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L'influenza del nazionalismo sull’internazionalismo nella fine del XIX secolo – Sidney Pollard


Purtroppo, non sarebbe andata così. L’apparente schizofrenia che indusse i governi ad incoraggiare la cooperazione economica internazionale tentando nel contempo di romperla per un presunto interesse nazionale per mezzi di dazi nascondeva una progressiva influenza del nazionalismo sull’internazionalismo. Per natura, né i capitalisti né i lavoratori o i sindacalisti sono dei nazionalisti e ambedue si appellano ai loro ideali internazionali. Tuttavia, il crescente potere dello Stato era una meta troppo ambita per essere ignorata, e ciascun gruppo finiva col vederlo il centro dei propri interessi. Alla fine, tutti i partiti socialisti al di fuori della Russia sostennero la guerra del proprio governo nel 1914.

Questo nuovo atteggiamento aveva molti aspetti, ma tra i più significativi c’era la decisione che gli Stati o le comunità nazionali contavano più degli individui, che la difesa e il potere di offesa erano più importanti della ricchezza e che spettava ai politici di dire ai loro popoli cosa fosse bene per loro. Una linea che, tuttavia, non incontrò resistenza e si dimostrò popolare.

Uno dei segnali più chiari della nuova tendenza fu il tentativo di interferire con il mercato del lavoro per ragioni nazionaliste. Come il caso del governo prussiano che scelse di chiudere i confini con la Slesia nel 1886 e cominciò ad espellere tutti i polacchi non prussiani. Altri paesi si mossero nella stessa direzione. Così, gli italiani trovarono crescenti difficoltà in Francia e in Svizzera, dove l’occupazione avrebbe potuto aiutare a risolvere i problemi della sovrappopolazione del Meridione, che il mercato del lavoro dell’Italia del nord non bastava ad assorbire. I Paesi d’oltreoceano accoglievano ancora con favore gli immigrati e la Gran Bretagna diventò il rifugio degli ebrei perseguitati dell’est, ma anche in entrambi i paesi la morsa si stava restringendo.


Negli anni trenta, quando ebbero inizio le persecuzioni di Hitler, non c’era più un paese che in tutto il mondo accettasse gli immigrati in quanto tali. La freddezza nei confronti dei cittadini stranieri era divenuta un modello ormai in ogni paese. Si era estinto così uno dei primi promotori della crescita del XIX secolo. Un fatto nuovo era che la discriminazione adesso poteva essere esercitata non solo in favore dei sudditi dello Stato dinastico come tale, anche per certi gruppi etnici.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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