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Situazione dei sindacati oggi


Il lustro iniziato con l'accordo del luglio 1993 e concluso nel maggio 1998 con l'accoglimento dell'Italia nel gruppo dei fondatori dell'Europa monetaria dimostra che ai fini dell'adozione di politiche finanziarie e monetarie virtuose, la concertazione è stata essenziale. Le Confederazioni hanno dato un sostegno necessario alle politiche di risanamento e nello stesso tempo hanno garantito a se stesse la tenuta di un ruolo politico nazionale.

Anche alcune scelte politiche, come la riforma delle pensioni, che sembrava dovessero far saltare il quadro della concertazione nel corso del governo Berlusconi (con scioperi e manifestazioni di protesta), sono state alla fine accettate dal sindacato. La riforma Dini, frutto di un accordo con le parti sociali del maggio 1995, reintroduceva il principio contributivo nel calcolo della pensione per tutti coloro che non avessero superato i 18 anni di anzianità di lavoro. Se pensiamo che il principio contributivo era stato abolito nel 1968 con quella vertenza che rivelò la crisi di rappresentatività del sindacato alla vigilia dell'autunno caldo, la portata dell'accordo di 27 anni dopo è evidente.

Va precisato, però, che se la concertazione ha avuto buoni risultati in riferimento alla conflittualità sociale e alla dinamica salariale, non è stata altrettanto efficace sul terreno della disoccupazione che, anzi, ha registrato un incremento nel sud. Insomma, negli anni della concertazione il Sud d'Italia si è ulteriormente impoverito, come dimostra la caduta relativa di alcuni punti in pochi anni del PIL per abitante nelle regioni meridionali rispetto al resto del paese.
Questo aspetto debole delle politiche concertative è divenuto terreno privilegiato di battaglia politica da parte del PRC che dall'inizio si è fatto interprete della protesta di settori della base sindacale che oppongono una concezione rivendicativa e conflittuale del sindacato e quella che è prevalsa negli anni della concertazione.
La battaglia tutta politica volta ad ottenere un provvedimento che ape legis introducesse le 35 ore di lavoro portata avanti dal PRC (che causò anche una destabilizzazione, poi rientrata, del governo Prodi), in realtà rappresentava un attacco alle politiche concertative in quanto puntava a sottrarre ad esse una materia centrale, trasferendola in sede parlamentare, e a denunciarne la debolezza sul terreno della disoccupazione.

A riguardo va ricordato che sono stati varati vari "Patti" nel tentativo di rilanciare la concertazione sul terreno nel quale essa si è dimostrata più debole. Ricordiamo: il "Patto per il lavoro" (Governo Prodi, dicembre 1996) passaggio fondamentale per la conquista dell'euro e che dava concreta attuazione al lavoro interinale; il "Patto di Natale" (Governo D'Alema, dicembre 1998) che prevedeva un piano di grandi opere nelle regioni meridionali, una leggera decontribuzione che alleggerisse ii costo del lavoro e la riduzione dell'IRPEF).

Lo scenario delle relazioni industriali all'inizio del nuovo millennio è caratterizzato da due aspetti contraddittori: da un lato il controllo delle dinamiche salariali continua ad essere necessario per la tenuta dell'inflazione e per il risanamento della finanza pubblica, d'altro lato la nuova economia preme per un'accentuata liberalizzazione del mercato del lavoro e dei regimi contrattuali.
Questa situazione spiega le critiche crescenti rivolte alla concertazione soprattutto da quando essa nel maggio 1998 ha contribuito a realizzare il "miracolo" dell'entrata nell'euro. Critiche che sono venute dalla CGIL ma soprattutto dalla CONFINDUSTRIA tramite il presidente Fossa, prima, e D'Amato oggi.
La concertazione, infine, ha aperto uno spiraglio verso nuove possibili convergenze unitarie. Il segretario della CISL ne era stato promotore nel 1996 e durante il congresso del 1997. Tale progetto, è stato raffreddato in seguito dalle obiezioni espresse da Larizza al congresso UIL del febbraio 1998 e dagli orientamenti divergenti della CGIL in tema di riforma delle pensioni manifestatisi nel corso del governo D'Alema. In riferimento e quest'ultimo tema e ad altre questioni meno rilevanti, la CGIL è stata spesso accusata dalla CISL di perseguire un nuovo collateralismo verso il PDS (o DS) alimentando una polemica d'altri tempi, a riprova del fatto che in Italia anche i cambiamenti più sconvolgenti e liquidatori del passato conciliano sempre con l'antico.

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