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Gadamer - I limiti del linguaggio


Il linguaggio va visto non solo come linguaggio verbale. In un senso più ampio va inteso con lin-guaggio ogni comunicazione, non solo il discorso, ma anche tutti i gesti che entrano in gioco nelle relazioni linguistiche tra gli uomini. L’intimo legame che unisce lingua e scrittura indica già i limiti del linguaggio. La possibilità che la lingua sia trasposta in scrittura rinvia ad una autolimitazione.

Per prendere coscienza del problema dei limiti del linguaggio, Gadamer torna ad Aristotele. All’inizio della Metafisica, si dice che la vista è il primo e più importante dei nostri sensi perché rende percepibile il maggior numero di differenze. Altrove, però, egli dà tale preminenza all’udito. In effetti l’udito può ascoltare il linguaggio dando modo di percepire non solo il maggior numero di differenze ma tutte le differenze possibili. L’universalità dell’udito rinvia all’università del linguaggio.

Nella Politica, Arisotele definisce l’uomo animale razionale. Ciò si imparava anche nei corsi di filosofia; Gadamer ricorda che a vent’anni Heidegger gli fece scoprire il grave errore in cui si può incorrere se si traduce logos con ratio e si definisce l’uomo un essere dotato di ragione.

Gli uccelli possono scambiarsi segnali indicanti la presenza di pericolo o di cibo. Nell’uomo, invece, la natura è andata oltre donandogli il logos, la possibilità di indicare le cose mediante le parole. Si può scegliere non soltanto ciò che piace in un preciso istante, ma anche ciò che promette qualcosa per il futuro. Aristotele vede in questo aver-presente, che il linguaggio ci garantisce, la perfezione ultima che nel corso della natura gli esseri viventi hanno raggiunto.

Tratto da LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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