anche una valenza estetica. Ci sono passi infatti che contengono un significato estetico e in cui il termine bello è più appropriato del termine buono. Nella Vulgata “TOV” è tradotto con “BONUM”. La Bibbia può essere interpretata sia come estetica della luce, che come estetica della proporzione.
In ambito ebraico il tema della bellezza non è molto sentito mentre è fortemente sentito il tema del linguaggio. Dio crea attraverso la parola. Secondo un’interpretazione Dio non avrebbe creato come prima cosa la luce, ma l’alfabeto. Questa idea è presente soprattutto nella Kabbalah.
Cosa creò Dio per primo?
1.Il cielo e la terra;
2.La luce;
3.L’alfabeto.
Secondo libro della Genesi.
1.Tema del linguaggio;
2.Tema della creazione dell’uomo e della donna.
L’uomo ha il compito di nominare le creature di Dio. I nomi indicano l’essenza delle cose, quindi all’uomo viene conferito un potere grandissimo. (parola creatrice di Dio – parola nominatrice dell’uomo).
Adamo potrebbe indicare il singolo uomo, ma anche l’umanità intera. Ci sono due storie diverse che riguardano la creazione dell’uomo, due versioni:
a.Dio creò l’uomo a sua immagine : lo creò maschio e femmina. Quindi Dio avrebbe creato contemporaneamente uomo e donna.
b.L’uomo si chiama Adamo perché “adamà” è il suolo. Dio creò l’uomo con la terra e la donna con una costola di Adamo.
ADAM = ADAMÀ: terra
ISH = uomo maschio
ISHÀ  = donna, uoma
Adamo chiama la sua compagna “ishà” perché proviene dall’uomo, è sangue del suo sangue. La donna è una controparte dell’uomo, è un essere che può rispondere all’uomo e che può anche rispondere “no” e in questo si differenzia da tutte le altre creature. Si delinea il tema del dialogo.
SAPIENZA: “Io ero presso Dio e io fui con lui come un architetto”. La sapienza è fondamentale per la creazione del mondo (Proverbi). La sapienza viene personificata. Secondo un’altra interpretazione è attraverso la sapienza che Dio creò il cielo e la terra. La sapienza viene identificata con la Torà che diviene il modello da cui Dio prende spunto per la creazione del mondo. Ne deriva l’importanza assoluta che riveste la Torà.
Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Ciò attraverso cui sono state fatte tutte le cose non è più la sapienza, ma il Logos, ovvero il Figlio, la seconda persona nella teologia trinitaria.

Rappresentazione di Dio


Nell’iconografia medievale non viene rappresentato Dio, ma il Logos, ovvero Cristo. Il Signore viene rappresentato solo nella forma in cui si è presentato, ovvero come Figlio. Nel Rinascimento le cose cambiano. Michelangelo rappresenta Dio come un vecchio con la barba bianca.
Scena della creazione in Michelangelo. L’uomo è immagine del Signore (questo viene esemplificato dalla vicinanza degli indici), ma è anche distante da Dio (infatti gli indici non si toccano). Il braccio sinistro di Dio abbraccia una figura femminile che potrebbe rappresentare la sapienza. Inoltre l’indice tocca la gola di un putto.  Il putto potrebbe raffigurare l’anima, il soffio vitale che Dio sta per immettere in Adamo. La gola indica il potere di cui sarà investito l’uomo, ovvero il potere di nominazione. I personaggi della Bibbia sono molto umani, non hanno niente di divino. Non è presente il culto della personalità. L’ebraismo infatti scoraggia tale culto. A questo è strettamente connesso il divieto. “Non ti farai immagine”.


Il concetto di arte ed estetica nella Bibbia


Secondo comandamento per gli ebrei e primo per il cristianesimo: “Non ti farai scultura e alcuna immagine” (Esodo).
Sono due le versioni del decalogo. L’altra è presente all’interno del Deuteronomio: “Non ti farai nessuna figura scolpita”.
Il concetto di estetica è collegato al divieto di produrre immagini è strettamente collegato all’anti-idolatrismo, al divieto di culto degli idoli. Tale divieto è soprattutto rivolto alle statue perché imitano più fedelmente qualcosa facendolo sembrare vero, vivo. Non è possibile delimitare e definire in maniera precisa qualcosa che per sua natura è indefinibile e irrapresentabile. Dio non può essere definito, rappresentato. Ma il divieto non riguarda solo Dio. Non si possono rappresentare né uomini, né animali, né astri, né fare di questi degli idoli come hanno fatto altri popoli pagani e idolatri.
TEMA DELL’ASCOLTO. Il tema dell’ascolto è assolutamente centrale nella Bibbia e in particolare nella Torà. Mentre nella civiltà greca il primato è della vista, in quella ebraica fra i cinque sensi viene privilegiato l’udito. Il primato dell’ascolto porta a un primato della prassi, mentre il primato della vista porta un conseguente primato della teoria, della contemplazione. In una civiltà della vista viene data grande rilevanza alle arti visive; dove c’è un primato dell’ascolto prevalgono la poesia e la musica.
C’è un nesso tra il divieto delle immagini e le modalità estetiche della teofania.
A quale senso si rivolge Dio, rivelandosi sul Sinai?
QOLOT: voci, tuoni, suoni. La teofania è tempestata da tutti questi suoni. Sul monte Sinai, Dio non si manifesta chiaramente e distintamente dal punto di vista visivo, ma si manifesta attraverso la voce, il suono. Proprio perché Dio si manifesta in voce e non in figura, è vietata la sua rappresentazione. Dal primato della voce, deriva il primato dell’ascolto, dell’udito. Tuttavia anche la vista ha una sua importanza.
Esodo: “Il popolo vedeva il monte, il suono di tromba e dei tuoni”. Come si possono vedere i suoni e le voci?
Possibili soluzioni a tale problema:
1.videro e, sottinteso, udirono;
2.si tratta di una sinestesia, di una figura retorica, di una forma letteraria;
3.si tratta di una sinestesia nell’esperienza stessa. L’esperienza è talmente sconvolgente che i sensi si confondono e si fondono;
4.dal momento che le parole si incidono sulla pietra, sulle tavole della legge con lettera di fuoco, il testo potrebbe intendere la visione della legge scritta. Ci sarebbe così un passaggio dall’ascolto alla scrittura e quindi dall’udito alla vista.
5.infine “videro” potrebbe essere inteso come sinonimo di “percepirono”.
Le tavole della Legge vengono conservate nell’Arca dell’Alleanza. Intorno ad essa viene costruita una struttura ben precisa, il tabernacolo, secondo i criteri dettati da Dio stesso. Come si pone la torà nei confronti dell’arte? Essa proibisce un certo tipo di arte, quella idolatrica, ma ne prescrive un altro. Non c’è solo un’arte vietata, ma anche un’arte minuziosamente prescritta, un’arte comandata. In un passo l’arte che viene prescritta assomiglia in maniera impressionante alla stessa arte proibita (Esodo 25). Sull’Arca vengono posti due cherubini alle estremità del coperchio. Lo stesso Dio che ha vietato la rappresentazione di immagini, ordina di creare i cherubini proprio sul coperchio dell’arca che contiene le tavole in cui è severamente vietata l’iconografia.
“Non ti farai immagine”: in altre parole, non farai immagini per il tuo culto, ma farai immagini per Dio, per abbellire il suo trovo, il suo tempio. I cherubini hanno sì uno scopo estetico, ma non vengono visti praticamente da nessuno.
Anche l’oro può servire sia per un’opera idolatrica (=vitello), sia per un’opera voluta da Dio (=cherubini). Quindi anche ciò che è sacro, se usato male, può diventare dannoso e malvagio.  
Mosè quando vede il vitello d’oro:
1.spezza le tavole preso dalla rabbia;
2.gli cadono le braccia;
3.spezza le tavole pensando che potessero divenire esse stesse oggetto di idolatria.
Problema delle seconde tavole. Le seconde tavole, quelle che restano, richiedono una collaborazione da parte di Mosè. Queste restano perché sono in parte umane, al contrario delle altre che erano totalmente divine. Questo comportava il rischio di un’idolatria della Scrittura stessa, mentre con la collaborazione dell’uomo si ha un atteggiamento più attivo, meno incline all’idolatria. La Torà stessa scoraggia non solo l’idolatria delle immagini, ma anche quella della Scrittura.
La proibizione del nome di Dio si pone contro l’idolatria della parola usata come formula magica.


Estetica nel Vangelo


Nel mondo cristiano le cose cambiano in quanto Dio si fa uomo. È per il dogma dell’incarnazione che tutto muta anche dal punto di vista delle immagini: “Gesù immagine del Dio invisibile” (S. Paolo). Se Dio si rivela non solo nella teofania sinaitica, ma anche nella figura di Gesù, allora la vista e l’immagine acquistano rilevanza.


L'estetica di Salomone


a.I libro dei Re (I-XI capitolo);
b.I libro delle Cronache;
c.III libro dei Re: Dio concede a Salomone non solo la salvezza, ma anche sapienza e gloria.
Esiste un nesso tra la pace e Salomone. L’elemento della pace è già insito nel suo stesso nome. Infatti:
pace = SHALOM
Salomone = SHELOMON
Salomone è un re di pace.
- Tema della pace;
- Tema della sapienza;
- Tema della magnificenza.
Il Signore sembra non volere una dimora fissa (= tempio di Salomone). Infatti “può un tempio contenere il Signore?” Sembra esserci maggiore santità nell’Arca dell’Alleanza, nel “santuario portatile” che nel tempio.
Salomone ama fin troppo la magnificenza e ama fin troppo le donne, soprattutto straniere, tanto da avere un harem e arrivare all’idolatria. In un certo senso Salomone è un esteta: per questo è criticato nel testo biblico e dai profeti. In Matteo ad esempio, la bellezza dei gigli dei campi è contrapposta alle vesti sfarzose di Salomone.
- Testi poetici e profetici che la tradizione attribuisce a Salomone:
1.Tradizione ebraica: Cantico dei cantici, Proverbi, Ecclesiaste (=Qohelet);
2.Tradizione cristiana: Cantico dei cantici, Proverbi, Ecclesiaste, Libro della Sapienza.
Si tratta di testi molto diversi fra loro (poema erotico, detti sapienziali, riflessione disincantata sul senso della vita). Secondo un’ipotesi potrebbero essere stati scritti da Salomone in momenti diversi della sua esistenza (giovinezza, maturità, vecchiaia).
SHIR HASHIRIM: canto dei canti, super cantico, il canto più bello di tutti (superlativo ebraico).


Estetica nel Cantico dei Cantici


È il testo che si legge per Pasqua.
Pasqua:
a.ricorda un preciso evento storico, ovvero l’esodo;
b.festa agricola, risveglio della natura e dei sensi;
c.primavera: stagione dell’amore.
Il Cantico si presenta come un poema erotico che narra l’amore tra due pastorelli. In esso si è cercato un significato simbolico e allegorico per giustificare il suo inserimento nel canone biblico. Dio non è mai nominato nel poema; è come se non avesse nulla a che fare con il Cantico. Nel Qohelet viene nominato, ma in modo poco conveniente, in esso sembra presente un atteggiamento nichilistico (La vita è nulla).
LI SHELOMON:
a.di Salomone;
b.per Salomone;
c.della (sua) pace ( = di Dio).
Il Cantico non è stato scritto sicuramente da Salomone. Non è chiaro nemmeno se gli venga attribuito davvero. È un canto a più voci anche se non è facile capire chi siano gli interlocutori:
1.Lei, lui, coro;
2.Solo lei parla facendo più voci. Lei s’immagina un lui.
Il nome di Salomone è presente nel testo due volte:
1.Funge da simbolo di magnificenza, è idealizzato;
2.Viene disprezzato per la sua magnificenza. Salomone aveva una vigna ricchissima (vigna = harem).
- Cultura maschilista;
- Tema della pace, armonia, amore;
- Descrizione della bellezza dei due amanti inseriti nella bellezza della natura.
Si ha a che fare con un canone estetico molto particolare:
a.Estetica del movimento;
b.Estetica della simmetria;
c.Gusto orientale, barocco.
È un testo erotico e non pornografico: le cose vengono dette a metà. Viene data grande importanza ad alcuni sensi: olfatto, tatto, gusto, sensi che solitamente sono trascurati. Si ha a che fare con un’estetica orientale, molto particolare.


Estetica nel Qohelet


Controcanto al Cantico è il QOHELET. Qohelet:
a.qahal: comunità (= ecclesiaste);
b.qol: voce (rimanda all’assemblea);
c.colui che parla alla comunità.
È il testo più filosofico della Bibbia ebraica. Si tratta di un testo molto criptico. Non è stato scritto da Salomone, ma fa capo all’età ellenistica.
- Disprezzo nei confronti della sapienza, in quanto considerata uno sforzo inutile, fonte di affanno e dolore.
- Disprezzo nei confronti del piacere.
HAVEL HAVELIM: vanità delle vanità (superlativo).
HAVEL : fumo, nebbia, vapore, qualcosa di inconsistente e fugace. “Vanità” è quindi inteso nel senso di vano, non di vanitoso.
- Atteggiamento nichilistico: possibile influenza greca, soprattutto dello scetticismo e del cinismo.
- Tema dell’eterno ritorno: è un ritorno noioso, un ripetersi costante e inconsistente delle cose.
- Nichilismo universale: niente ha senso.
- Tema della morte.
Cantico = canto d’amore
Qohelet = canto di morte
Eros e Tanathos sono le due grandi potenze.
CAPITOLO III, 11
Si intravede un atteggiamento meno pessimistico: ogni cosa ha il suo tempo, un suo ritmo adeguato (ogni cosa a suo tempo). Dio ha fatto tutto bello a suo tempo: si tratta di un’estetica della bellezza delle cose a tempo debito. All’interno dell’insensatezza c’è comunque un senso insito nei piccoli piaceri della vita. Al di là dei vari tempi c’è un disegno complessivo, una visione d’insieme, un’eternità in cui rientrano tutti i tempi, un piano superiore. Nell’uomo c’è solo un’intuizione vaga che non gli permette di cogliere il senso globale.
Abbiamo a che fare con un’etica o un’estetica minimalista che invita a vivere ogni cosa a suo tempo. In questo minimalismo trovano posto anche i piaceri e una gioia disincantata. C’è l’invito a godere con moderazione dei piaceri della vita sapendo che sono doni di Dio. Dio contribuisce alla gioia dell’uomo. L’esperienza estetica è importante per cogliere, seppur in modo parziale, il senso delle cose.

Tratto da CORSO DI ESTETICA di Valentina Ducceschi
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