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I collocamenti nel mercato dell'agricoltura


Le riforme legislative del mercato del lavoro hanno interessato anche il collocamento in agricoltura.
I compiti degli organi di collocamento, infatti, erano rivolti anche a promuovere un accrescimento dei livelli occupazionali in un settore depresso come quello dell’agricoltura.
Si trattava di una normativa ambiziosa, alla quale aveva fatto riscontro uno scarso grado di effettività.
Alla luce delle riforme istituzionali di cui si è detto, sono da considerare ormai superati gli altri sistemi di collocamento speciale istituiti per particolari categorie di lavoratori.
Tali discipline sono ormai di competenza delle Regioni.
Un esempio di ciò è quello dei lavoratori dello spettacolo, per i quali la legislazione nazionale si limita a prevedere che le Regioni esercitino le loro funzioni sulla base di una lista nazionale.
Un sistema speciale di collocamento era stato previsto anche per il lavoro a domicilio, con l’istituzione presso l’amministrazione provinciale del lavoro di appositi registri per i datori di lavoro che intendono commettere lavoro a domicilio e per i lavoratori che ne facciano richiesta o che risultino prestare di fatto lavoro a domicilio.
Il processo di riforma in atto non riguarda le liste speciali regionali introdotte per i lavoratori italiani che siano disponibili a svolgere attività all’estero in Paesi extra-comunitari, ai quali continua ad applicarsi la speciale disciplina, rivolta a condizionare l’autorizzazione ministeriale all’assunzione sulla base di una verifica nel rispetto di standards contrattuali da parte dei datori di lavoro (per quelli comunitari vige, invece, il principio della libera circolazione).
Una specifica procedura amministrativa per l’accesso al lavoro, infine, è prevista per l’occupazione nel nostro Paese di lavoratori extra-comunitari.
Essa prevede innanzi tutto un controllo dei flussi migratori dai Paesi extra-comunitari.
Infatti ogni anno il Governo determina “le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato e per lavoro autonomo, tenuto conto dei congiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte” (c.d. quote-flussi).
Inoltre, l’accesso per lavoro nel territorio del nostro Paese è consentito soltanto in presenza di un “contratto di soggiorno” per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato o per lavoro stagionale.
I contenuti di tale contratto sono disciplinati con la previsione di notevoli obblighi a carico del datore di lavoro: questi, infatti, si impegna a garantire la “disponibilità di un alloggio per il lavoratore” e a sostenere le spese per il ritorno del lavoratore nel Paese di provenienza.

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