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Il desiderio dell'uomo: Tommaso d’Aquino - Summa Contra Gentiles

Tommaso d’Aquino - Summa Contra Gentiles

“L’uomo per natura rifugge la morte e si rattrista di essa: non solo quando incombe e la sente, bensì anche quando ci pensa. Ma l’uomo in questa vita non può raggiungere la condizione di non morire. Dunque non è possibile che in questa vita l’uomo sia felice.”
Qui dice che l'uomo non può essere felice perché comunque avrà sempre la morte. Le radici culturali di Tommaso sono: gli antichi greci e la cultura ebraica (es. i padri della chiesa) e i filosofi che parlano attraverso le categorie di Platone. L'unico desiderio dell'uomo è la salvezza: nell'altra vita la felicità è perfetta e imperfetta in questa. Aristotele sostiene invece che la vita per sempre non esista e che la felicità vada cercata in questa, Tommaso dice il contrario → felicità e salvezza diventano la stessa cosa, si mette insieme la felicità di Aristotele ( a cui manca la soluzione) e la cultura ebraica (che non aveva l'idea iniziale). Per Tommaso se la felicità è imperfetta e sappiamo che c'è un'altra vita, per inferenza nell'altra vita la felicità sarà perfetta. La felicità perfetta è la salvezza. Aristotele → il desiderio sono i beni. Cultura ebraica → desiderio punta alla salvezza ed i beni sono un segno, la benedizione di Dio si realizza nei beni materiali e nella famiglia; se mancano i beni non c'è relazione con Dio e non c'è salvezza. Il desiderio porta alla salvezza (beni come segno). L'idea della vita dopo la morte parte molto tardi, nel 2-3 sec a.C., anche se non vi è l'idea stessa di resurrezione. Tommaso ha a disposizione:
Aristotele: non risponde alla questione che la vita per sempre.
Ebrei → essere in vita = essere in relazione con Dio → idea salvezza.
Cristiani → essere in relazione con Dio è la soluzione per la vita dopo la morte → salvezza = vita per sempre


Tommaso d’Aquino - Summa Contra Gentiles

“Con la visione di Dio le sostanze intellettive raggiungono la vera felicità in cui tutti i desideri si acquietano, e in cui si ha l’abbondanza di tutti i beni che secondo Aristotele sono richiesti per la felicità. [...]. Ora, a tale ultima e perfetta felicità niente di questa vita somiglia maggiormente che la vita contemplativa. Ecco perché i Filosofi, che non poterono avere una piena conoscenza di questa ultima felicità, posero l’ultima felicità dell’uomo nella contemplazione che è possibile in questa vita.”
Le sostanze intellettive sono l'uomo. La salvezza è arrivare dall'altra parte dove si trova tutto il “pacchetto” cioè i beni, la contemplazione...il potenziamento di tutte le cose che ci rendono felici con in aggiunta il fatto che la morte non ci può prendere. Tommaso tenta di conciliare Aristotele con la radice cristiana. La visione di Dio è la salvezza, con essa si guadagna il massimo della felicità prendendo da Aristotele la vita contemplativa. Felicità e salvezza coincidono ma la differenza è data da quello che sperimentiamo in questa vita e nell'altra vita. La salvezza è come una felicità eternizzata, compresa delle cose che ha detto Aristotele (il quale invece credeva che tutto finisse) → non è la concezione definitiva, cambierà ancora. La vita eterna viene considerata il massimo della felicità, concepita come la maggiore espressione di tutte le cose che qui ci hanno fatto felici → la felicità e la salvezza coincidono, la diversità è tra
quello che sperimentiamo in questa vita e quello che sperimentiamo nell'altra. es. Felicità andare sempre in montagna – mangiar spaghetti per l'eternità! → soluzione poco convincente!di convincente invece c'è che dà una soluzione teorica, vantaggio è che dà strumenti per pensare la visione di Dio (la cosa più bella del mondo dà tutte le cose che vorremmo).
→ Doppia tensione: Le cose belle le vorremmo con noi e le vorremmo senza fine, per farle star insieme dicono che quando abbiamo guadagnato eternità ci sono tutte le cose belle!
RASSUNTO: Abbiamo ragionato son la chiave filosofica della causalità finale che antropologicamente si chiama felicità. Occorre pensare cosa è all'interno di felicità. Dobbiamo leggere la ricerca della felicità avendo in mente che se dobbiamo scrivere cos'è la felicità per noi la dividiamo in ambiti (avere cose, fare cose...) se poi ci chiediamo 6 felice? Sappiamo di non poter risp con tali elementi → per cui il problema è come mettiamo insieme il modo in cui valutiamo felicità con il complesso delle cose!Questo è il problema di Aristotele, per lui bisogna mettere insieme sia le cose (beni per tirar avanti) che un certo assetto (l'uomo virtuoso è felice es. contemplazione, virtù morali, relazioni). A. ha unito poi il tempo, la felicità deve essere possibilmente di tutta la vita. Una rondine non fa primavera è proprio lì, non basta essere felici al max per un giorno serve tutta la vita. Infine Aristotele dice felice per quanto possono essere gli uomini, per lui significava che la nostra vita non arriva mai alla felicità per tutta la vita, così va la vita dell'uomo (c'è un ideale e poi c'è la realtà). Il medioevo legge diversamente tale postilla come una felicità di un altro mondo che ci aspetta. La tensione tra felicità e salvezza sarà per noi chiave antropologica. Il discorso di Aristotele e della cultura ebraica è lo stesso ma espresso diversamente, essi cercano la stessa cosa anche se uno la chiama felicità e l'altro salvezza. Poi in realtà abbiamo visto che non son perfettamente sovrapponibile, gli ebrei la vedono più come essere in vita, essere salvati dalla morte, si misurano subito con idea morte. Anche loro hanno rapporto con le cose che fanno felicità ma è diverso, la felicità non è quello che uno cerca ma l'aver trovato una stabilità di vita (es avere figli) → per loro desiderio uomo è salvezza. Antropologicamente emergono 2 punti attrazione diversi per il desiderio dell'uomo:
ricerca di felicità → Aristotele (prende morte come punto finale, siccome capita a tutti possiamo anche non trattarla come problema → non avremmo bisogno dell'altra domanda) Aristotele intellettualmente funziona ma no, la morte per noi è problematica.
ricerca di salvezza → radice ebraica quando pone problema rapporto della morte quindi dobbiamo misurarci con entrambi orizzonti, felicità e ricerca vita come salvezza!
 2 punti desiderio: rendere vita buona (chiave felicità) e rendere vita per sempre (salvezza) → occorre collegare le 2 chiavi di lettura perché cmq tutti pensiamo alla morte ma una vita senza felicità quanto ci interessa?


Tommaso d’Aquino - Summa Contra Gentiles

“Il fine ultimo dell’uomo è la conoscenza di Dio. Ora, l’ultimo fine dell’uomo e di qualsiasi sostanza intellettiva viene denominato felicità o beatitudine, perché questo è ciò che tutte le sostanze intellettive desiderano come ultimo fine per se stesso. Dunque conoscere Dio è la beatitudine o la felicità ultima di tutte le sostanze intellettive. Ecco perché nel Vangelo si legge: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”; e ancora: “Questa è la vita eterna, che conoscano te, vero Dio». Con ciò si accorda l’insegnamento di Aristotele, il quale nell’ultimo libro dell’Etica [X, c.7, n.2] afferma che l’ultima felicità dell’uomo è “speculativa e riguarda l’oggetto speculativo più eccellente.”
Commenta il vangelo di Matteo riprendendo Aristotele. Se si fa solo riferimento alla vita terrena ciò che dicono i filosofi è vero, se invece si fa riferimento non si può più far coincidere la vita eterna con la beatitudine; la felicità e la salvezza non sono più due codifiche culturali della stessa della stessa cosa, sono due cose diverse. Rispetto a prima qui cambia opinione, ribalta la sua idea, il suo pensiero è ancora in costruzione. Inizia con Aristotele (tutti gli uomini tendono alla felicità ma occorre capire cos'è), conclude dicendo che tutte le opinioni sono false (compresa quella di Aristotele della vita attiva e contemplativa) → la beatitudine non è la felicità. Tutte queste cose sono valide se si parla di vita buona, se invece di parla di beatitudine (=salvezza) non vale più. Per cui felicità e beatitudine sono diverse. Perchè vuol dire che se una persona nella sua esistenza non è in relazione con Dio non è felice?no, non si possono mettere insieme le due cose!!

Tratto da ANTROPOLOGIA APPLICATA di Chiara Trattenero
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