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Hume - Sul suicidio: la filosofia dello stoico


C’è una differenza sostanziale tra il comportamento della natura nei confronti dell’uomo e verso gli altri animali: avendo donato al primo uno spirito sublime, non ammette che facoltà così nobili siano inoperose, ma lo spinge ad impiegare sempre il meglio della sua arte e della sua abilità.

Le creature irrazionali vedono soddisfatte dalla natura le loro necessità. Ma l’uomo, esposto nudo ai rudi elementi, si solleva da questo stato di debolezza grazie alla cura dei propri genitori; quando ha raggiunto il suo massimo sviluppo, ha la capacità di sopravvivere con il proprio impegno. Tutto si acquisisce con l’abilità e il lavoro, e dove la natura fornisce i materiali, essi sono ancora grezzi.
L’uomo deve riconoscere la benevolenza della natura, ma non lasciare che l’indolenza lo convinca ad accontentarsi dei suoi doni. Se la natura è stata avara in doni e doti, ci sarà ancora più bisogno di arte per supplire alle mancanze. Se è stata generosa, essa si aspetta operosità. L’ingegno più ricco, così come il suolo più fertile, quando è incolto, sarà coperto solo di erbacce rigogliose.
Il fine più alto di ogni attività umana è il raggiungimento della felicità. Per questo sono state inventate le arti, coltivate le scienze, decretate le leggi. Solo quando avremo fissato tutte le regole di comportamento saremo filosofi. Quando avremo in pratica queste leggi, saremo saggi.
E’ il lavoro l’ingrediente principale della felicità: ogni godimento diventa presto sciocco e sgradevole, quando non è conquistato con fatica e impegno. L’uomo laborioso disdegna una preda facile. Egli cerca una preda che si nasconda alla sua perlustrazione, che si difenda dalla sua violenza.
Al contrario, la pigrizia diverrà una fatica. La mente, non esercitata, troverà ogni piacere sciocco e ripugnante; la parte migliore si accorgerà del veleno che si sta propagando e cercherà invano di alleviare la sua ansia con nuovi piaceri, che acuiranno maggiormente la fatale malattia.
Con questa avida ricerca del piacere ci si espone sempre più alla fortuna e al caso, ribadendo il l’attaccamento ad oggetti esterni che il fato può strappare in un momento. La felicità non può esistere dove non c’è sicurezza; e non ci può essere posto per la sicurezza dove tutto è dominato dalla fortuna. Anche se questa incostante divinità non esercitasse la sua furia contro di voi, il terrore di essa vi tormenterebbe comunque; disturberebbe il vostro sonno e i vostri sogni.
Il tempio della saggezza è costruito su una roccia, al di sopra della collera e inaccessibile alla malignità dell’uomo. Il saggio, mentre respira quest’aria serena, guarda giù verso gli errori dei mortali. Tuttavia, egli sa che in questa cupa apatia non potrà trovare né la vera saggezza né la vera felicità. Egli sente con forza il fascino degli affetti sociali.
Le passioni sociali hanno un aspetto magnifico agli occhi di Dio e dell’uomo quando si associano ai sentimenti della virtù e ci spingono ad azioni giuste e lodevoli. Un esempio è il trionfo della natura nell’affetto dei genitori. L’uomo corre in soccorso della prole attraverso i più minacciosi pericoli.
Tuttavia, questi oggetti sono ancora limitati per la mente umana che, essendo di origine celestiale, si innalza fino ai sentimenti più divini. Essa considera la libertà e le leggi come la fonte della felicità umana e si dedica con solerzia a proteggere. Nel vero saggio e nel vero patriota vi sono le qualità che elevano l’uomo morale fino alla somiglianza con la divinità.
La dote della virtù è la gloria, la dolce ricompensa di onorevoli fatiche. Elevato da un premio così sublime, l’uomo virtuoso guarda con disprezzo al piacere e al pericolo. La stessa morte cessa di fare paura, quando si rende conto che, a dispetto della morte, del tempo, e delle vicissitudini degli eventi umani, egli si è assicurato una fama immortale tra tutti i figli degli uomini.
L’uomo morale, senza decidere nulla sull’essere benevolo, dubbio oggetto di discussione dei filosofi speculativi, è soddisfatto di quanto gli ha assegnato il supremo architetto di tutte le cose, e se rimarrà deluso, riconoscerà comunque con gratitudine la bontà del suo creatore il quale, dandogli la vita, gli ha comunque dato l’opportunità di acquisire per una volta un bene inestimabile.

Tratto da RIFLESSIONI SUL SUICIDIO DI DAVID HUME di Domenico Valenza
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