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Condizioni di verità e condizioni di felicità per Austin

Condizioni di verità e condizioni di felicità  per Austin


Delle enunciazioni performative non si può dire che siano vere o false. Esse sono azioni, e un’azione non è vera o falsa: la si fa o non la si fa. Non si può parlare di condizioni di verità. Dato che le azioni vengono definite non dall’essere vere o false, ma dall’essere bene o mal riuscite, Austin chiama le condizioni per la riuscita di un’azione condizioni di felicità. Esse sono le con-dizioni che un’enunciazione performativa deve soddisfare per costituire un’azione corretta (felice).

Austin distingue le condizioni di felicità in due tipi differenti. Vi sono condizioni che riguardano la convenzione: le enunciazioni performative devono rispondere a certe convenzioni, altrimenti sono del tutto nulle. Se mi sposo di fronte a un barista e non a un prete, il matrimonio non ha luogo. Vi sono poi condizioni che riguardano l’intenzione: le enunciazioni performative devono essere sincere. Se prometto senza avere l’intenzione di rispondere, dovrò rispondere dell’azione mancata.

La violazione di questi due tipi di condizione porta dunque a due diversi tipi di conseguenze: i colpi a vuoto e gli abusi. Nei colpi a vuoto l’azione non ha avuto effetto (non sono state rispettate le convenzioni); negli abusi l’azione c’è stata, ma non sono state rispettate le intenzioni attese. Si noti che, rispetto all’atto compiuto, violare una convenzione è più grave che non essere sinceri.

Un’azione linguistica come una promessa è regolata da certe convenzioni linguistiche; fare una promessa non è solo un’azione interiore, ma un’azione pubblica e sociale che ti impegna con l’interlocutore e non solo con la tua coscienza. Dopo aver presentato la contrapposizione tra constativi e performativi, Austin cerca di capire cosa caratterizza i secondi.
Frege aveva indicato nell’asserzione un’azione che deve essere riconosciuta in logica con un segno particolare, il segno di asserzione. Austin generalizza l’idea fregeana della distinzione tra senso e forza, e presenta una teoria generale della forza illocutoria: ogni proferimento lingui-stico è un’azione, e ogni atto è dunque caratterizzato da una certa forza.

La distinzione tra tali enunciazioni introduce così una visione generale del linguaggio come azione. Una teoria del linguaggio deve essere dunque inserita in una teoria generale dell’azione.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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