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La disciplina legale dell’orario di lavoro


Fino alla riforma del 2003, la disciplina dell’orario di lavoro era contenuta, oltre che nell’art. 362 cost., negli artt. 2107, 2108 e 2109 c.c., dedicati rispettivamente all’orario di lavoro, al lavoro straordinario e notturno, ed al periodo di riposo (settimanale e feriale).
Queste previsioni del codice civile devono considerarsi in larga misura abrogate dalla recente disciplina contenuta nel d.lgs. 66/2003.
Tale decreto, nello stabilire una completa ed organica normativa non soltanto sull’orario di lavoro, ma anche degli istituti del c.d. “tempo di non lavoro” (quali le pause, i riposi giornaliero e settimanale, le ferie), ha disposto che dalla data della si entrata in vigore “sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia, salve le disposizioni espressamente richiamate”.
Il decreto, che si applica, salvo poche eccezioni, a tutti i settori di attività pubblici e privati, definisce anzitutto l’orario di lavoro come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
Ciò posto, viene ribadita la distinzione codicistica tra orario normale di lavoro e lavoro straordinario.
Quanto all’orario normale di lavoro, esso è fissato in 40 ore settimanali, con la possibilità per i contratti collettivi di prevedere una durata minore e di considerare tale limite come valore medio sull’arco di un periodo non superiore all’anno: è il c.d. orario multiperiodale, la cui appetibilità per i datori di lavoro sta nel fatto che essi possono, in periodi di maggiore attività, superare il limite settimanale delle 40 ore senza ricadere nella disciplina limitativa dello straordinario.

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