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Walter Otto - I Greci

Otto - I Greci

La religione originaria ha agito profondamente sul popolo greco anche dopo la vittoria di quella olimpica. Ma i veri garanti e testimoni dell'essere greco sono gli dei olimpici. Perchè H si tiene da loro lontano? Quando si rivolge loro scorge in essi spiriti originari del mondo elementare, circondati dal grande padre Etere e da madre Natura. Eran così nei primordi, prima di trasformarsi. Nella volontà di forma e misura vediamo la figura di Zeus, contro cui si rivolge in "natura e arte". Zeus deve piegarsi a padre Crono, divinità originaria, la Natura. Zeus è grande si, ma troppo vicino alla sfera umana. Per questo nel mondo di H non troviamo gli dei presi singolarmente. Anche la filosofia greca criticò la somiglianza umana degli dei olimpici. Sembra che l'uomo abbia voluto imprimere la propria immagine sulla divinità. Solo pochi han guardato in profondità. Goethe dice che i greci volevan rendere divino l'uomo, non il contrario. E' teomorfismo. Anche H e Nietzsche esprimon ciò. E' nella figura umana che va cercato il segreto dello spirito greco.

L'arte greca ha elevato l'immagine dell'uomo. Soggetto di quest'arte furon la forma originaria e finale. L'occhio greco scorge nella naturale costituzione dell'uomo il senso e la misura del mondo superiore. Nel mondo estraneo ai greci l'uomo soffre la lontananza del divino, che non sentivano coloro che veneravano queste figure. L'uomo che in esse credeva è per noi oggetto di stupore, ma quanto sono veramente divini quegli dei?

H non nega la divinità di geni vicini all'uomo, ma essi eran servitori e rappresentanti del Supremo. E' sacrilegio costringere lo spirito della Natura nei limiti dell'umanità. Dopo la battaglia tra olimpici e preolimpici nasce l'uomo greco, che non rinnega la vecchia natura ma la porta con sè. Il divino, qui, è di casa nella chiarità della forma e si avvicina all'uomo come a un amico. Come è potuto accadere tale prodigio? questi dei son dei di quella stirpe di uomini di cui narra l'epos eroico. dei degli eroi e dell'età eroica. l'età eroica non è solo prerogativa dei greci. Dovunque è un cultura eroica l'esistenza trabocca di uno spirito meraviglioso, che si manifesta ad esempio col canto. da epoche antichissime piacere e dolore si riversano in suoni, come fan anche gli animali. I greci custodirono meglio di tutti le immagini della loro età eroica, facendone monumenti supremi nella loro produzione poetica e plastica. Anche poetare in quest'età era contesa per avere l'appellativo di migliore. Consideriamo poi omero. Il rapporto tra uomo e dio di cui parla manifesta un sentimento della vita che ovunque accoglie l'infinito e l'eterno: non può essere solo un sua invenzione, era la vita di allora: nel mondo dunque esistette un'umanità vissuta con sentimenti così elevati e vicina agli dei. Gli dei della grecia erano un tempo simboli di una grande esperienza di vita. la poesia omerica li fa apparire nella verità viva dell'evento.

Anche l'idea di gloria nasce da un sentimento della vita che spinge a dire divina la forza degli eroi. Tale forza è come la manifestazione di un'irruzione del divino nell'umano. Nella prossimità agli dei tutto ciò che all'uomo accade si innalza alla sublimità del destino. L'esistenza dell'uomo eroico attende il canto, risvegliato solo da ciò che ha parte al divino. In grecia sono le muse a prendersi cura di ciò che è vicino agli dei. Nel canto tutto si trasforma in tragedia, erompe la gioia divina e lo splendore festivo dell'esistenza eroica. la poesia procede dunque accanto al divino, e il canto accompagna l'elemento eroico come forza spirituale. Questo spirito dell'alto canto pervase la vita greca fino alla fine dell'età eroica.

In questa accezione l'uomo non è pensabile separato dal divino, perchè in un certo senso egli è il divino stesso. L'umano è così vicino al divino che i 2 sono intimamente legati. qui non si sa ancora nulla della frattura uomo-mondo / uomo-dio, da cui l'umanità successiva è stata colpita. L'io autonomo, diviso dall'essenza delle cose e pieno di sè non vi può comparire, perchè l'esperienza e il pensiero dell'uomo sono come un'onda nel movimento dell'essere universale, e non provan soggezione della loro durata e divinità. Il carattere greco si distingue dagli altri per questa vitale compenetrazione ed unità dell'elemento soggettivo con quello oggettivo. In H vediamo proprio quest'armonia con l'essenza.

E le figure della fede religiosa? Alcune permetton di riconoscere la polarità propria delle forze etiche dell'uomo. Vediamo aidos, nobile sentimento di riserbo, timidezza e delicatezza, o charis = grazia, dono, leggiadria, che nobilita lo spirito. Dagli albori essi corrispondevano a un moto dell'anima umana. Afrodite era in origine un dea cosmica preellenica, in cui si rispecchiano impulsi dell' animo umano, passioni potenti. Essa è la seduzione che emana dalle belle apparenze. Si rivela in un sacco di cose, e con essa l'uomo spazia nella vita universale. Anche Dike = giustizia è un dea, che mostra la sua potenza anche nel movimento del cosmo. Anche nemesi viene dal mondo preellenico, anche se il nome ne mostra una trasformazione in forma greca. E' lo spirito del risentimento, che in un antico mito è l'aspetto pericoloso dell'elemento femminile. Numerose altre, poi, sono le essenze divine. Da esse apprendiamo che dell'esperienza e del pensiero greci è propria un oggettività della cui forza solo a fatica possiam farci un idea, perchè religione filosofia e scienza ci han educato a un altro atteggiamento verso il mondo. Certo, alcuni come Goethe avevan affinità con la visione antica...

Anche i grandi dei di Omero sono viventi apparizioni del regno dell'essere, rivelazioni del mondo. E' questo l'elemento greco presente nelle essenze divine tramandate dall'età primordiale. Zeus vince = la saggezza e la prossimità al divino ancestrali escono alla luce del sole. Vediamo per esempio com un'immagine primordiale come afrodite diventi ben definita.

La greca figura umana del dio rimanda a un figura divina dell'uomo, di fronte alla quale sostare estasiati. Fu l'uomo eroico che visse in tale accordo con l'infinito da far si che dio e uomo potessero incontrarsi in una figura eterna e specchiarsi.

Tutta l'esistenza-pensiero-azione dell'eroe è saldamente legata all'esistenza degli dei. Ma l'eroe non si sente creatura o servitore del dio. E' un dipendenza diversa, tra uomo e dio sussiste una misteriosa affinità. Per gli greci l'età degli eroi fu preceduta da altre 3: dell'oro (nè fatica ne dolore), dell'argento, del ferro (selvaggi). Per esiodo gli eroi sono l'età primordiale, la quarta, cui egli, della 5a, non appartiene, essendo eta di decadenza. Per cosa combatte l'eroe? Non per potenza o piacere, ma grandezza e fama. La vita quotidiana dell'eroe è semplice e avida di piaceri. Qui si lotta per un regno da cui non si ricavan guadagni materiali, un regno non di questo mondo, quello della gloria e del canto. Con gli onori l'eroe fa emergere la divinità della stirpe, ed è accompagnato da atena, dea della forza ragionevole. Si immagina la provenienza sovrannaturale dei grandi. Unicità della grandezza greca: la vicinanza agli dei, piena nella poesia omerica. Al cospetto della divinità l'uomo sta senza mediazioni, ma non come nel culto, quale comunità, ma quale persona, nella cui forma e vita in qualche modo si è incarnata la divinità. l'essere personale ha qui un ampiezza che il concetto di individualità non comprende. Si estende all'infinito, in lui è vivo il passato della stirpe. E' perchè nell' uomo il divino è divenuto umano che l'umano ha potuto essere divino nel divino. Al cospetto degli dei altri uomini avvertono la nullità umana. Il greco no, acquista un'interiore grandezza.

La mancanza di utilità e finalità è tipica dell'eroico. E' un mondo orientato al sovrumano. tra ettore e achille le anime eroiche preferiscono il secondo, in cui si avverte qualcosa di sovrumano. così anche H.  Achille è colui che sa: conosce il suo destino, senza sperare altro. E questo è proprio del carattere dei grandi. Da qui la sua calma e la sua libertà. Egli non si aggrappa ciecamente alla vita, non implora segni del cielo. Sta in una connessione superiore e divina. Colui che è così fatto vive, nonostante tutte le perdite e le tragedie, in un mondo festivo. Il dolore che offusca altri su di lui ha perso il suo potere. Egli può solo vincere o perdere. Il mondo omerico è anche oltre la magia.

L'uomo vicino all'eterno si sa specchio di ciò che è sovrumano, e si scopre sublime. E' stato l'uomo come meraviglia a riconoscersi nella divinità, e la divinità a riconoscersi in se stessa. Omero ci mostra questo miracolo.

Holderlin non voleva riconoscere il suo rango a Zeus, avrebbe dovuto cedere lo scettro a Crono, alla santità della divinità originaria.

Ma anche la religione olimpica conosce questa santità come divina natura: Zeus ha gettato luce nel buio della potenza primigenia rivelando nuovamente il mondo come luminoso regno di forme divine. La religione olimpica, nella sua essenza, è l'esperienza dell'uomo eroico che raccoglie l'intera umanità e la eleva a un'altezza sublime: l'infinito si veste di forme umane e l'uomo respira aria divina. H dinanzi a ciò dovette arretrare.

Tratto da IL POETA E GLI ANTICHI DÈI di Dario Gemini
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