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La liquidazione delle politiche keynesiane – Sidney Pollard


I precetti keynesiani che hanno dominato le politiche economiche di quasi tutti paesi occidentali non costituivano assolutamente un passo verso il socialismo. Il loro obiettivo centrale era quello di prevenire le miserie e le tragedie della disoccupazione, riflettendo lo Zeitgeist, ovvero lo spirito del tempo che sosteneva l’importanza del benessere di tutti i cittadini, anche quelli più umili.

Un elemento chiave delle politiche keynesiane era la convinzione era che i governi potessero e dovessero perseguire sistematicamente l’obiettivo del primo impiego, gestendo in modo appropriato il prelievo fiscale e la spesa pubblica. La fiducia alimentata dai fatti che l’alto livello della domanda sarebbe rimasto tale conduceva ad un alto tasso di investimenti, e quindi a una rapida crescita del prodotto. Nessun periodo storico precedente aveva mai visto una tale prosperità e una tale crescita economica.

Per quanto riguarda le tendenze politiche, dopo la guerra la “sinistra” riscuoteva parecchi consensi, mentre la “destra” era screditata perché aveva appoggiato le dittature. In tutti i paesi si era così proceduto alla socializzazione di alcune grandi imprese e delle maggiori industrie, allo stesso modo il potere del capitale venne inoltre limitato con alcune misure per proteggere i diritti dei sindacati. Il welfare state divenne la regola.

Una caratteristica economica chiave del periodo è il forte potere di contrattazione dei lavoratori dipendenti. In questo periodo, quindi, i salari non solo mantennero il passo con la produttività, ma in alcune occasioni corsero avanti. L’aumento dei salari non aveva solo compresso i profitti: tendeva anche ad esercitare una pressione sui prezzi. I datori di lavoro preferivano cedere alle richieste di aumenti per evitare di perdere ordinazioni, sperando di recuperare le perdite aumentando i propri prezzi in un mercato col vento in poppa.

La golden age del periodo fra il 1950 e il 1973 non fu totalmente esente dalle pressioni inflazionistiche, ma la crescita dei prezzi era talmente bassa che sembrava un costo molto piccolo da pagare per far crescere ricchezza e benessere. Tuttavia, dopo due decenni, il tasso d’inflazione iniziava a dare i primi segni di aumento, segno che i sindacati stavano diventando troppo fiduciosi del loro potere. Iniziava così ad aprirsi un divario tra i sempre minori aumenti di produttività e gli aumenti annuali dei salari che continuavano ad essere elevati.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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